Martedì, 21 Febbraio 2012 16:06

Alaco: un serbatoio di affari torbidi e maleodoranti, come l’acqua

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mini schiuma-acqua_alaco2SERRA SAN BRUNO – Una ferita aperta nella montagna, un serbatoio di veleni, un business milionario alle spalle di centinaia di migliaia di persone, ignari contribuenti che pagano l’acqua per ricevere un liquido giallognolo, maleodorante, sicuramente insalubre, pericoloso. L’acqua pagata a caro prezzo. E’ il capolavoro dell’Alaco, un’anomalia tutta calabrese che prima o poi passerà alla storia come uno dei più grandi disastri ambientali del Meridione, nonché come un emblema di ingiustizia sociale a danno del popolo. L’invaso dell’Alaco, un lago artificiale, fornisce “acqua” a circa 400mila persone, in 80 comuni tra il Vibonese, il Reggino ed il Catanzarese.

Alcuni si servono solo parzialmente del liquido proveniente dalle montagne della Lacina, altri, come Serra San Bruno, ne sono quasi totalmente dipendenti, anche perché quando la gestione dell’acqua è stata affidata a Sorical sono stati dismessi alcuni vecchi pozzi che per decenni hanno mandato acqua cristallina nelle case dei serresi. Pochi giorni fa, con le eccezionali nevicate che hanno bloccato l’intero Paese, si è avuta una dimostrazione disarmante della dipendenza da questo invaso, anzi da questo “sistema”: a causa di un black out elettrico, con la strada che conduce all’Alaco totalmente impraticabile grazie alla consueta e costante assenza della Provincia di Vibo, Serra è rimasta senz’acqua per un giorno. Non male, per una zona che ospitava le acque minerali più salubri d’Italia, rimanere senza acqua sotto un metro di neve.

E’ la modernità. E’ la crescita (di pochi) senza sviluppo, sono gli effetti perversi di politiche economiche iperliberiste che, in questo angolo di Calabria, hanno prodotto solo un monopolio devastante, un sistema quasi medievale, il monopolio di Veolia. Potentissima multinazionale francese, socio privato di So.ri.cal., leader mondiale nel campo della fornitura di acqua e nella gestione dei rifiuti, Veolia ha minacciato anche di recente di lasciare la Calabria, a causa dei troppi debiti che i comuni non riescono a coprire. Entrando in (o meglio prendendo possesso di) So.ri.cal, la società mista della Regione che gestisce gli acquedotti calabresi, il colosso francese dell’acqua ha messo le mani sull’Alaco. Una zona paludosa in montagna, un bacino, con una diga, che non era mai stato riempito, gli occhi di qualche manager, coadiuvato da esperti e concilianti tecnici, che si trasformano nel simbolo dell’euro, come nei cartoni animati. Che si fa? Si bonifica il sito, prima di riempirlo d’acqua da vendere ai serresi? Non esattamente. Si riempie l’invaso piano piano, senza nessun intervento di isolamento dal terreno, si ignora – chissà quanto inconsapevolmente – che sotto quelle paludi potrebbe esserci qualcosa di inquinante, non si fa nessuna pulizia dei vegetali che ancora oggi si vedono fuoriuscire dall’acqua, lo si recinta ma si tollera tuttora che ci entrino tante mucche “tipiche” del luogo, si costruisce un impianto di potabilizzazione. Sottodimensionato, rispetto alla gran mole di cittadini a cui deve fornire acqua, e pure inadatto a rendere potabile l’acqua di superficie. Che poi, quel liquido, non si sa bene cosa sia. Se il comune di Vibo ha superato i 100 giorni di non potabilità, dice il signor Sorical/Veolia, è un problema del sindaco che ha fatto l’ordinanza, l’acqua era buona. E invece quell’acqua buona non è, e non lo è mai stata. Potrebbe essere molto pericolosa per la salute. Ai vegetali in decomposizione nell’acqua si aggiungono grandi quantità di cloro. Sotto il fondo del lago non si sa cosa potrebbe esserci: si racconta da anni nella zona che in quella palude si lasciasse di tutto, proprio perché il rifiuto abbandonato, magari grande e altamente inquinante, lì affondava da solo. In un territorio in cui gli interessi e la pervasività della ‘ndrangheta non conoscono limiti, questo dovrebbe preoccupare non poco. Ma i monopolisti dell’acqua, i predoni di Veolia, sono andati avanti lo stesso. La politica calabrese, da Loiero a Scopelliti, ne ha avallato l’operato senza alcuna remora. Sorical è il luogo dell’incontro tra gli interessi della multinazionale e quelli della politica, in ballo ci sono molti soldi, e clientele da distribuire come si danno gli ossi, ben spolpati, ai cani.

Questo è l’Alaco: doveva essere un bacino di interesse esclusivamente turistico ed è stato trasformato in serbatoio di affari torbidi e maleodoranti, proprio come il liquido che i serresi, secondo il signor Sorical/Veolia, dovrebbero utilizzare per bere e lavare i neonati. Le istituzioni avallano tutto ciò, calpestano il volere che i cittadini hanno manifestato con il referendum sull’acqua, e (ancora) nessuno si ribella, tranne pochi “scalmanati visionari” come quelli dei comitati per l’acqua pubblica, che tutte queste cose le denunciano da tempo. Non durerà, non può durare a lungo questo lucroso attentato alla salute della gente di montagna, lo sappia il signor Sorical/Veolia, e lo sappiano i signori che, ieri e oggi, gli hanno venduto la nostra salute.

(foto: schiuma sulle sponde dell'invaso dell'Alaco; acqua del rubinetto di una casa serrese)     

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