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Don Michele Cordiano, sacerdote di Paravati, ha dato la sua versione dei fatti nel corso della seduta odierna del processo “Black money” contro il clan Mancuso, in svolgimento al Tribunale di Vibo Valentia.
«Ho firmato un verbale dinanzi alla Guardia di Finanza, ma non ho mai detto che la fornitura di calcestruzzo per l'edificazione della sede della fondazione dedicata alla mistica Natuzza Evolo fu voluta da Pantalone Mancuso» ha sostenuto il parroco rispondendo alle domande del pm Marisa Manzini. Don Michele Cordiano, ha dunque negato sia di aver mai conosciuto il boss di Limbadi, Pantaleone Mancuso, 68 anni, (detto "Vetrinetta"), sia di aver ricevuto da lui istruzioni rispetto all’acquisto del cemento per la costruzione del santuario voluto, proprio nella frazione di Mileto, da Natuzza Evolo.
A riportare la notizia è l’Agi, che riferisce anche delle dichiarazioni rese sempre nell’ambito della seduta odierna del processo, dall'ingegnere responsabile dei lavori del santuario di Paravati. Anche il tecnico ha negato di aver subito indicazioni per la fornitura di calcestruzzo. Lo stesso ingegnere, inoltre, durante la testimonianza avrebbe spiegato come i diversi danneggiamenti subiti nei cantieri allestiti per lo svolgimento dei lavori, sarebbero imputabili semplicemente ad alcuni licenziamenti che l'impresa aveva effettuato in quel periodo.
Versioni, dunque, che contrastano in toto con le motivazioni della sentenza con cui, nel giudizio con rito abbreviato, il gup distrettuale Maria Rosaria Di Girolamo aveva sancito l'ingerenza dei Mancuso nei lavori di costruzione della struttura sacra.
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