Domenica, 07 Febbraio 2021 12:23

Saverio Strati è la "medicina" contro la "non cultura" di Teresa Merante

Scritto da Redazione
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A "Detto tra noi”, programma di informazione e approfondimento di Radio Serra, il timone dedicato ai libri nella puntata di giovedì scorso è stato affidato nuovamente ad Antonio Cavallaro, responsabile della comunicazione di Rubbettino editore. Quello di Cavallaro – ai microfoni di Daniela Maiolo e Sergio Pelaia, con la regia di Bruno Iozzo – è stato soprattutto un momento per riflettere sull’importanza della cultura e sulle occasioni in cui la stessa diventa pietoso surrogato. «Abbiamo assistito in questi giorni – ha esordito Cavallaro – alla querelle nata intorno alla cantante Teresa Merante, che con le sue canzoni sembra inneggi alla mafia». Come si ricorda, nelle scorse settimane, ciò che aveva trovato posto solo sui giornali è finito anche sotto la lente della magistratura perché, come riporta l’agenzia Agi, ad annunciare esposti sono stati sia i sindacati che alcuni politici mettendo sotto accusa il contenuto di alcuni testi che inneggerebbero a personaggi della mafia calabrese e siciliana.

Per questo motivo Cavallaro ha deciso di scegliere come consiglio di lettura “Il selvaggio di Santa Venere” di Saverio Strati. «Nel romanzo – ha detto Cavallaro – uno dei protagonisti viene avvicinato da un gruppo di 'ndranghetisti. All’inizio rimane affascinato da quel mondo, dai riti, ma dopo comincia a chiedersi se abbia un senso quel genere di vita in cui ci si sente sempre braccati».

A emergere dalla penna di Strati è lo straordinario valore che viene attribuito alla cultura quale mezzo di emancipazione e strumento di contrasto alla criminalità, tema che spesso ricorre nelle opere del grande scrittore calabrese.

«Il messaggio che rivolgo ai fan della Merante – ha quindi commentato Cavallaro – è che quel tipo di musica non fa parte della cultura calabrese ma piuttosto della non-cultura contro la quale combattono anche i nostri antropologi».

Facendo emergere una sorta di aspetto parassitario che le mafie usano nei confronti della cultura, il responsabile della comunicazione di Rubbettino ha suggerito un parallelismo parlando del rapporto tra ‘ndrangheta e riti religiosi e citando quanto scrive Enzo Ciconte in “Storia criminale”: «La ‘ndrangheta – ha chiosato Cavallaro – aveva bisogno di costruirsi un universo simbolico e ne ha utilizzato uno già esistente, quello della Chiesa».

L’epilogo è stato perentorio: «Strati è la nostra cultura, la Merante no!».

Qui si può ascoltare la registrazione integrale della trasmissione andata in onda sulle frequenze di Rs98.

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