Uscito dal Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutosi stamattina nelle Prefettura vibonese, l'ex consigliere regionale non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione ufficiale. Evidentemente, lo sconfitto illustre delle consultazioni pre-elettorali del centrosinistra cittadino, tutto quello che aveva da argomentare lo ha riferito al capo dell’Utg, Giovanni Bruno. Ma, al di là delle (non) dichiarazioni ufficiali, quel poco che trapela dalla riunione di oggi fa presagire che le denunce pubbliche dell’ex consigliere regionale Pietro Giamborino siano state esaminate a fondo nell’incontro di questa mattina, alla presenza anche dei vertici di carabinieri, polizia, guardia di finanza e capitaneria di porto.

I fatti riferiti alle primarie emersi dalla ricostruzione di Giamborino erano stati associati dallo stesso politico di Piscopio alle «scene da Gomorra». Una denuncia condita da accuse di trasversalismo – rispedite al mittente dal vincitore Antonio Lo Schiavo – ma soprattutto dal racconto di un «noto avvocato» che, con maniere a dir poco spicce, avrebbe addirittura affermato: «'Nci tajiammu a testa, 'ncia tajiammu a tutti». Ma chi siano i «tutti», al momento, non è dato saperlo, così come rimane sconosciuto il presunto autore dell’invettiva. Su questo e altro potrebbe fare luce proprio la Prefettura e gli altri referenti istituzionali presenti al vertice, che hanno ascoltato Giamborino anche relativamente alla questione delle recenti contrattualizzazioni all’Aterp di Vibo e alla conseguente polemica politica.

«Sono soddisfatto per l'attenzione istituzionale ricevuta», questo l’unico commento di Giamborino a margine dell’incontro, che potrebbe ora realmente dare corpo al progetto di costruzione di un terzo polo per la corsa alla poltrona più alta di Palazzo Luigi Razza.

Nel corso della riunione di oggi è stato trattato anche il caso della giornalista del Quotidiano del Sud, Enza Dell'Acqua, che ha denunciato di essere stata, nei giorni scorsi, minacciata a Nicotera dall’assessore comunale Salvatore Cavallaro, tormentato, pare, dall’idea che la cronista potesse scrivere ancora di lui.