Venerdì, 08 Novembre 2013 13:27

Rosarno sola andata. Un'emergenza 'normale'

Scritto da Sergio Pelaia
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mini rosarno_Cdc_7Nella Piana di Gioia Tauro sembra tutto normale. Tutto tranquillo, all'apparenza. Come ogni anno, l'estate si dilata e le temperature rimangono più che gradevoli fino ad autunno inoltrato. Come ogni anno, gli alberi che si riempiono di frutti colorano di verde e di arancio le pianure vaste e fertili che circondano i centri abitati. E come ogni anno, ci si prepara alla stagione del raccolto. Fin da settembre, però, è chiaro che c'è qualcosa di diverso rispetto al passato. Si è detto e scritto tante volte che qui, dopo la rivolta e gli scontri del gennaio 2010, non è cambiato nulla, che tutto è rimasto come prima, ma ciò è vero solo in parte. È cambiato molto negli atteggiamenti dei cittadini del posto e dei migranti. Il precedente fa paura, induce tutti alla prudenza. 
 
La novità del 2013, però, è un'altra, e preoccupa non poco: ancora prima che cominci la raccolta di arance e mandarini, le tende e gli accampamenti di fortuna in cui cercano rifugio i lavoratori africani sono già tutti pieni. Il fenomeno è nuovo e non fa presagire nulla di buono. Moltissimi africani che già risiedevano in Italia da tempo, nelle regioni “ricche” del Nord e del Centro, a causa della recessione economica che ha investito migliaia di imprese, sono rimasti senza lavoro. Ormai dovunque, nella Penisola, si conosce, anche solo per sentito dire, la realtà – o meglio la percezione di essa – di Rosarno, dunque tutti sanno che nel periodo della raccolta, che arriva fino a primavera, qui di lavoro ce n'è. In verità si sa che è un lavoro sottopagato, in nero, al soldo di caporali senza scrupoli disposti a elemosinare non più di un euro per ogni cassetta contenente dai 15 ai 20 chili di agrumi raccolti. Si sa anche, però, che la fame non lascia molta scelta. Così già da un paio di mesi ogni giorno arrivano gruppi di cinque, sei, anche dieci persone che, sebbene la stagione non sia ancora iniziata, almeno provano a precedere gli altri e ad occupare un posto nella tendopoli o nei casolari diroccati. 
 
A San Ferdinando, ad esempio, attualmente ci sono circa sessanta tende fornite dal dipartimento del Soccorso pubblico del ministero dell'Interno. Sono tutte già occupate, non c'è n'è nemmeno una vuota. Stabilire quante persone stiano alla tendopoli, oggi, non è cosa facile, ma di certo sono molte di più delle 250 per cui questo intervento era stato pensato. L'anno scorso si è arrivati a quasi duemila occupanti, quest'anno in questo senso le premesse non sono rassicuranti. C'è l'acqua, ci sono alcune fontanelle sparse per il campo, ma non c'è la corrente elettrica, oltre a mancare ogni genere di prima necessità e a persistere una condizione generale disumana. A pochi metri ci sono i resti di un'altra tendopoli, per la quale pare sia stato speso addirittura un milione di euro e che è stata rasa al suolo con delle ruspe che, in concreto, hanno macinato e lasciato per terra ciò che rimaneva sia delle tende che delle decine di baracche costruite l'anno scorso con materiali di fortuna, plastica o eternit. Il risultato è che oggi questo costoso intervento dello Stato si è trasformato in un'enorme, surreale discarica a cielo aperto, con una nuova tendopoli che è stata costruita pochi passi più in là.
Molti dei ragazzi che sopravvivono in questo inferno quotidiano non vedono di buon occhio l'arrivo dei giornalisti. Ormai ci avrebbero anche fatto il callo – spiega uno dei più “anziani” – ma hanno capito che neanche il clamore mediatico li aiuta a migliorare la loro condizione e, soprattutto, non sopportano che i loro familiari, magari residenti a Bergamo o a Napoli, possano scoprire come vivono dalle pagine di qualche giornale. Superata la diffidenza, però, non rinunciano a raccontare le loro storie, riescono anche a sorridere, ma alla fine di ogni discorso si capisce che l'unica cosa che vogliono è riuscire, un giorno, ad andare via da Rosarno. È un circolo perverso, lo sanno tutti, eppure sono pochi  quelli che – come gli attivisti di Sos Rosarno – provano a realizzare insieme agli africani un'economia sostenibile, umana. Mentre scende la sera qualcuno passa vicino all'accampamento. Sono giovani, del luogo, su macchine di grossa cilindrata: è evidente che vengono a controllare, ma non si capisce che cosa, ed è altrettanto palese che non sono della polizia. Allontanandosi dalla tendopoli, per strada, ci sono prostitute a decine, ma è uscendo dal centro abitato che si incontrano i veri invisibili. Sono quelli che non hanno posto nelle tende, che si organizzano a gruppetti di 5-10 persone – ma arrivano anche al doppio – e vanno ad occupare baracche e casolari diroccati – uno di questi è proprio accanto alla famigerata fornace “Tranquilla” di San Calogero – o, ancora peggio, si costruiscono – come ha fatto un gruppo di sudanesi – delle capanne di fortuna nascoste tra la boscaglia.
 
Questa è la situazione: una calma innaturale che copre un sostrato di alienazione e violenza, di sfruttamento e sopraffazione, di povertà e odio. È su queste fondamenta che poggia la “normalità” di Rosarno, di San Ferdinando, della Piana. E tutti sanno che non potranno reggere a lungo.
 
foto Salvatore Federico
 
(servizio pubblicato sul numero 124 del Corriere della Calabria)

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    La tradizionale manifestazione del WWF assume quest’anno un carattere particolare, essendo legata alla campagna del WWF Italia denominata “Stop ai crimini di Natura”, una iniziativa finalizzata a far conoscere all’opinione pubblica i pericoli gravissimi che minacciano la biodiversità in tutto il mondo, senza sottovalutare gli attacchi continui che subisce la Natura d’Italia e della nostra regione. Il programma prevede, oltre alla presentazione della campagna nella sala conferenze, l’allestimento di tavoli per raccogliere adesioni, percorsi di interesse botanico e faunistico (a cura del CFS) e una visita al museo delle Ferriere.

    Distruzione, alterazione e frammentazione degli habitat naturali, caccia eccessiva, bracconaggio, commercio illegale e introduzione di specie “aliene”, oltre alla minaccia globale rappresentata dal riscaldamento del pianeta determinato dall’effetto serra, sono le sfide quotidiane che il WWF è impegnato a contrastare , con la sola forza dei suoi volontari, degli scienziati e dei milioni di persone, che, in tutto il mondo, sostengono concretamente questa autentica guerra per salvare il pianeta e le irripetibili e meravigliose creature che lo popolano e lo rendono straordinario.

    Un impegno di civiltà e di amore che il WWF combatte dal 1961 in ogni regione della Terra per salvare dall’estinzione le ultime Tigri in Asia (ne sopravvivono in tutto 3200) o gli ultimi Rinoceronti sterminati per l’utilizzo del corno nei paesi orientali (della specie che vive a Giava, ne sono rimasti appena una cinquantina!); per non parlare delle poche centinaia di Gorilla di montagna rimasti, che vengono ancora braccati e massacrati per la carne o minacciati dalla distruzione delle loro foreste. Gli stessi elefanti africani, il simbolo stesso della savana, vengono crudelmente abbattuti dai bracconieri al ritmo impressionante di 22.000-25.000 all’anno . Ma l’elenco delle specie animali e vegetali che la terra rischia di perdere in breve tempo è sconvolgente e si allunga ogni giorno che passa, tanto da aver indotto gli scienziati a parlare di una “sesta estinzione di massa ”, dopo le cinque che hanno sconvolto la vita sul pianeta nelle passate ere geologiche. Con la differenza che stavolta, ad essere responsabile della fine di migliaia di specie, è un’altra specie: la nostra.

    Del resto gli Italiani e i Calabresi sanno benissimo che l’assalto alla natura e agli animali ha assunto anche da noi il livello di allarme rosso, considerato il continuo massacro del territorio e le minacce che gravano sulla nostra fauna. Un assalto contro cui agiscono, spesso a rischio della vita, i Ranger del WWF in tutto il mondo e, in Italia, 300 eroiche Guardie Venatorie Volontarie che , dalle Alpi alla Sicilia, sacrificano il loro tempo e i loro soldi per salvare orsi e lupi, uccelli migratori o per denunciare gli innumerevoli “Crimini di natura” che vengono commessi quotidianamente in ogni parte dell’ex “Bel Paese”, mettendo a repentaglio la salute dell’ambiente e, con essa, quella degli stessi abitanti. Un drappello di queste autentiche sentinelle dell’ambiente, sotto le insegne del Panda, opera da tempo in Calabria ed è anche al loro impegno quotidiano, così come all’insostituibile ruolo svolto tradizionalmente dal Corpo Forestale dello Stato, che l’appuntamento di Mongiana è dedicato.

    Per arrestare la folle corsa verso la distruzione del pianeta (l’unico che abbiamo!), il WWF chiede il sostegno di tutti: sul sito www.wwf/criminidinatura chiunque può informarsi maggiormente sul fenomeno e sostenere la campagna del WWF con una donazione, oltre a diffondere le informazioni e sottoscrivere la petizione per chiedere sanzioni più severe contro chi uccide specie selvatiche.


    WWF Calabria


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