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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Nel calendario delle iniziative rivolte alla promozione del No per la prossima campagna referendaria si inserisce anche l’appuntamento vibonese del M5S. Domenica 13 novembre farà tappa nella città capoluogo di provincia e a Tropea “#Iodicono”, il tour organizzato su scala nazionale dal Movimento 5 Stelle per promuovere il «no» all'imminente referendum sulla riforma costituzionale.
Domani pomeriggio, sabato 19 marzo, con inizio previsto alle 17 e 30, presso l’Auditorium Valentianum di Vibo Valentia, i deputati M5S Dalila Nesci e Paolo Parentela terranno l’iniziativa pubblica "La legalità nella sanità calabrese", per «denunciare le storture della nuova rete dell'assistenza contenuta nel decreto commissariale numero 30 del 2016, a seguito del quale si sono dimessi in massa i primari dell'ospedale di Vibo Valentia».
La deputata del Movimento Cinque Stelle, Dalila Nesci, ha scritto una lettera al commissario per l'attuazione del piano di rientro, Massimo Scura, sulla riorganizzazione dei servizi sanitari nel territorio vibonese.
«Le scuole devono essere messe nelle condizioni di garantire l’istruzione e la formazione degli studenti».
Macabro avvertimento quello compiuto ai danni di Francesco Russo, 53 anni, vigile urbano in servizio alla Polizia municipale di Vibo Valentia.
«La Stroke Unit di Vibo Valentia è riferimento indiscutibile per l'area centrale della Calabria, dunque va considerata nella prospettiva di una struttura hub per il trattamento dell'ictus nel territorio vibonese e catanzarese».
La Polizia cantonale ha arrestato nei giorni scorsi in Svizzera Antonio Montagnese, 35 anni di Fabrizia, ritenuto al vertice dell'omonimo clan Montagnese-Nesci, e già condannato in Cassazione ad una pena di 9 anni di reclusione con l'accusa di associazione mafiosa. Il 35enne era rimasto coinvolto nell'operazione “Domino”, scattata nel 2007. Montagnese è il genero di Bruno Nesci, anche lui al vertice della consorteria mafiosa. Subito dopo la sentenza della Cassazione, arrivata nel maggio di quest'anno che ha certificato l'esistenza di un locale di 'ndrangheta a Fabrizia, Montagnese si era dato latitante in Svizzera, ma la Polizia Cantonale dopo mesi di ricerche è riuscita a rintracciarlo.
I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un decreto di fermo, emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia della città dello Stretto, nei confronti di 18 persone, ritenute affiliate alla ‘ndrangheta, due delle quali sono state bloccate nel Reggino, mentre le restanti 16 sono oggetto di localizzazione in Svizzera da parte delle autorità elvetiche e saranno arrestate dopo l'estradizione. Le indagini portate avanti dagli inquirenti, rientranti nell’ambito dell’operazione denominata “Helvetia”, hanno consentito di accertare la presenza in Svizzera, da circa 40 anni, di un'articolazione della 'ndrangheta direttamente collegata alle cosche di Fabrizia (Vibo Valentia) e di Reggio Calabria. Nello specifico, sarebbe stata anche documentata la presenza di alcuni esponenti della ‘ndrangheta in Svizzera, in particolare nella città di Frauenfeld, dove esiste un cosiddetto “Locale”, il cui modello strutturale si rifà sostanzialmente a quello calabrese, al vertice del quale c’era anche il presunto boss Antonio Nesci, di Fabrizia, che operava per il tramite di Giuseppe Antonio Primerano, indicato come il capo del locale di Fabrizia, attualmente detenuto in Italia. In Svizzera, da 40 anni, le cosche gestivano i traffici di cocaina, armi, le estorsioni e gli omicidi, seguendo le regole decise dalla “Provincia” reggina, con la benedizione di don Mico Oppedisano, l’anziano patriarca di Rosarno indicato come il “capo dei capi” e riconosciuto dagli inquirenti come «il saggio e custode delle regole».
Una sentenza, quella arrivata oggi dalla Corte di Cassazione, che oltre a confermare le condanne a sfavore dei quattro imputati coinvolti nell’operazione antimafia “Domino”, ha anche di fatto certificato - per la prima volta in sede giudiziaria - l’esistenza della locale di Fabrizia, i cui esponenti sono individuabili nei referenti del clan ‘ndranghetistico Nesci-Montagnese.
L’operazione, scattata nel giugno 2007, aveva acceso i riflettori sulla locale costituita nel centro montano delle Serre vibonesi. Il verdetto ha, dunque, condannato a dodici anni di reclusione Bruno Nesci, 57 anni, e a nove anni il genero Antonio Montagnese, 35 anni, entrambi imputati del reato di associazione mafiosa. I due, residenti a Fabrizia, erano stati assolti in primo grado dal Tribunale di Vibo Valentia, ma in seguito, in appello il pm della Dda di Catanzaro, Giampaolo Boninsegna, era riuscito a convincere la Corte a ribaltare il verdetto, convalidato oggi anche dalla Suprema Corte.
La Cassazione, nell’ambito dello stesso filone processuale, ha confermato anche la condanna a dieci anni di reclusione ciascuno per Antonio Dessì e Domenico Audino, entrambi di Locri e ritenuti responsabili di un tentato omicidio proprio ai danni di Bruno Nesci, consumato nel 2004 a Fabrizia. Mandanti dell’esecuzione sarebbero stati i referenti del clan avversario dei Mamone.
Dessì ed Audino incassano quindi una nuova condanna dopo quella rimediata nel processo per l’omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno avvenuto a Locri il 16 ottobre del 2005.
Riceviamo e pubblichiamo
«Continua il silenzio sul gravissimo caso dell’Alaco e dell’acqua dei rubinetti». Lo denunciano i parlamentari calabresi M5S Dalila Nesci, Nicola Morra, Paolo Parentela e Federica Dieni, che dei rischi dell’acqua potabile parleranno sabato 3 maggio a Rombiolo e a Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia. I Cinque Stelle vi terranno due comizi, inseriti nel tour in Calabria per le elezioni europee. L’appuntamento a Rombiolo, dove si vota anche per il sindaco, è alle ore 17 in piazza Madonna del Rosario; a Serra San Bruno è, invece, alle ore 19 in piazza Monumento, nel centro storico.
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