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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
I dati pluviometrici di questi ultimi giorni e le previsioni per quelli che seguiranno non sembrano poter lasciare scampo. Sarà un’estate secca, a tratti torrida, con poche precipitazioni e temperature in costante ascesa. Già domenica 28, spiegano i maggiori centri di calcolo meteorologico, il mercurio stipato nei nostri termometri salirà ancora fino a sfiorare nelle ore di punta i 35 gradi centigradi e il cielo apparirà a lungo libero di nuvole minacciose. Ben venga, penseranno i più, per un entroterra che tra pochi mesi sarà costretto a ripiombare nell’ennesimo lungo inverno. L’estate – una parentesi più che gradita da queste parti – è necessario che svolga al meglio il suo lavoro, anche se il territorio per molti aspetti sembra ancora poco preparato a gestirne le conseguenze.
Non pioverà a lungo e, se pioverà, pioverà poco. E così nelle Serre si sta per riaccendere la partita a scacchi che le amministrazioni giocano sulla linea sottile dell’“emergenza idrica”. Un solco netto che divide i Comuni che sono ancora allacciati alla rete regionale e all’invaso Alaco, da quelli che invece hanno già da tempo optato per l’approvvigionamento con sorgenti e pozzi propri. La quantità contro la qualità. Perché chi è rimasto fedele alla gestione Sorical ha acqua in abbondanza da distribuire alla comunità anche se assai spesso, secondo molti, di dubbia qualità, di colore giallo paglierino e dal caratteristico odore penetrante dell’ipoclorito di sodio (sì, se la si lascia in una caraffa a “decantare” per qualche minuto pare di respirare candeggina a pieni polmoni); di contro i Comuni che hanno deciso di ripristinare le fonti del proprio territorio per smarcarsi da una gestione pubblico-privata zoppa che suscita ancora troppa incertezza (non solo in termini di qualità ma anche di economicità del servizio) si ritrovano invece in estate a misurarsi con le continue e legittime lamentele dei cittadini che, in diversi rioni, si svegliano senza una goccia d’acqua da tirarsi in faccia. Rubinetti a secco e fiumi di proteste.
Insomma, chi sta con l’Alaco – ancora sotto sequestro “preventivo” dalla primavera del 2012 a seguito dell’inchiesta “Acqua Sporca” – non sa ancora se sta facendo un torto alla salute dei propri cittadini e continua, questo è sicuro, a creare un forte danno all’immagine di un territorio una volta noto anche per la salubrità della propria acqua; chi invece non sta più con l’Alaco, o non c’è mai stato, deve impegnarsi a più riprese a raccomandare ai cittadini di utilizzare bene l’acqua, a dosarla, a non sprecarla per modalità ed usi che non siano strettamente necessari perché di sicuro in questi giorni non potrà bastare.
Nel Vibonese la guerra paleolitica dell’approvvigionamento d’acqua potabile da rendere disponibile nelle case della gente, che sia buona da bere e allo stesso tempo che sia sufficiente, è ancora in corso. A Vibo Valentia, diversi anni fa, la questione scoppiò proprio d’estate quando una gentile signora di mezz’età, arrivata in città per godere delle ferie, decise di porre in essere quel gesto semplice che molti dei residenti avevano fino a quel momento per troppo tempo colpevolmente omesso, soddisfatti, evidentemente, di trascorrere le giornate in auto a caccia di fontane pubbliche per riempire il cofano con bottiglie di sopravvivenza. La signora, dicevamo, si recò all’Ufficio territoriale del Governo con una bottiglietta piena dell’acqua che veniva fuori dalla suo rubinetto e la sottopose al giudizio del prefetto del tempo, poi lo raccontò ai giornalisti scatenando una questione ad oggi ancora aperta. Da lì le manifestazioni in più Comuni della provincia, i comitati costituiti dai cittadini, il caso che diventa nazionale, gli incontri in Prefettura, le indagini, i giudici e i processi già finiti prima di iniziare. Di fronte a tutto ciò, alcuni Comuni continuarono e continuano a dormire, altri invece, i più lungimiranti, decidono di darci un taglio: riqualificano i vecchi pozzi abbandonati, li rimettono in funzione e annunciano con entusiasmo ai cittadini che l’acqua Sorical non arriverà più nelle loro case. Ma finisce che da un disagio si passa ad un altro disagio, come al gioco dell’oca si ritorna dal via: prima i cittadini protestavano perché l’acqua puzzava ora perché d’estate è poca.
È a Serra San Bruno che si vive, tanto per fare un esempio, la prova più viva del fenomeno in questione. L’amministrazione ha annunciato diverse volte di voler incrementare la quantità d’acqua reperita dalle sorgenti pubbliche con un progetto di potenziamento della rete idrica in ballo da ormai 8 anni e i frutti si sarebbero dovuti finalmente raccogliere già entro l'estate in corso. Si attendono però ancora le analisi per capire se l’acqua da immettere nella rete idrica comunale sia realmente potabile. Intanto il paese continua ad essere spaccato in due: le abitazioni di via Catanzaro e dintorni ricevono l’acqua da un serbatoio comunale, chiara, limpida, di ottima qualità, ma la sorgente è esigua e spesso l’acqua non basta; il resto del paese si approvvigiona dall’Alaco, l’acqua c’è sempre ma ai sensi umani appare torbida e dal sapore nauseabondo. Questo il dramma idrico costante che stringe migliaia di vibonesi tra le lame affilate di un dubbio amletico: preferite avere poca acqua profumata o assai acqua puzzolente?
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