Domenica, 18 Aprile 2021 08:54

“Le ragioni della mafia”, il Sud “colonizzato” con l’Unità e l’ascesa della ‘ndrangheta

Scritto da Redazione
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«Una provocazione a pensare», un modo per sondare come la ‘ndrangheta abbia cominciato a presentarsi con il suo biglietto da visita di organizzazione criminale, capace di penetrare in profondità nel tessuto sociale, economico e politico della Calabria. A parlarne a “Detto tra noi” su Radio Serra, in seno alla rubrica dedicata ai libri, è stato lo storico della Scienza Francesco Barreca. Il suo consiglio di lettura questa volta è andato su “Le ragioni della mafia” libro che, come spiegato da Barreca, raccoglie degli articoli originariamente pubblicati sulla rivista “Quaderni calabresi” del 1977 e intitolato “mafia, stato, sottosviluppo”. 

«Francesco Tassone, – ha spiegato Barreca ai microfoni di Daniela Maiolo e Sergio Pelaia – fondatore e direttore di “Quaderni calabresi”, scriveva nell’introduzione che il libro voleva essere una provocazione a pensare. Quelli erano gli anni in cui la ‘ndrangheta cominciava a mostrarsi con il suo vero volto, cioè quello di un’organizzazione criminale capace di penetrare in profondità nel tessuto sociale, economico e politico della Calabria, e nel libro si cerca di illustrare le ragioni di questa capacità». 

Barreca racconta di come gli autori sostengano che siano stati i fattori storici, economici, politici e sociali a determinare l’ascesa della ‘ndrangheta. Fattori emersi in seguito all’Unità d’Italia che, sempre secondo gli autori, è stata un «fenomeno indirizzato e realizzato in funzione degli interessi della borghesia imprenditoriale del nord». Un’unificazione, dunque, che ha avuto più il sapore della «colonizzazione che ha finito col determinare un sottosviluppo all’interno del quale, come scrive Mariano Meligrana, la mafia, la ‘ndrangheta, rappresentano la proiezione culturale e lo sbocco organizzativo di una borghesia impedita nel proprio sviluppo, e che perciò trova canali extralegali per realizzare le proprie ambizioni imprenditoriali».

Le tesi sostenute in ragione della mafia sono, come si diceva, una provocazione a pensare, fatte oggetto di critiche e polemiche. «Tuttavia, quel che è interessante sottolineare – ha continuato Barreca – è che l’esperienza di “Quaderni calabresi” rappresentò un momento fondamentale nello sviluppo culturale della regione. Alla rivista contribuirono studiosi che oggi sono diventati figure di primo piano nel panorama culturale non solo calabrese: parlo di Francesco Faeta, Luigi Lombardi Satriani, Vito Teti, lo stesso Meligrana. Questi all’epoca erano giovani intellettuali che avvertivano acutamente l’urgenza di porre la questione meridionale su un piano economico/sociologico più che culturale e antropologico, e insistevano sulla necessità di rivolgersi al dato fattuale, concreto, materiale che determinava lo stato di subalternità del sud rispetto al nord». 

Dal punto di vista dello storico della Scienza, “Quaderni calabresi” fu dunque cruciale nel contribuire a una presa di coscienza collettiva, da parte degli intellettuali calabresi e non solo, e a una ridefinizione del problema del sud che andasse al di là degli stereotipi – tanto negativi quanto positivi – che dominavano il dibattito pubblico e l’azione politica.

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