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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Depositato un paio di settimane fa, sostenuto con delibere ufficiali anche dai Comuni di Nardodipace, San Nicola da Crissa e Vallelonga, il ricorso al Tar promosso dal comitato “San Bruno” in difesa dell’ospedale di Serra rappresenta non solo, com’è ovvio, un’istanza di giustizia amministrativa, ma sottende anche un importante significato politico. Com’era avvenuto già nel 2016 – quando il commissario alla Sanità nominato dal governo Renzi era Massimo Scura – con un’iniziativa dell’allora comitato “Pro Serre”, succede di nuovo che tocchi ai cittadini percorrere le vie di fatto per contrastare con mezzi legali ciò che viene decretato da chi dovrebbe risollevare le sorti della sanità calabrese finendo invece, oggi come allora, per rivelarsi come l’esecutore di tagli indiscriminati e lesivi del diritto alla salute di intere popolazioni.
Basterebbe già solo questo per indurre chi è legittimamente indeciso o dubbioso a sostenere un’azione del genere che, va certamente ricordato, non ha e non avrà senso se non suffragata da movimenti popolari che è oggettivamente difficile risvegliare nell’attuale contesto sociale, economico e politico che opprime la Calabria, specie nelle aree interne. L’approccio alla questione dettato da esperienze personali (positive o negative che siano), da interessi vari quand’anche legittimi, o peggio ancora da faziosità di natura pseudopolitica, non può che oscurare quello che è invece l’interesse collettivo di una comunità, a maggior ragione in un momento storico complicato per territori che hanno valori e potenzialità direttamente proporzionali alle carenze di servizi pubblici. Dunque magari può essere utile per scegliere con consapevolezza, ma anche come appello esplicito di chi scrive a sostenere questa e altre azioni collettive che portino la gente delle Serre a rivendicare i propri diritti, andare a vedere cosa c’è scritto, in concreto, nel ricorso depositato al Tar dall’avvocato Paolo Perrone per conto del Comitato e del suo legale rappresentante, il presidente Rocco La Rizza.
Si chiede l’annullamento del decreto del commissario ad acta – che oggi è il presidente di centrodestra della Regione, Roberto Occhiuto – che nel luglio scorso ha previsto la riorganizzazione della rete ospedaliera, in particolare «nelle parti in cui si prevede la soppressione, una volta realizzato l’Ospedale di Vibo Valentia, dei posti letto per acuti tra i quali rientrano anche quelli previsti per l’Ospedale di Serra San Bruno, essendo Ospedale di zona disagiata, nonché un numero assolutamente insufficiente sia di posti letto programmati che di mezzi di soccorso con riferimento all’area centro (Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone)».
La stessa previsione – che vengano soppressi tutti i posti letto per acuti della provincia, e dunque tutti gli altri ospedali, una volta costruito il nuovo presidio di Vibo – era stata prevista nel 2016 da Scura e poi eliminata in un successivo decreto. Per il Comitato, a cui sono iscritti oltre 1100 cittadini, si tratta di una scelta «manifestamente irragionevole, contraddittoria e determinata da evidenti errori nei presupposti di fatto» anche perché, a fronte della prevista soppressione dell’ospedale di Serra, «anziché prevedere un incremento, con riferimento al territorio provinciale di Vibo Valentia, dei posti letto programmati e dei mezzi di soccorso da impiegare per fronteggiare le situazioni di emergenza-sanitaria in seno al territorio provinciale qui in considerazione, si è invece optato, in modo irrazionale ed illogico, per la soluzione diametralmente opposta». I provvedimenti in questioni sono inoltre ritenuti «gravemente lesivi degli interessi di tutta la collettività interessata, ovvero dei Comuni di Arena, Acquaro, Brognaturo, Capistrano, Monterosso Calabro, Fabrizia, Mongiana, Nardodipace e frazioni (Ragonà e Cassari), Spadola, San Nicola, Dasà, Simbario, Serra San Bruno, Soriano, Sorianello, Vazzano, Pizzoni e Dasà Gerocarne».
Tra i motivi riportati nel ricorso si citano gli stessi dati inseriti nel Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera che assegna a Vibo «solo 304 posti letto per acuti ovvero 1,95 posti letto per 1000 abitanti, e 70 posti letto post acuti ovvero 0,45 posti letto per 1000 abitanti, per un totale di 374 posti letto ovvero 2,39 posti letto per 1000 abitanti», mentre a Crotone «sono stati assegnati, complessivamente, 678 posti letto ovvero 4 posti letto per 1000 abitanti». Al Vibonese, dunque, è stato assegnato «in modo illogico ed irrazionale un numero di posti letto ospedalieri tra i più bassi in Italia e tra i più bassi rispetto alle altre Asp calabresi».
L’atto depositato per conto del Comitato però non cede a facili campanilismi e a guerre tra poveri, anzi ricorda come il territorio costiero vibonese attiri migliaia di turisti e dunque i servizi sanitari previsti risultino insufficienti. Si fa inoltre riferimento agli «inaccettabili tempi di attesa» che si registrano per i pazienti «all’accesso a Tropea, per poi essere dirottati all’H. Jazzolino, senza soluzione per mancanza di strutture specialistiche di prima diagnosi funzionanti a tempo pieno o addirittura in assenza di strumentazione idonea; il P.S. dell'H. Jazzolino – si aggiunge – è talmente sottodimensionato che non riesce nemmeno a smaltire il codice rosso, né tanto meno le lunghe code che si creano».
Il decreto di Occhiuto è per questo ritenuto «lacunoso, anche perché trascura la programmazione sul breve periodo, volta a dare una risposta ai bisogni di Assistenza sanitaria ospedaliera e territoriale». Il documento di riorganizzazione della rete ospedaliera sarebbe inoltre fondato su una «distorsione della realtà in quanto si fa credere che la scelta riorganizzativa di provvedere alla rimodulazione ed al potenziamento dell’attuale assetto organizzativo del P.O. di Zona Disagiata Serra San Bruno, nella componente lungodegenziale, attraverso il presunto incremento della dotazione dei posti letto di Medicina Generale e mediante il contestuale incremento dell’offerta territoriale, possa essere mantenuta ferma con l’ulteriore scelta illogica ed irrazionale di sopprimere tale Presidio Ospedaliero di Zona Disagiata una volta ultimata la nuova costruzione dell’Ospedale di Vibo Valentia». A tali considerazioni si aggiunge che la struttura ospedaliera di Serra «si trova ad una notevole distanza dall’Ospedale di Vibo Valentia ed inoltre tali presidi ospedalieri sono notoriamente collegati da una fatiscente rete stradale che rende ancor più difficoltoso il relativo percorso da compiere».
Si rileva infine che il decreto di Occhiuto difetta «del preventivo parere dei Ministeri competenti» e si citano i dati contenuti nella relazione sulla Performance 2022 dell’Asp di Vibo relativi agli «ottimi risultati raggiunti» dagli ospedali di Vibo e Serra: «Per i malati non-covid è stato, infatti, chiesto ed ottenuto massimo impegno dal reparto di Medicina del P.O. di Serra San Bruno, che ha potuto mantenere e intensificare l’attività ambulatoriale. È stata altresì mantenuta un’alta attività di reparto per tutto il 2022. Inoltre, nel corso del 2022, l’attività ambulatoriale per esterni è stata incrementata rispetto al 2021 e l’ambulatorio per i pazienti esterni è stato aperto dal lunedì al sabato per i prelievi esterni e per la consegna dei referti. Sempre nell’anno 2022, sono state eseguite complessivamente (tra prestazioni per interni e per pz. esterni) n. 363.648 prestazioni. Per quanto concerne le prestazioni (indagini) esterne eseguite i risultati possono così essere sintetizzati: Anno 2022: n. 178.968 (di cui n. 164.730 esami di chimica- clinica e n. 14.238 di esami di microbiologia); Prestazioni (indagini) interne eseguite: Anno 2022: n. 184.680 (di cui n. 165.220 esami di chimica- clinica e n. 19.460 di esami di microbiologia)».
Alla luce di tutto ciò, e a prescindere dalle decisioni che il Tar assumerà sul ricorso, sarebbe giusto – almeno a nostro modesto e discutibilissimo parere – continuare a rivendicare con ogni mezzo consentito la difesa e il potenziamento dell’ospedale di Serra San Bruno che, a dispetto delle tante speculazioni politiche che su di esso vengono continuamente consumate per meri interessi particolari, rappresenta per migliaia di persone della fascia montana un presidio di salute necessario alla sopravvivenza stessa del territorio e al rispetto dei diritti fondamentali di chi ci vive.
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