Domenica, 01 Maggio 2016 14:23

Quale cultura per Serra San Bruno?

Scritto da Francesco Barreca
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(Foto di Salvatore Federico) (Foto di Salvatore Federico)

In principio fu la “cittadina a vocazione turistica”; poi, la “capitale del turismo religioso”; ora, chissà cosa ci aspetta. Tempo di elezioni, a Serra San Bruno, e come consuetudine tra i temi più dibattuti e sentiti c’è quello della valorizzazione e promozione del nostro ricco patrimonio culturale.  È, questo, uno degli argomenti che più facilmente si presta alla manipolazione retorica tipica delle campagne elettorali: si presentano grandi progetti, si espongono iniziative, si promettono azioni rapide, concrete ed efficaci; poi, ad elezioni finite, la crudele realtà delle cose costringe a correggere e ridimensionare, quando non del tutto ad abbandonare. Questo avviene perché sviluppare e mettere in pratica politiche culturali efficaci è cosa delicata e complicata, soprattutto in una situazione economica che lascia pochissimi margini di manovra. 

Preliminare a ogni discussione deve essere, piuttosto, una franca presa di coscienza della realtà delle cose, e in primo luogo del fatto che, almeno per il momento, non si può sperare che il turismo possa contribuire in maniera significativa a sostenere il fragile tessuto economico del nostro territorio. Bisogna che Serra si svegli dal sogno della “cittadina a vocazione turistica” e torni a ragionare in termini di cultura della comunità e per la comunità. E questo vuol dire, in primo luogo, abbandonare la retorica del “facciamolo per i turisti” e tornare a incentivare e progettare politiche destinate in primo luogo ai serresi. Lo scopo delle politiche culturali non dovrebbe essere quello di attrarre i turisti; al contrario, esse dovrebbero essere tese a favorire il riavvicinamento dei cittadini al loro patrimonio. In questa prospettiva, è necessario che si abbracci e si affermi con convinzione un’idea di cultura che includa tutte quelle attività che hanno contribuito e contribuiscono a definire l’identità propria della comunità serrese. In altri termini, non solo libri, arte, spiritualità e via dicendo, ma anche e soprattutto quel genere di maestranze artigiane che hanno contribuito a definire l’identità di Serra nel suo ambito territoriale. Le maestranze serresi andrebbero considerate a pieno titolo come attività culturali, e i mastri stessi assunti a interlocutori privilegiati nella definizione delle politiche culturali dell’amministrazione. 

È fondamentale che Serra riparta da progetti e iniziative a breve termine, magari all’apparenza più modesti, ma coinvolgendo le associazioni e le realtà già presenti sul territorio e che ormai da anni portano avanti iniziative di successo in quasi completa solitudine. Queste associazioni non vanno semplicemente patrocinate, ma coinvolte a un livello più profondo nella definizione di programmi e obiettivi realizzabili e destinati ai cittadini serresi. È in questo che devono credere i serresi ed è questo che devono pretendere, non facendosi sedurre dalla grandeur retorica di chi promette cose come, ad esempio, nuovi centri studi sorti dal nulla che, spesso, sono il modo migliore per buttare via soldi pubblici alimentando corruzione e clientelismi.

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