Sabato, 14 Febbraio 2015 10:25

Il servizio di Emergenza Urgenza nel comprensorio di Nicotera

Scritto da Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo

Sul problema della mancata presenza nel vasto comprensorio di Nicotera di un servizio di emergenza urgenza si è acceso, in questi giorni, un dibattito alquanto interessante.

E’ un argomento delicato dal quale vengono alla luce non solo problemi relativi alla tutela della salute dei cittadini di quel territorio, che restano in assoluto i primi a cui porre rimedio, ma dal quale viene anche in evidenza un modo improprio di concepire e di organizzare pezzi importanti della sanità pubblica e dei relativi servizi da erogare, in un contesto arretrato, marginale, ultimo in tutte le classifiche per qualità della vita e quant’altro, un territorio insomma, la provincia di Vibo Valentia, di cui l’Europa farebbe volentieri a meno. E’ giunta l’ora, se vogliamo che questa entità territoriale un giorno - che non è sicuramente dietro l’angolo – acquisti un briciolo di dignità, di ragionare a 360 gradi; chi deve recitare il mea culpa per gli errori del passato lo faccia, ma cerchi d’ora in poi di pensare un po’ di più alle generazioni future.

La necessità di avere un servizio di emergenza urgenza nel comprensorio di Nicotera è stata affrontata molto bene in una lettera che il Dr. Ammiraglio Tarabbo ha diffuso per mezzo stampa in data 6 u.s.. L’ammiraglio, durante il periodo – circa un anno e mezzo – in cui è stato alla guida della Direzione Sanitaria Aziendale dell’ASP si è reso perfettamente conto del perché fosse difficile incidere sui problemi, anche di natura di non grande ingegneria sanitaria, di questo territorio. Ricordo, essendo stato suo collaboratore, che aveva contrassegnato sulla mappa della Provincia di Vibo con degli spilli rossi i Comuni che erano sede di Continuità Assistenziale (Guardia Medica), e questa cosa, anche visivamente, dava la giusta impressione delle incongruenze che c’erano rispetto alle distanze ed al ruolo che tale servizio era, ed è, chiamato a svolgere (peraltro spiegato molto bene dallo stesso Ammiraglio nella nota al Quotidiano). Non è concepibile impiegare medici di Continuità Assistenziale H24 per supplire alla carenza di un Servizio di Emergenza Urgenza, si tratta di una funzione completamente diversa che può creare delle aspettative sbagliate con grande assunzione di responsabilità non solo da parte dei medici che ci lavorano, ma soprattutto dell’ASP che quel servizio ha istituito e mantiene. Anche perché una anomala organizzazione del servizio, e questo vale non solo per le Continuità Assistenziali, genera costi che difficilmente possono essere giustificati.

Ma quando qualcuno pensa, e l’Ammiraglio Tarabbo voleva farlo, di mettere mano alla riorganizzazione della rete della continuità assistenziale sul territorio dell’ASP, succede il finimondo, le proteste dei sindaci si levano sempre più alte per la difesa dei loro territori che verrebbero spogliati dell’importante servizio. E non c’è modo di ragionare, di dimostrare con dati di fatto e casistiche alla mano di come spostare la postazione di Continuità Assistenziale da un comune ad uno vicino non intacchi assolutamente la funzionalità dello stesso ed anzi renderebbe possibile l’attivazione di un servizio di Emergenza Urgenza più rispondente alle necessità anche di quel territorio.

E’ chiaro che il Prefetto Bruno fa bene a prendere le difese dei territori che sono sguarniti di quei servizi essenziali che possono salvare la vita delle persone; non sono d’accordo sul fatto che possa dare ordini di provvedere sic et simpliciter , così con uno schiocco di dita, all’immediata attivazione di un servizio che dovrebbe vedere impegnati, per essere a norma ed efficiente, un minimo di 6 medici, 7 infermieri e 5 autisti. La tutela dei diritti dei cittadini di una parte importante e numerosa della Provincia di Vibo, appunto il comprensorio di Nicotera, imporrebbe di trovare, in un modo o nell’altro (ed al più presto), un rimedio per risolvere il problema del pronto intervento in emergenza urgenza che è di quelli che riguardano la vita e la morte delle persone.

Questo cosa, nei fatti, contrasta con il modo di pensare della classe dirigente e dei sindaci di questa sfortunata Provincia che da sempre guarda al particolare, al campanile, non riuscendo a vedere al di là del proprio naso; e cozza con qualcosa che ormai si è elevato a sistema e che, per gli intrecci che nel corso del tempo si sono creati, è diventato il vero domino di questo territorio.

E qui entriamo nel cuore della questione, per la quale ci limitiamo, in questa fase, ad elencare alcuni argomenti che riguardano: 1) le modalità di direzione e gestione dei servizi; 2) l’occupazione da parte della politica dei centri decisionali; 3) le scelte operate rispetto alla reale tutela degli interessi generali; 4) il ruolo della conferenza dei sindaci; 5) i criteri seguiti per la scelta del capitale umano che non sempre sono state improntate a criteri di meritocrazia ed all’efficienza.

E allora la domanda nasce spontanea: perché i Servizi di Continuità Assistenziale non rispondono ad un criterio di razionalizzazione ed efficienza? Perché in questa piccola Provincia si deve correre il rischio di innescare una guerra fra municipalità, che poi sarebbe la tipica guerra fra poveri?

Attualmente nella nostra ASP ci sono, pensate, ben 39 postazioni su 50 comuni; se venisse osservato il piano di reingegnerizzazione predisposto dalla Regione Calabria relativamente alla rete delle Emergenze Urgenze, le postazioni di che trattasi dovrebbero scendere, in un primo tempo a 26 e successivamente a 22. Tantissimi medici (ce ne sono 4 per ogni postazione) potrebbero essere impiegati nella attività di emergenza. Il problema vero è che le disposizioni, i progetti, i decreti esistono sulla carta, ma poi ci pensano la politica arruffona, i sindaci miopi, o chi per loro, se questi non sono di loro gradimento, a “raffreddare” tutto. Questa cosa, insieme ad altre questioni di non secondaria importanza, in un territorio come il nostro e nelle oggettive difficoltà in cui si trova la sanità regionale, dove permangono le restrizioni del Piano di Rientro, rende difficile ogni tentativo di buona riqualificazione.

Si nota, ed è palese, uno scollamento fra quelle che sono le disposizioni scritte ed i programmi, e le effettive e concrete realizzazioni, per non accennare a quelle storture che si discostano da ogni più razionale atto di buona politica sanitaria.

Il Piano di Rientro avrebbe voluto dire riorganizzazione e riqualificazione del Servizio Sanitario Regionale, con regole precise da osservare in termini di Servizi ospedalieri, di implementazione della sanità territoriale, e mobilità del personale. Si è preferito procedere al taglio indiscriminato di importanti servizi, per lo più ospedalieri, lasciando interi comprensori senza valide alternative di medicina territoriale (case della Salute, Capt ecc.), mentre l’utilizzo del personale non sempre è corrisposto alle esigenze di servizio, ma piuttosto ad altre esigenze….. Mi viene da pensare che, forse, abbiamo perso una buona occasione per crescere, ed ora la strada è ancora di più in salita.

Si è perso molto tempo, ma si può recuperare e dare più speranza a questo territorio e soprattutto alla gente che soffre, a coloro che ogni giorno affrontano gravi disagi; per fare questo occorre dare seguito ed intraprende la strada tracciata molto bene e con visione di servizio dal Presidente della regione Calabria Mario Oliverio, nella parte dedicata alla Sanità nella relazione programmatica presentata il 9 febbraio al Consiglio Regionale.   

Dott. Fioravante Schiavello

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