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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
L’imposta sui rifiuti solidi urbani, i viaggi all'estero, la stampa dei volantini elettorali, alcuni strumenti informatici, il pagamento di bollette e multe di genere vario, i “Gratta & Vinci”, i gadget, materiale edile, le cartelle esattoriali, i tablet e i telefoni cellulari, fiori, taxi, caffè, cene conviviali, gite, i soggiorni extra in albergo, carburante auto, affitti, ricariche telefoniche, set di valigie da viaggio, batterie, ventilatori e – ultima ma non meno importante – la spesa per la famiglia.
Queste – secondo la Procura di Reggio Calabria – alcune delle spese rendicontate dal 2010 al 2012 da parte della quasi totalità dei consiglieri regionali calabresi della scorsa legislatura. A rilevare le irregolarità – sulla base delle indagini effettuate spulciando tra fatture e scontrini dagli uomini della Guardia di Finanza – è stata anche la Corte dei conti, e da tutte le risultanze investigative raccolte è poi scaturita l'operazione di questa mattina che vede coinvolti 31 indagati ai quali è stato disposto un sequestro di beni per complessivi 2,5 milioni di euro circa.
Le spese erano, secondo gli inquirenti, non rimborsabili, altre erano state presentate e rimborsate due volte, altre ancora addirittura inesistenti. Ed erano i capigruppo, prima ancora della magistratura contabile e ordinaria, ad avere l'obbligo di verificare la conformità delle spese, ma proprio questi sono risultati paradossalmente tra i primi indagati di una lista lunghissima: Luigi Fedele, Antonino De Gaetano, Giovanni Emanuele Bilardi, Giovanni Nucera, Pasquale Maria Tripodi, Nicola Adamo, Vincenzo Antonio Ciconte, Carlo Guccione, Antonio Scalzo, Alfonso Dattolo, Gianluca Gallo, Alfonsino Grillo, Claudio Parente, Salvatore Magarò, Ferdinando Aiello, Emilio De Masi, Domenico Talarico, Sandro Principe, Demetrio Battaglia, Pietro Amato, Bruno Censore, Mario Franchino, Mario Maiolo, Francesco Sulla, Agazio Loiero.
Ci sono quasi tutti i componenti della massima assise regionale presieduta dal 2010 al 2015 da Francesco Talarico: «L'operazione – ha spiegato stamattina il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho – si chiama "Erga omnes" perché gli accertamenti hanno riguardato tutti i gruppi consiliari». E ci sono anche e soprattutto i tre componenti dell’attuale giunta regionale presieduta dal governatore Mario Oliverio, dei quali uno – Antonino De Gaetano – finito addirittura ai domiciliari. Assieme a lui arrestati anche l’ex senatore Bilardi e l’ex assessore regionale ai Trasporti, Luigi Fedele, mentre Adamo, Dattolo, Nucera e Tripodi sono stati interessati da un provvedimento di divieto di dimora in Calabria. Esiliati, insomma, come fossero criminali di razza.
C’è di tutto allora in un’operazione chiamata non a caso “Erga omnes”. C’è una Calabria in cui cadono nuovi altarini e si svela – se le accuse verranno confermate – un sistema messo in piedi da furbetti, anzi furboni, senza vergogna e né confini. Perché non è più questione di destra o di sinistra: nel “calderone inquisitorio” cuociono nel loro stesso brodo rappresentanti del Partito democratico, dell’Udc, di Forza Italia, del Nuovo centrodestra, di Autonomia e Diritti e di altre sigle ancora. La questione, non da adesso, è prettamente morale. Lo spartiacque è quello che scinde la categoria dei ladri dai non ladri, niente di più e niente di meno. Perché è ladro quel “politico” che si fa rimborsare le cene conviviali, la misera consumazione di un caffè al bancone del bar, i fiori, la villeggiatura e la corsa in taxi, il tutto sollazzandosi sulle spalle e sulle coscienze di milioni di contribuenti, cittadini, miseri elettori che – e non è più davvero un eufemismo – in ormai troppi casi non riescono neanche a sfamare a dovere la prole, a mandarla a studiare. Se ti fai rimborsare anche il “Gratta & Vinci” da 5euro, allora – verrebbe da chiedersi – come fai a domare i “bollenti spiriti” di fronte a succulenti milioni di euro che ballano nelle stanze del potere regionale? Quando questa storia giudiziaria sarà ufficialmente finita ci accorgeremo forse che per troppo tempo ci hanno abbindolato con le divergenze partitiche, con gli ideali, con l’appartenenza. Ci accorgeremo di troppe illusioni e di tanti caporali alternatisi in governi regionali che si rincorrono, si somigliano e si ripropongono di malefatta in malefatta, di cattiva politica in cattiva politica, di saccheggio in saccheggio. Perché molti degli indagati sono dei veri e propri veterani della politica e anche se gli anni finiti sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti sono solo quelli dal 2010 al 2012 viene difficile immaginare che nei decenni precedenti la prassi possa essere stata diversa.
«Un delitto di peculato» lo ha definito De Raho, mentre sono già partite le dimissioni con effetto immediato dalle cariche istituzionali e l'autosospensione dai partiti, da intendersi – sia chiaro – come «atto politico dovuto», per non intralciare l’attività della giunta regionale. Ma in fondo vale la pena riconoscere che la questione rimborsopoli, la grande abbuffata calabrese, non ci spiazza più di tanto, perché ormai determinati atteggiamenti e specifiche dinamiche per l’immaginario collettivo sembrano quasi insiti nel mondo della politica nostrana e non solo, attuale e non solo. Anzi, la notizia è che ci sono anche dei non indagati.
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