Sabato, 21 Gennaio 2017 14:33

Acquaro, uno schiaffo e qualche contrasto tra famiglie dietro l'omicidio di Rosario Mazza

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Omicidio volontario e tentato omicidio. Di questo dovrà rispondere Alessandro Ciancio, 22enne nato a Soriano ma residente ad Acquaro, considerato dagli inquirenti il responsabile della sparatoria avvenuta due giorni fa nel piccolo centro del Vibonese, che ha provocato il decesso del 21enne Rosario Mazza ed il ferimento del fratello più piccolo Simone che, attualmente, si trova in prognosi riservata. 

Quando il cerchio attorno a lui era ormai chiuso, lo stesso Ciancio ha fatto sapere agli uomini dell'Arma di volersi consegnare ed è sottoposto a fermo di polizia giudiziaria, mentre stamattina, presso il Comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia, nel corso di una conferenza stampa sono stati resi noti i dettagli di quanto avvenuto giovedì ad Acquaro. 

Il procuratore facente funzioni di Vibo, Michele Sirgiovanni, ha registrato «con piacere» la «collaborazione dei cittadini del centro in cui si è verificato il fatto. Dal nostro punto di vista – ha aggiunto il procuratore – c'è davvero poco da capire. Alla luce, infatti, di tutti gli elementi raccolti, di fronte all'evidenza lo stesso Ciancio non ha potuto fare altro che collaborare e ammettere le proprie responsabilità. Voglio complimentarmi con i carabinieri per la velocità con la quale hanno risolto il caso. E poi vorrei dire una cosa: spesso in queste realtà la collaborazione della cittadinanza, quando si verifica un episodio simile, viene a mancare. In questo caso, invece, la gente ha dimostrato fiducia nei confronti delle forze dell'ordine. Non ci troviamo di fronte al silenzio assoluto». Anche il comandante provinciale dei carabinieri, Gianfilippo Magro, ha rivolto un plauso ai suoi uomini per la «rapidità» con la quale hanno risolto il caso e, allo stesso tempo, per «aver saputo inquadrare la pista giusta ed essere riusciti ad instaurare un rapporto costruttivo con chi era presente». Il capitano Valerio Palmieri, del Nucleo investigativo di Vibo, ha dal canto suo ricondotto l'accaduto ad una «lite, avvenuta poco prima, nei pressi del Bar Italia». Anche il capitano Mattia Ivano Losciale, comandante della Compagnia di Serra, ha elogiato il lavoro portato a termine dai militari, compresi ovviamente quelli della Stazione di Arena diretti dal maresciallo Carmine Napolitano: «Dopo un'ora – ha affermato Losciale – avevamo già una pista investigativa molto chiara. Il soggetto si è costituito, ma ovviamente nulla toglie al lavoro che abbiamo fatto nelle ore immediatamente successive all'accaduto». 

Il delitto, da quanto si è appreso, nasce da dissidi che erano già presenti tra la famiglia Mazza e quella di Ciancio e, come del resto ha spiegato il procuratore Sirgiovanni, il ragazzo fermato alla fine «ha inteso chiudere la partita in questo modo». Poche ore prima della sparatoria, ci sarebbe stata una colluttazione all'esterno del Bar Italia ma, nonostante l'intervento delle persone presenti – che hanno provveduto a sedare la lite – i giovani qualche ora dopo sono tornati sul luogo dove poi si è verificata la sparatoria. Ciancio, in particolare, avrebbe indotto i fratelli Mazza ad uscire dall'auto e, una volta fuori, Rosario (il fratello più grande) è stato raggiunto ed ucciso da un colpo di pistola calibro 6,35 (non ancora ritrovata), mentre Simone – nonostante abbia implorato pietà – è stato comunque ferito con tre colpi. L'episodio, dunque, si inquadrerebbe in una serie di contrasti che sarebbero avvenuti nel corso del tempo. Le famiglie Mazza e Ciancio, inoltre, sono vicine di casa e, in base a quanto affermato dal procuratore Sirgiovanni, «non c'erano sentimenti di concordia».

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