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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Il dovere della memoria. Su questo sarà incentrata la due giorni di incontri vibonesi di don Marcello Cozzi, vicepresidente nazionale di Libera - Associazione Nomi e Numeri Contro le Mafie. Oggi pomeriggio alle 17 presso la biblioteca comunale di Vibo Valentia si terrà una tavola rotonda sul tema "Dovere della Memoria, persone scomparse nel vibonese. Istituzioni e società civile si confrontano", cui parteciperanno, oltre a don Cozzi, alcuni giornalisti locali e diversi familiari di persone scomparse. Domani mattina invece, dalle 10, si terrà un incontro con i ragazzi dell'istituto tecnico commerciale 'Galilei' di Vibo a cui prenderanno parte, oltre al dirigente scolastico Diego Cuzzocoli, Mons. Giuseppe Fiorillo (coordinatore provinciale Libera-Vibo Valentia); Matteo Luzza (familiare di vittima innocente criminalità); Barbara Vinci (familiare di vittima innocente criminalità); Rocco Mangiardi (testimone di giustizia); Don Marcello Cozzi (vice-presidente Libera).
SERRA SAN BRUNO – Ha saputo affrontare la ‘ndrangheta a viso aperto. Senza esitazioni. Senza tentennamenti. Ma con il timore, però, che proprio la ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale più potente al mondo, prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare. E così, purtroppo, è stato. Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia e imprenditore reggino titolare di un negozio di articoli sanitari, ha fatto una scelta. Coraggiosa, certo. Ma che, da quel momento, gli avrebbe stravolto completamente la vita. Tiberio Bentivoglio ha scelto di non pagare il pizzo e di sottrarsi alle ingiustizie ed alle malefatte della criminalità organizzata, in una terra, come la Calabria, nella quale la ‘ndrangheta decide tutto, persino i propri candidati alle elezioni comunali, provinciali e regionali. La storia di Bentivoglio è stata oggetto di un libro, scritto da Daniela Pellicanò, dal titolo “Colpito, la vera storia di Tiberio Bentivoglio”, presentato nel pomeriggio di ieri nel salone di palazzo Chimirri. All’evento, organizzato dall’ associazione “Libera” e moderato dal giornalista Sergio Pelaia, erano presenti monsignor Giuseppe Fiorillo, coordinatore provinciale di “Libera”, Matteo Luzza, familiare di vittima innocente della criminalità organizzata, Giovanna Esposito, referente locale di Libera e lo stesso Bentivoglio. Il primo ad aprire gli interventi è stato Sergio Pelaia, il quale si è soffermato sul lavoro che l’associazione antimafia svolge quotidianamente, parlando altresì di “mentalità ipocrita ed individualista” in riferimento al caso di Pasquale Andreacchi, il diciottenne barbaramente ucciso ed i cui resti sono stati ritrovati in un cassonetto. “A Serra – ha concluso Pelaia – c’è quella mentalità mafiosa che porta ciascuno a mettere il proprio io, e il proprio 'clan' familiare, al di sopra di tutto”. Don Fiorillo, dal canto suo, ha definito Tiberio Bentivolglio “un esempio lampante di calvario e resurrezione”. Secondo Matteo Luzza, fratello di Giuseppe, ucciso dalla ‘ndrangheta diciotto anni fa, “la manifestazione di questa sera è l’ideale prosecuzione di quella dei 21 marzo scorso fatta proprio in questa cittadina”. Presente anche Bruno Censore, vicepresidente della Commissione regionale Antimafia, il quale ha ribadito la necessità di “rompere ogni muro d’omertà e ciascuno deve fare la propria parte. Non ho mai preso o voluto i voti dei mafiosi”. Il primo cittadino di Serra, Bruno Rosi, si è detto lieto per il fatto che Libera abbia deciso di organizzare questo evento nella cittadina montana sottolineando, inoltre, come sia “necessario continuare in maniera incessante la lotta contro la criminalità organizza. Mi sento – ha concluso Rosi – al fianco di chi ha il coraggio di ribellarsi”. La conclusione dei lavori è stata affidata proprio a Tiberio Bentivoglio il quale, dopo aver fatto una cronistoria sugli ultimi anni della sua vita, ha detto di essere diventato “una preda che doveva dare delle risposte. Non è stato facile dire di no e ora anche se soffro non ne sono pentito. Il mafioso – ha concluso – è un vigliacco che mi ha sparato al buio e alle spalle mentre i coraggiosi siamo noi”.
Era giovedì. Giovedì 15 dicembre, quando il Consiglio Comunale serrese con un’unanimità intrisa di legittimo equilibrio, chiese a S.E. il Prefetto di spedire a Serra la targa con la dicitura “Qui la ‘ndrangheta non entra.”. Un emblema di fiera legalità da affiggere all’esterno del palazzo municipale. Lo propose il consigliere di minoranza Lo Iacono. Un’idea inopinabile. L’assemblea all’unisono approvò compiaciuta: “Questa targa s’ha da fare!” Tutti d’accordo, come ad un matrimonio.
Un gesto importante. Un eloquente segno di ribellione nei confronti del pericoloso sistema che alimenta la criminalità cittadina. Perché proprio l’amministrazione deve essere d’esempio per la comunità, anche attraverso delle semplici azioni simboliche volte a diffondere la cultura della giustizia. Una targa, quattro piccoli chiodi, un grande passo per la legalità.
Certo, sarebbe da stolti, pensare che una semplice affissione possa bastare a rendere immuni da un virus così atroce com’è quello della ‘ndrangheta.Riceviamo e pubblichiamo:
Riteniamo doveroso scendere in piazza a sostegno dell’importante manifestazione che quest’anno l’associazione Libera di Vibo Valentia ha voluto organizzare a Serra San Bruno per ribadire quanto sia importante allargare gli orizzonti della lotta alla criminalità organizzata. L’iniziativa assume in se un duplice significato: ricordare tutte le vittime innocenti della mafia e dare slancio alla difesa della legalità con ogni azione volta al bene collettivo.
Purtroppo, nelle regioni del mezzogiorno ed in particolare in regioni come la Calabria, la criminalità organizzata ha messo radici in quasi ogni settore della vita economica e sociale ed ha l’aspetto di un giogo che opprime e soffoca la libertà di ogni cittadino. È nostro obiettivo far comprendere alle nuove generazioni, ma anche a tutta la popolazione, l’importanza delle politiche a sostegno della legalità. Noi crediamo che non ci possa essere nessun tipo di sviluppo se alla base non vi sono regole basate sulla trasparenza e sul rispetto delle regole. Da qui nasce l’importanza di portare avanti una lotta, seria e forte, a tutti i livelli nel tentativo di riuscire a cambiare incrostazioni culturali che favoriscono il malaffare. Serve , innanzitutto, una battaglia che parta dalle istituzioni nelle quali è necessario estirpare ogni tentativo di condizionamento. Ogni uomo è veramente libero solo se il suo agire e il suo modo di pensare hanno come fondamento un totale ed assoluto rifiuto dell’illegalità, in ogni suo aspetto. Il sostegno ad associazioni come Libera che portano avanti quotidianamente battaglie contro la criminalità organizzata non può e non deve vederci partecipi solo a sporadiche manifestazioni, ma inclini ad un sostegno continuo che deve vedere coinvolti tutti al di là delle appartenenze politiche. Crediamo che siano importanti anche le azioni di sensibilizzazione che devono partire dalle scuole perché, troppo spesso, i ragazzi subiscono l’illusione che affacciarsi alla criminalità organizzata significa facile successo e realizzazione personale.
Proprio per ribadire con forza questi concetti saremo al fianco degli amici di Libera e del suo presidente don Giuseppe Fiorillo a difesa del nostro territorio dall’oppressione malavitosa. Per queste ragioni, invitiamo tutta la popolazione ad unirsi alla manifestazione, contro la mafia, che si terrà a Serra San Bruno.
Circolo PD Serra San Bruno
Giuseppe Matina, imprenditore agricolo di 33 anni, è stato ucciso stasera a Stefanaconi. Il fatto è avvenuto intorno alle 18 di fronte all'abitazione della vittima, in contrada "Breve". Matina è stato freddato nel cortile di casa sua da due killer armati di pistola, ed è morto sul colpo. Sul luogo dell'omicidio sono intervenuti carabinieri e polizia: gli inquirenti ipotizzano che il delitto sia maturato nell'ambito della criminalità organizzata. Matina era già scampato ad un agguato nel dicembre scorso, mentre era alla guida della sua automobile. L'imprenditore in passato era stato indagato per associazione mafiosa, ma non aveva mai subito alcuna condanna. Il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, ha informato dell'omicidio il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli. (foto repertorio)
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