Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
STILO (RC) - Inghiottita da una fitta vegetazione dalle parti di Ferdinandea, una sommità del gran bosco di Stilo, che fa da confine con le tre province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, dorme di un sonno millenario. Il leggendario e dimenticato “villaggio megalitico”. Un susseguirsi di “statue giganti” irregolari con simboli particolari, alcuni dei quali, forse, cuneiformi. Protetto dal suo sottobosco impenetrabile, è di fatto isolato. In pochissimi possono affermare di averlo visto. Arrivarci è un’impresa ardua. Nella stagione fredda diventa impossibile. Gli unici momenti favorevoli sono l’inizio della primavera, quando la flora non è ancora esuberante e la fine dell’estate, quando cioè il terreno è più facilmente leggibile. Non esiste una mulattiera percorribile: rovi e alberi intrecciati a mo’ di labirinto sbarrano più volte l'ascesa sul ripido versante e non è raro sentire sibilare le vipere. È un posto fuori dal tempo e non alla portata della semplice curiosità dei camminatori feriali. Ma è questo l’aspetto più affascinante, che attira l’attenzione e la curiosità. Un mondo nel mondo.
E ancor più sorprendente è il fatto che queste difficoltà non hanno fermato due giovani studiosi stilesi, Mario e Alfina Tassone. L’arduità del luogo non ha impedito la scoperta a questi due esperti subacquei, di fama internazionale, appassionati di storia locale e responsabili del Diving Center “Punta Stilo” (http://www.divingcenterpuntastilo.it), istituito circa vent’anni fa nella “Città del Sole” dell’illustre frate domenicano Tommaso Campanella. Qualche voce era giunta alle loro orecchie, ma ad incuriosirli sono state proprio le misteriose geometrie visibili tramite mappe, ricerche documentali e numeriche, programmi di immagini satellitari come Google Earth. E proprio tramite questi strumenti alla mano, Mario e Alfina hanno deciso di sfidare il bosco di Stilo con il dottor Giuseppe Oliva dell’Università della Calabria e con alcuni membri dell’associazione Misteryhunters tra cui i dottori Gioia Aurelio, Gerardo Coppola e Roberto Iera, avventurandosi tra boschi di castagno, lecci e faggi e rovi spinosi per poter mirare questo tesoro nascosto, al segreto dell’incontaminato bosco a cavallo tra le Serre e l’Aspromonte. Là, in cima, c’è la testimonianza probabilmente di un’antica presenza umana: un grande villaggio di pietre forse granitiche con evidenti tracce di quarzo, perfettamente evidenti. Esattamente sono tre le località tutte consecutive che devono essere oggetto di subitanei studi approfonditi. Lì vicino poi c’è anche una piattaforma di pietra semi sepolta con impressa una figura parallelepipeda, intensamente scolpita nella roccia. Una serie di simboli, incisi nelle pietra, potrebbe avvalorare la tesi di unità e continuità riguardo l’appartenenza a popolazioni simili o con una origine comune che li hanno realizzati. I simboli sono: la spirale, il rombo o losanga, i segni a coppella, il labirinto. In tutta le aree dove si conservano i resti dei complessi in pietra in genere, secondo alcuni studiosi, il terreno possiede degli “strani poteri”, in grado di influenzare il corso della vita delle piante, degli animali e degli uomini. Come, ad esempio, la crescita rapida e abbondante dei vegetali, la fecondità accertata di uomini e animali, una sorta di benessere psico-fisico delle persone a contatto con la pietra. Di sicuro, oltre ai primi uomini del neolitico, ed ai tagliatori di pietra (come si nota da tracce visibili), questo luogo potrebbe essere stato (o lo è ancora) punto di incontro di misteriosi raggruppamenti spirituali. «Non mi sento di dare una datazione o un’attribuzione a tutto ciò - spiega Mario Tassone -, ritengo sia necessaria un’attenzione particolare al sito da parte delle Università e della Soprintendenza. Ma l’idea che nel cuore del bosco si celi da decine di secoli un villaggio megalitico mi emoziona».
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