E’ l’espressione piena di una generazione, quella che ancora non ha raggiunto i vent’anni, di quella consolidata subcultura mafiosa che oramai è radicata nelle loro menti ignoranti. Vent’anni di Berluscoglionismo televisivo, una certa propensione all’idolatrare capi mafia e gangster, quella spettacolarizzazione del crimine e del malaffare come se fosse un probabile modello di vita da imitare, perché se ti va bene, sei rispettato e sei pieno di soldi. La Magliana, il Capo dei Capi, ecco cosa ci propina la televisione, quando io da piccolo ricordo, ad esempio in prima serata sulla Rai, Mistero Buffo del nobel Dario Fo. Ora la televisione, cattiva, anzi pessima educatrice, crea miti, falsi e violenti. Ecco cosa succede a Serra San Bruno. Una qualsiasi banalità, un richiamo, una sanzione disciplinare, un qualsiasi evento o discussione, porta i protagonisti dell’eventuale dissidio, a cercare risoluzione commettendo un gesto, che probabilmente è ora considerato di routine
, ma che provoca, al malcapitato destinatario, una serie di pensieri e di situazioni talmente tristi che solo chi come chi scrive ha subito la medesima reazione (certamente da ambienti diversi) comprende, ma che lascia allo stesso modo l’amaro segno. Anche perché, e la storia anche locale ce lo insegna, basta un futile motivo per scatenare, nei giovanissimi, manie omicide, sparando con una incoscienza e una freddezza che lascerebbe atterrito qualsiasi killer. Basti pensare, ad esempio, all’omicidio Brogna, in San Gregorio, di qualche anno fa, o al terribile assassinio di Pasquale Andreacchi. Dunque stessa pericolosità perché stesso modus operandi dei loro idoli. Ragazzi che agiscono in questo modo perché, certamente, non toccati direttamente da eventi delittuosi che coinvolgono le proprie famiglie. Perché chi ha visto il sangue vero, chi piange i propri morti, chi queste cose le vive davvero, non ha certamente la voglia di compiere questi gesti o di scrivere sul proprio profilo facebook: “lavora presso ‘ndranghetista”. E le Istituzioni cosa fanno? Tre morti e uno in fin di vita tra Savini e Soriano negli ultimi mesi, tre quarti dei quali giovani sotto i trent’anni. Niente. Nessuno ne parla. Stato completamente assente, i giovani sono nel limbo dell’ignoranza e nessuno riesce a dare risposte di legalità, di insegnamenti, di testimonianze e manifestazioni per una cultura diversa. Dunque uno stato di decadenza oramai consolidato, uno sfacelo del pensiero e del rispetto. Onore? Rispetto? E questo che rispetto è? Agire di notte? Alle spalle? Agguati? “Tragedie”? Donne e bambini morti ammazzati? Tutto in un autoconvincimento di essere quasi nel giusto, di essere protetti da San Michele Arcangelo, di mostrarsi nelle processioni. Di essere persone d’onore. Persona d’onore è il boscaiolo che si alza e si spacca la schiena per crescere i figli a 40 euro al giorno. Persona d’onore è chi ha un altro punto di vista con il Preside o con un Professore, alza la mano e dice la sua, guardando il proprio interlocutore o avversario negli occhi, difendendo le proprie idee alla luce del sole. Non come un topo, di notte, a lasciare un bossolo o un proiettile.
LA LUNGA NOTTE DELLA CALABRIA (Sharo Gambino, 1968)
Calabria,
è lunga questa tua notte di mafia.
I nati dal tuo malessere
i figli di Osso
Mastrosso e Carcagnosso quando
coi saraceni
gli angioini
gli aragonesi
i borboni
col cardinale Ruffo
e Bizzarro e Coremme
e Re Marcane e Benincasa saranno ricordo
E la lupara
non squarcerà carni rosa
a Seminara
a Cittanova
a Sant'Eufemia d'Aspromonte....
e a Reggio
a Palmi
a Gioia Tauro
a Locri
a Crotone
madri e spose
come greche antiche non piangeranno,
chi giace
morto
«traggiratore»
col ficodindia in bocca
i pantaloni abbassati
i testicoli al collo
per uno «sgarro»
per denaro
sudato di paura?
Quando
i piccoli Giofrè,
i piccoli Bruno
i piccoli Facchineri
non saranno abbattuti
ma lasciati crescere
nei campi
tra i banchi
nelle officine
e riscatteranno
col lavoro
questa generazione
intrisa di sangue
di lutto
di pianto
di «morte infame»
Si parte
o si muore
in questa
tua lunga notte
Calabria.