Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Diciamoci la verità, se uno come Scopelliti avesse nominato in giunta uno come De Gaetano, a quest’ora sulla Calabria si sarebbero abbattute le piaghe d’Egitto.
Premesso che non mi piace Scopelliti, non mi piace De Gaetano e a sto punto non mi piace neanche Oliverio, non trovo meno assurdo però il monito lanciato dal governo rispetto alle “cose poco chiare” di Calabria, se poi Renzi se ne sta dalla mattina alla sera rinchiuso in uno stanzino del Nazareno a stringere patti segreti con il condannato più famoso d’Italia. Insomma, l’idea è che di cose poco chiare, da Catanzaro a Roma, se ne respirino un po’ tante.
Non parte bene Oliverio, che avrebbe dovuto aprire una nuova fase in Calabria, ma che di fatto si trova circondato, già da subito, da imputati, indagati e sospettati relegati alle postazioni cardine della macchina amministrativa. Le prime ombre si erano addensate all’esordio del Consiglio, sia rispetto all’elezione dell’imputato Antonio Scalzo alla carica di presidente della massima assise regionale, sia in merito all’asse sorprendentemente sfoggiato con il Nuovo Centrodestra di Pino Gentile, nominato vicepresidente soprattutto grazie ai voti del Pd. Scalzo risulta coinvolto in varie inchieste, quella principale lo vede implicato nei presunti illeciti all'Arpacal, mentre i Gentile, fino a poche settimane dal voto, erano additati da una certa parte della politica regionale e non solo, come una famiglia di “cinghiali” pronta ad azzannare chiunque tentasse di mettere il bastone fra le ruote ai loro inarrestabili piani di potere.
E così, dopo aver vagliato la composizione della nuova giunta regionale, il governo – per bocca del vicesegretario Delrio – detta altre due imposizioni al ministro degli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta: rifiutare il posto nell’esecutivo e ritornare a fare la farmacista in quel di Monasterace. Oggetto dell’ostilità – come detto – l’affidamento, da parte di Oliverio, della delega ai Trasporti ed Infrastutture a favore dell’ex “compagno” Nino De Gaetano.
La posizione di De Gaetano risulterebbe inficiata non tanto dalla questione “Rimborsopoli”, che lo vede indagato, ma anche da un’altra vicenda contorta è ben più clamorosa per la quale, di contro, non risulta fra gli indiziati. Il neo assessore è investito dalle risultanze dell'indagine “Il Padrino”, atta a fare luce sulle male condotte dei fiancheggiatori del potente clan Tegano, che massicciamente – ipotizzano i carteggi – votarono alle regionali del 2010 proprio a suo favore, tanto che depliant, santini, fac-simile ed altro materiale di propaganda elettorale pro De Gaetano, fu rinvenuto nelle abitazioni di diversi boss del reggino. Non troppo, però, secondo pm e gip, per annotare il buon Nino nel registro degli indagati: «Non sussiste il grave quadro indiziario».
Eppure, nulla di tutto ciò è bastato per indurre Oliverio a virare altrove per la scelta degli assessori. Al caos si è aggiunto altro caos oggi, con il parziale dietrofront di Renzi, che – come riportato da Antonio Ricchio del Corriere della Calabria pochi minuti fa, ha ritrattato: «Io sto col Pd calabrese e con Mario Oliverio. Sono rispettoso della vostra autonomia».
Ma, al di là, delle strategie politiche, dei verdetti assoluti, delle presunzioni di innocenza, delle parole date e da mantenere, se nello scenario del centrosinistra regionale ci sono così tanti ragazzi capaci e per bene, persone pulite e dal trascorso limpido – e ci sono veramente –, perché fare riferimento al momento dell’assegnazione del potere ai “soliti noti” con posizioni più o meno dubbie? Perché Oliverio non si scuote la polvere da sopra le spalle e fa da subito muso duro contro questi indagati/non indagati di pessima garanzia, immagine ed affidabilità? Perché, cosi prematuramente, con le proprie scelte ha deciso di porgere il fianco a media e oppositori pronti a scavare con la lama affilata del coltello nella piaga? E non si parli di “scelte coraggiose”. Ormai il coraggio in questa regione si discosta molto, ma davvero molto, dal continuare ad imboccare i personaggi fulcro di risaputi centri di potere, leciti o illeciti che siano.
Che dia, allora, un segnale forte e preciso Oliverio, capace di fare eco ad un altro segnale forte e preciso che i calabresi hanno già dato con l’affluenza bassissima al voto. Altrimenti vorrebbe dire che sono stati proprio gli assenteisti ad aver avuto ragione.
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