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Nella mattinata odierna i carabinieri hanno provveduto a notificare 10 avvisi di garanzia nei confronti di sette funzionari in servizio presso la Regione Calabria e tre imprenditori accusati, a vario titolo, di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, di avvelenamento colposo di acque e, per i dirigenti regionali, anche d’abuso d'ufficio, omissione di atti e falso nell'ambito dell'inchiesta riguardante la gestione dell'impianto dell'Alaco.
I militari dei Nas hanno anche effettuato una serie di perquisizioni presso gli uffici dei dipartimenti Ambiente, Obiettivi strategici e Lavori pubblici della Regione ed in tre società, due delle quali a Roma e una a Vibo.
L' indagine, denominata "Acqua sporca 2", riguarda l'utilizzo ai fini potabili dell'acqua dell'invaso dell'Alaco, posto a cavallo tra le province di Vibo e Catanzaro, poi rivelatasi non idonea al consumo umano.
I militari avrebbero scoperto una presunta distrazione di fondi che in origine dovevano servire ad implementare le capacità tecnico-organizzative dell'Arpacal e invece erano stati utilizzati a favore di una azienda privata attraverso un bando di appalto della Regione Calabria la cui copertura finanziaria era stata illecitamente trovata soltanto dopo l'aggiudicazione. Inoltre, secondo gli inquirenti, in riferimento alla classifica delle acque, anziché campionare le acque dell'invaso, erano state analizzate quellle di due delle numerose fiumare affluenti, attribuendo, dunque, al bacino una classificazione in categoria A3, «acque potabili previo trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione», in realtà non corrispondente al vero.
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