Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
PROLOGO.Venerdì 13 Maggio 2011. Siamo agli sgoccioli di un’intensa campagna elettorale in cui diversi oratori del Pdl locale, oggi amministratori, elogiano senza parsimonia dai palchi le doti del candidato Zaffino: “Abbiamo bisogno di mastro Bruno Zaffino, delle sue qualità imprenditoriali. La vecchia amministrazione ha speso oltre 20mila euro per riparare un mezzo. Zaffino, con quella stessa cifra, ne avrebbe acquistati 2 di camion!”. L’ex coordinatore provinciale Pdl Valerio Grillo, di fronte a Scopelliti e a molti serresi, annuncia: “La lista guidata da Bruno Rosi è stata sottoposta al vaglio della Prefettura”. In realtà l’elenco dei candidati del Pdl non arrivò mai sulla scrivania del Prefetto. Dopo 3 giorni, ad urne chiuse, il verdetto indiscutibile: con il 39,2% Rosi straccia le liste concorrenti. È lui il nuovo sindaco di Serra San Bruno.
LA GIUNTA. Giugno. In una Sala Chimirri gremita in ogni ordine di posto, lontana parente di quella attuale, il sindaco Rosi vara la nuova giunta. Fra gli assessori c’è Zaffino: ha contribuito alla causa con ben 224 voti. Gli spetta la delega alla gestione e manutenzione del patrimonio comunale, all’arredo urbano, alla viabilità e all’autoparco. Il Pdl, fresco di vittoria, è euforico.
LA DEFENESTRAZIONE. Passano 6 mesi. Qualcosa è cambiato. Il 21 dicembre lo spartiacque: il sindaco revoca la delega di assessore a Zaffino “per ridare slancio all’attività amministrativa”. Nel Consiglio comunale successivo, il 3 marzo, viene ufficializzata la sostituzione in giunta. Zaffino, ridotto a semplice consigliere, rimpiazzato da Adriano Tassone, prende la parola. La tensione è palpabile, gli occhi della maggioranza si incollano al pavimento. Teste basse e tanto imbarazzo. L’assessore rimosso non le manda a dire, il tono è fermo: “Che il sindaco abbia il coraggio di sviscerare tutta la verità. Perché la verità la conosco io, la conosce lui, la conosce tutta la maggioranza”. Zaffino parla, accusa, e poi abbandona la sala. Il “Chimirri” sprofonda in un silenzio surreale. La minoranza si indigna e va dal Prefetto. Ma già prima lo stesso Zaffino aveva fatto visita alla Procura, informandola del perché della sua esclusione dalla giunta, con un esposto ben dettagliato: 7 pagine di rivelazioni scomode.
L’ESPOSTO. Zaffino dichiara sin da subito di voler rimanere nella maggioranza. Il resto del Pdl tenta di isolarlo, di rinnegarlo. Sulla questione passano mesi di astratto silenzio. Poi all’improvviso sul “Corriere della Calabria” emergono i fatti e l’esposto dell’ex assessore diventa di dominio pubblico: il sindaco Rosi ed il consigliere regionale Salerno, secondo Zaffino, ci sono dentro fino al collo, perché “per la composizione della lista – si legge nel suo esposto – mi hanno cercato con insistenza” ed entrambi “ben conoscevano, e conoscono, la mia famiglia e dunque erano perfettamente informati che all'epoca uno dei miei figli era fidanzato con la figlia di tal Salvatore Vallelunga all'epoca e ancor oggi detenuto per una pena definitiva".
IL CERTIFICATO. Dalla pubblicazione dell’esposto sul “Corriere della Calabria” emerge un altro fatto inquietante. Appena insediatasi la giunta Rosi, alcuni uomini dei carabinieri si recarono in municipio per richiedere il certificato di rito di Zaffino. Da lì si risale alle parentele dei consiglieri. A riguardo, nell’esposto, lo stesso ex assessore specifica che il sindaco avrebbe “ordinato ad una dipendente dell’ufficio anagrafe di datare i documenti a prima del 25 agosto, data nella quale mio figlio sposava la figlia di Salvatore Vallelunga”.
SEPARATI IN CASA. Passano i mesi. Zaffino è fuori dalla giunta, ma rimane nel Pdl. Partecipa ai Consigli comunali, non prende mai la parola ma più di una volta vota a favore delle proposte della maggioranza. Si assenta giustificandosi quando in Consiglio si delibera un bilancio di previsione 2013 gonfiato da “strane” spese riconosciute come spese fuori bilancio.
SAGGEZZA. All’alba del 13 Novembre 2012, i Carabinieri del Comando di Reggio Calabria arrestano 39 persone nell’operazione “Saggezza” tra la Locride, Vibo Valentia, Cosenza e Como. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda. Tra gli arrestati c’è anche l’ex assessore comunale, attuale consigliere di maggioranza, Bruno Zaffino. Accusato di violenza privata aggravata dal metodo mafioso.
ACCESSO ANTIMAFIA. Tuona. La maggioranza minimizza, le parole sono di facciata: la Commissione d’accesso agli atti verrà accolta con serenità, l’arresto di Zaffino non ha nulla a che vedere con l’amministrazione comunale. Si cerca di mettere al riparo l’amministrazione cancellando Zaffino con un colpo di spugna. Il “mastro Bruno Zaffino” della campagna elettorale sembra lontanissimo, adesso. Così il film Rosi, che dura da poco più di un anno e mezzo, fila via come un treno senza fermate, dritto verso l’ultima stazione. Quella dello scioglimento anticipato.
I SIGILLI. La Prefettura, dopo l’arresto di Zaffino, non ha perso tempo. Il caso Serra era già sotto osservazione, ora è diventato priorità. Pochi giorni e si materializzano in municipio i commissari che dovranno indagare sull’amministrazione. Piove sul bagnato. Il sindaco ostenta una serenità fin troppo forzata. Mentre promette collaborazione eterna alla Commissione, i carabinieri cominciano ad entrare in ogni ufficio. Ci rimarranno per 3 mesi, forse 6. Hanno tempo per investigare, ma una cosa i commissari la fanno subito. Mandano a comprare lo scotch. Mettono i sigilli all’intero ufficio del Patto Territoriale. Tutto sotto chiave. Non è un mistero che il Patto sia stato gestito per anni dall’ex sindaco Lo Iacono. E’ altrettanto noto che proprio Bruno Zaffino è stato uno dei beneficiari dei finanziamenti. Forse a tremare non è solo il Pdl. Ad ogni modo, non c’è solo il “caso Zaffino”. In Procura pare ci siano anche altre risultanze investigative sull’amministrazione comunale. Sarà un inverno caldo.
EPILOGO. Il finale del film è ancora tutto da scrivere, ma la sensazione di essere comunque vicini ai titoli di coda è forte. Dopo il periodo commissariale, verrà stilata una relazione che la Prefettura invierà al Viminale. Poi si andrà in Consiglio dei ministri, dove verrà detta l’ultima parola sulle sorti del Comune. Nel 99% dei casi, com’è noto, il finale è sempre lo stesso, e non è lieto. Scioglimento e tutti a casa. Poi il limbo del commissariamento. Così paesi già moribondi si sgretolano, sprofondano sotto il peso di una democrazia malata, di una politica imputridita che lascia pagare ai cittadini le conseguenze delle proprie scelte dissennate. E tutto questo, purtroppo, non è un film.
Salvatore Albanese
Sergio Pelaia
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