Giovedì, 11 Ottobre 2012 15:19

Pasquale, il giorno della memoria. Ma Serra preferisce voltarsi dall’altra parte

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mini corteo_andreacchiSERRA SAN BRUNO – Sul sentiero, tra i castagni, i passi sono pesanti. Nelle gambe e nella mente c’è tutto il peso del ricordo, tutta la dolcezza della memoria, impastata però con la rabbia, con il dolore. Un fardello difficile da portarsi addosso. Eppure i familiari di Pasquale Andreacchi ci convivono da tre anni e, forse, non se ne libereranno mai. Ai passi che portano al luogo in cui Pasquale fu ritrovato, fanno eco le loro parole. Le loro lacrime fanno rumore, ma è un rumore che molti, troppi, non vogliono sentire. Perché è più facile, più comodo, più conveniente voltarsi dall’altra parte. E così agli ultimi, agli innocenti, non è concesso neanche il sollievo della memoria, la dignità del ricordo.

Su quel sentiero è stato ritrovato ciò che è rimasto di Pasquale, ciò che i suoi assassini, che oggi sono liberi e impuniti, hanno deciso di restituire alla famiglia. Un mucchio di ossa sparse tra le foglie, un cranio buttato in un cassonetto. Una barbarie omicida che ha investito un ragazzo poco più che bambino, uno spilungone introverso e affettuoso, che tutti sapevano non avrebbe potuto far male a una mosca. Oggi ricade il terzo anniversario della sua tragica scomparsa, e i familiari, con l’appoggio del coordinamento provinciale di Libera, hanno organizzato un corteo che è arrivato proprio su quel sentiero, dove oggi c’è una lapide che ricorda il terribile destino cui è andato incontro Pasquale. Accanto ai suoi genitori, Salvatore e Maria Rosa, si sono strette le poche persone, forse una cinquantina, che hanno partecipato all’iniziativa. E non c’è da girarci attorno: i serresi non c’erano, Serra ha scelto la paura, l’indifferenza.

C’erano alcuni rappresentanti istituzionali, dei sindacati e delle forze dell’ordine, c’era anche una delegazione del gruppo scout Serra I, ma la stragrande maggioranza delle persone ha preferito starsene a casa, o magari andare a fare spese al mercato. Non c’erano gli studenti, né della scuola media né delle superiori. Un’assenza visibile, pesante. Grave se si pensa che fino a pochi giorni fa i piccoli scolari venivano mandati a fare da contorno alla passerella serrese di Scopelliti, il presidente della Regione fortemente sospettato di avere legami con la ‘ndrangheta reggina; grave se si pensa all’episodio avvenuto pochi giorni fa presso l’istituto “Einaudi”, quando qualcuno – probabilmente uno studente – ha lasciato dei proiettili di fronte all’entrata della scuola, a mo’ di intimidazione. Per Pasquale nulla: le scuole, invitate, non hanno risposto. Un corteo comunque significativo, che porta con sè un messaggio di non violenza, di richiesta di giustizia e di verità, è stato snobbato da chi dovrebbe occuparsi della formazione culturale, sociale, umana, degli adulti del futuro. E allora è inutile lamentarsi, se non si ha il coraggio di ribellarsi all’arroganza di chi uccide un innocente e rimane impunito. E’ inutile fare convegni, promuovere progetti di ogni tipo sulla “legalità”, sfoggiare sermoni buoni per ogni stagione. Bisogna sporcarsi le scarpe di fango, andare sul quel sentiero tra i castagni, lì dove è stato trovato Pasquale, per capire che lui non è stato ucciso tre anni fa, ma viene ucciso ogni giorno dall’indifferenza della gente “per bene”.

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