Mercoledì, 08 Giugno 2022 08:49

Serra e il paradosso turismo, una questione irrisolta

Scritto da Francesco Barreca
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Foto di Salvatore Federico (riproduzione riservata) Foto di Salvatore Federico (riproduzione riservata)

Le recenti polemiche sulle modalità di attuazione della ZTL hanno riproposto all’attenzione pubblica una questione annosa di cui la ZTL è solo una componente e che in questi ultimi anni si presenta immancabile a ogni estate, ossia quella del turismo. Si tratta di una questione complessa e generale che in realtà riguarda l’intera Calabria e non solo Serra San Bruno, ma a Serra assume forme peculiari perché peculiare è la storia di Serra e del suo rapporto col turismo, un rapporto una volta felice ma che oggi assomiglia a una specie di amore non ricambiato.

La differenza tra turismo e villeggiatura

Fino almeno agli anni Settanta, Serra è stata un noto e frequentato luogo di villeggiatura. Usando questa espressione un po’ desueta voglio indicare una circostanza specifica e importante, e cioè che per lungo tempo Serra è stata un luogo in cui i forestieri venivano a trascorrere periodi medio-lunghi di vacanza. Non venivano a “visitare”, come fanno oggi i turisti, e nemmeno perché attratti da un’esperienza specifica, come si fa quando si passano le vacanze al mare, ma piuttosto venivano a “vivere” Serra, nel senso di quel che oggi nel mondo anglosassone viene chiamato “mixing with locals”, la cui promessa costituisce il punto di forza delle nuove forme alberghiere a metà strada tra l’informale e il formale come AirBnb. La differenza che passa tra il turismo e la villeggiatura è cruciale e va tenuta presente, perché in parte spiega la situazione attuale. Il punto è che Serra non era una meta turistica, ma un luogo di villeggiatura. Le memorie di quel tempo sono ancora vivide in chi quegli anni li ha vissuti, in chi come Franco Gambino racconta delle imprese goliardiche del fratello Sharo, il quale in un’occasione si recò con altri sodali insino a Soverato per proclamarla urbi et orbi, con uno striscione all’ingresso del paese, “città delle sponze” e “frazione di Serra San Bruno.” E poi ci sono ancora le carte, i documenti, a confermarci che Serra era un luogo di villeggiatura quando ancora il turismo di massa era di là da venire: come abbiamo letto in un recente articolo di Sergio Pelaia, già nel 1908 i serresi si preoccupavano per l’inquinamento del fiume Ancinale poiché temevano avrebbe potuto indurre i villeggianti a scegliere “altro luogo, e non Serra, per passare la stagione calda.”

Il gap calabrese (e serrese)

Bei tempi, verrebbe da dire. Ma i tempi, purtroppo o per fortuna, cambiano, e nel caso specifico sono cambiate le abitudini delle persone. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, per ragioni che non è il caso di approfondire qui, il mare si è progressivamente imposto come luogo di villeggiatura estiva a scapito della montagna. L’affermazione su larga scala della villeggiatura balneare, che è diventata quasi la vacanza per antonomasia ed è per molti versi diversa dalla villeggiatura in montagna, ha avuto effetti profondi non solo sulle aree costiere ma anche su quelle montane, che hanno dovuto riorganizzarsi mettendo in atto nuove politiche di gestione e tutela del territorio e delle aree boschive in modo da intercettare i flussi vacanzieri offrendo esperienze in qualche modo assimilabili a quella balneare. In questo la Calabria – e Serra San Bruno in particolare – sono rimaste indietro, sia per questioni politiche e di interessi dei gruppi di potere, sia perché la drasticità della trasformazione in corso è stata in un certo senso mascherata dal periodico ritorno degli emigrati. A Serra negli anni Ottanta la popolazione nei mesi estivi sostanzialmente raddoppiava. Chi era emigrato negli anni precedenti tornava ora dai suoi genitori e dai suoi parenti per quelle che non erano semplicemente ferie, ma un ritorno a “vivere” Serra, come se non l’avesse mai lasciata, almeno per qualche settimana. In questo modo gli emigrati producevano un effetto economico del tutto simile a quello prodotto, fino a pochi anni prima, dai villeggianti forestieri. Il turismo non era un problema.

Turismo come “problema” elettorale

Questo mascheramento è durato per un periodo relativamente lungo, all’incirca un ventennio, ed ha frenato lo sviluppo di politiche efficienti. È stato soltanto quando quella prima generazione di emigrati per vari motivi ha cominciato a smettere di tornare a Serra che il ritardo accumulato è divenuto evidente: nella seconda metà degli anni Novanta una delle frasi che più si ripetevano nel mese di agosto era “quest’anno non c’è nessuno.” È in questo periodo che il turismo a Serra appare come un problema, anzi un problema urgente, reso ancor più urgente e drammatico dalla banale constatazione che, in teoria, Serra avrebbe tutte le carte in regola per essere una meta turistica. Così, si cominciano ad avviare politiche attive per sostenere il turismo e con la prima amministrazione Censore viene realizzato un importante piano di risistemazione urbana per permettere a Serra di esprimere la sua “vocazione turistica.” Da quel momento, il turismo è diventato uno dei temi centrali della politica locale e, come spesso avviene, è pian piano scaduto nella vuota retorica da campagna elettorale, nella grandiosità di progetti e aspirazioni alla quale puntualmente corrisponde la miseria delle realizzazioni. Mentre si vagheggia di una Serra capitale mondiale del turismo religioso il centro storico viene di fatto abbandonato, vittima di politiche che, quando ci sono, sono inefficaci. Più che un paese a vocazione turistica, Serra comincia ad assomigliare al lontano sobborgo di una località vacanziera.

Primi, piccoli passi

Oggi il problema del turismo, prima ancora che come problema di attuare politiche di promozione turistica efficace – che peraltro non possono prescindere dalla creazione di un sistema integrato di valorizzazione del territorio insieme ai comuni vicini –  io credo si ponga soprattutto nei termini di come fare per restituire Serra ai serresi stessi. In questo senso la prima azione di una politica a sostegno del turismo potrebbe essere, paradossalmente, quella di smettere di preoccuparsi dei turisti e fare in modo che siano in primo luogo i serresi a vivere pienamente Serra. Le iniziative virtuose non mancano: la sistemazione del sentiero Frassati tra la Certosa e Santa Maria, ad esempio, o la festa del Fungo – che è stata un piccolo miracolo – sono la dimostrazione che molto ancora si può fare. A piccoli passi, con ambizioni realistiche e tenendo presente che, prima ancora dei turisti, bisogna attrarre i villeggianti. E i villeggianti che più di tutti avrebbero piacere di vivere Serra sono i serresi.

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