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Direttore responsabile: Bruno Greco
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La vicenda della chiusura dell’Ufficio del giudice di pace di Serra San Bruno, che di recente è stato accorpato alla sede centrale del Tribunale di Vibo Valentia, tiene banco da ormai diversi mesi.
La mannaia definitiva alle attività svolte dal locale ufficio giudiziario era arrivata lo scorso 15 gennaio, data della sospensione delle funzioni decisa – come per centinaia di altri uffici in tutta Italia – in virtù del “riordino della geografia giudiziaria” varato dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
La dilazione contenuta nel decreto legge “Milleproroghe”, però, potrebbe riportare in vita diversi presidi giudiziari minori, tra i quali, si spera, anche quello serrese. Nonostante questo nuovo spiraglio, il Comune capofila Serra San Bruno – dimostratosi nel recente passato non proprio impeccabile rispetto alla gestione della vicenda – ha promosso adesso un nuovo provvedimento per certi versi anomalo.
Un cittadino serrese ha presentato un ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio per chiedere il mantenimento dell’Ufficio del giudice di Pace di Serra San Bruno. E l’amministrazione comunale, ai sensi dell’articolo 9 del Tuel, per «non lasciarsi sfuggire l’opportunità di ripresentare la propria istanza senza il bisogno di stimoli esterni in tal senso», ha deciso di aderire all’azione giudiziaria promossa nello scorso mese di gennaio dal cittadino in questione. Il provvedimento, ufficializzato e dichiarato immediatamente esecutivo con la delibera 13/2015 – la prima prodotta dalla nuova giunta comunale –, non è chiaramente investito da alcuna illegittimità, ma appare abbastanza chiaro il fatto che, secondo quando impartito proprio dall’articolo 9 del Testo unico degli enti locali, richiamato dalla stessa delibera comunale, nel caso in cui il Tar dovesse pronunciarsi negativamente rigettando il ricorso, le spese sarebbero esclusivamente a carico del Comune di Serra San Bruno, mentre il cittadino proponente ne risulterebbe totalmente esonerato.
Altro elemento, non di poco conto, è quello connesso al fatto che la giunta abbia deciso di affidare direttamente l’incarico ad un avvocato – stabilendo il compenso per l’espletamento dell’attività professionale in 3mila euro – senza motivare tale scelta e senza valutare l’opportunità di rivolgersi magari ad altri legali. L'avvocato in questione, tra l'altro, è il padre del cittadino che ha presentato il ricorso al Tar.
Per questo c'è chi solleva dubbi sulla reale necessità di attuare un’iniziativa giudiziaria che potrebbe obbligare il Comune – soprattutto nel caso in cui il Tar rigetti il ricorso – a sborsare diverse migliaia di euro di soldi pubblici, ed in considerazione del fatto che già il decreto “Milleproroghe”, nel corso delle prossime settimane, potrebbe determinare la riattivazione di centinaia di presidi del giudice di pace ubicati in tutta Italia.
Intanto, comunque, l’udienza per la sospensiva del provvedimento è stata fissata per l’11 marzo.
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