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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Sarà senza dubbio gremita la Chiesa dell’Assunta in Cielo di Terravecchia questo pomeriggio alle 15, quando la cittadinanza porgerà l’ultimo mesto saluto al maestro Leonardo Tassone, storico costruttore e suonatore di zampogna “a chiave”, la regina delle Serre calabre. Leonardo si è spento a 74 anni, alle prime luci dell’alba di ieri, arrendendosi, ormai sfinito, al feroce male che lo ha divorato lentamente in quasi tre anni di malattia. Una malattia che aveva affrontato comunque con signorile lucidità, sempre pronto a vivere la quotidianità con la sua nota, disarmante spensieratezza.
Originario di Spadola, Leonardo “Lu Nigru” – appellativo ereditato dal padre Bruno – era uno dei membri della storica famiglia di suonatori e costruttori dei Tassone. Dove Bruno abbia appreso l’arte di costruttore non ci è dato saperlo ma la sua arte è arrivata fino ai monti innevati del Pollino, dove vendeva i suoi strumenti e diffondeva le “passate” tipiche delle Serre, non dimenticando di curare i rapporti anche con l’impervio Aspromonte, contaminando suonate e tecniche di costruzione. Bruno Tassone non è stato un semplice suonatore ma con la sua opera ha influenzato il modo di suonare e il modo di costruire la zampogna in Calabria e mastro Leonardo era il più grande dei suoi figli.
Il suo laboratorio, piccolo ma accogliente, porta i segni di una vita intera passata a ricavare dal duro legno di erica meravigliose zampogne e pipite. Leonardo cresce sotto la guida del padre, che lo avvia assieme a Michele, Nazzareno, Vito e Ciccio – quattro dei suoi quindici fratelli – all’arte della costruzione. Affina magistralmente poi la tecnica, negli anni, in quel laboratorio artigianale pieno zeppo di utensili, segreti e saperi secolari. Un laboratorio che era diventato per Leonardo un’oasi di pace, un luogo tranquillo dove ritirarsi per continuare a creare, ma soprattutto per distogliersi dall’atroce pensiero di quel male che lentamente lo scavava dall’interno.
Nonostante i dottori gli avessero raccomandato di non sottoporre cuore e polmoni a ulteriori sforzi e fatiche, da buon Maestro aveva continuato a dare fiato alla sua pipita fino all’ultimo dei suoi giorni, ricavandone come al solito una melodia raffinata. Un suono dolce e gradevole, in grado di addomesticare al meglio uno strumento dal suono squillante e appuntito com’è proprio la pipita. Capace di coinvolgere ed entusiasmare i molti giovani che si avvicinavano a lui per apprendere le grazie e i segreti di quella impareggiabile melodia.
Leonardo era un pozzo di sapere, non solo musicale. Un patrimonio di tutta la comunità. Un artista dal carattere spigoloso, ma dal cuore enorme, pronto ad ospitare ed accogliere tutti: studiosi, etnomusicologi, giornalisti, starlet del neo-tradizionalismo musicale e semplici curiosi che hanno negli anni bussato alla sua porta per carpire le grazie e i segreti di quella magica alchimia. Di quell’arte sopraffina – forgiata in una vita intera, con grande esperienza e passione – capace di trasformare un semplice pezzo di legno in uno strumento tanto unico quanto prezioso.
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