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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Anche quest’anno, come ogni 3 febbraio, Serra San Bruno commemora San Biagio Vescovo e Martire, vissuto tra il III ed il IV secolo, è venerato oggi sia dalla chiesa Cattolica, che da quella Ortodossa.
Vescovo, dunque, si ritiene, per il ruolo esercitato presso la comunità di Sebaste d’Armenia, quando nel 313 – sotto gli “Augusti” Costantino e Licinio, imperatori romani, rispettivamente, di Occidente ed Oriente - si concesse la libertà di culto ai cristiani. San Biagio, riportano alcune scritture, morì martire, però, intorno all’anno 316, quando le persecuzioni erano ormai terminate. L’arcano pare possa essere risolto solo facendo riferimento al fatto che, tra i due imperatori-cognati (Licinio aveva preso in sposa una sorella di Costantino) scoppiavano soventi dissidi, intervallati tra brevi tregue ed ancora nuove lotte. L’instabilità dei rapporti tra i due imperatori, che portava di volta in volta all’apertura di intermittenti persecuzioni locali e distruzioni di chiese, trovò risoluzione nel 325. Data in cui, per dissipare definitivamente la matassa, Costantino ordinò lo strangolamento di Licinio a Tessalonica (Salonicco).
San Biagio, medico, oltreché Vescovo nella sua città, venne fatto prigioniero dai Romani e morì proprio attorno al 316, quando – a culmine del processo inquisitorio – per essersi rifiutato di rinnegare la fede cristiana, fu straziato con i pettini di ferro che si usano per cardare la lana ed in seguito decapitato.
Non vi sono tante leggende inerenti alla vita del Santo, molti dei presunti miracoli attribuitigli sono soprattutto postumi. A Maratea nella Basilica di San Biagio vi è una palla di ferro sparata dai cannoni francesi durante l’assedio del dicembre 1806. La palla, inesplosa, sarebbe stata fermata dalla mano destra del Santo, le cui impronte rimasero ben visibili sulla superficie della stessa. In provincia di Frosinone, nel 1298, San Biagio fece apparire delle grosse fiamme sulla cittadina di Fiuggi – oggi nota per le terme – proprio mentre diversi eserciti erano in procinto di metterla sotto assedio. Le truppe pronte a fare irruzione nelle mura della città, dissuase dalle fiamme, fecero così dietro-front, convinte di essere già state anticipate da altri invasori. A Salemi, in provincia di Trapani, nel 1542, le preghiere indirizzate al Santo furono invece risolutive per la liberazione delle campagne invase dalle cavallette che ne avevano distrutto le coltivazioni.
Ma il ruolo più noto e rinomato di San Biagio rimane chiaramente quello di curatore dei mali della gola, tanto che a Serra San Bruno i fedeli, proprio nel giorno di commemorazione del Santo, arrivano in chiesa per farsela benedire. Il rito è connesso alla rievocazione storica del miracolo che vide protagonista San Biagio, capace di strappare dalle braccia della morte un fanciullo. Si racconta infatti che il Santo, di ritorno da un lungo viaggio, domandò asilo ad una famiglia di pescatori. Il giorno seguente, dopo aver ringraziato per l’ospitalità, si preparò ad andar via, ma fu proprio in quel momento che i padroni di casa invocarono il suo aiuto per riuscire a sottrarre il piccolo figlio dal pericolo di soffocamento, provocato da una lisca ingoiata dal fanciullo mentre stava mangiando del pesce. Ed è proprio in ricordo di tale avvenimento che i cittadini di Serra San Bruno – come quelli di molti altri centri - partecipano ogni anno, con devota puntualità, alla benedizione della gola, effettuata dal parroco che pone due candele, incrociate fra di loro, sotto al mento dei fedeli in presenza del simulacro del Santo protettore.
Ben più folcloristica è però la tradizione dell’abbaculu, un biscotto a base di mandorle, farina e zucchero, confezionato con la stessa pasta degli altrettanto famosi nzulli, di cui non è dato conoscere però gli ingredienti più segreti dell’ambita ricetta tradizionale. L’abbaculu, che rievoca la forma ad uncino del pastorale vescovile in mano al Santo, è un biscotto durissimo al tatto, ma che si scioglie subito in bocca. Preparato in casa dalle donne o da rinomate pasticcerie serresi, viene consacrato alla fine della solenne funzione religiosa e mangiato – per scongiurare il malaugurio – solo dopo la benedizione. Prima dello svolgimento della stessa celebrazione, anni or sono, molti allevatori o contadini, portavano animali e sementi per ricevere la benedizione del Santo, ma prima di introdurli in chiesa percorrevano il perimetro esterno della "Matrice" - intitolata proprio a San Biagio - per tre volte consecutive. Tre giri, quindi, tanti quanti, vuole la leggenda, i giri fatti su se stessa dalla testa mozzata del Santo al momento della sua decapitazione. Un’altra tradizione ormai in disuso racconta come ancora il gustosissimo abbaculu diveniva protagonista di un singolare rito pre-nuziale che vedeva la partecipazione di tutte le coppie del paese prossime al matrimonio. Il futuro marito si recava, infatti, alla casa della promessa sposa, portando in regalo alla sua bella il dolce. La reazione che quest’ultima aveva di fronte al dono, secondo la tradizione, segnava inesorabilmente le sorti dei due amanti e del loro matrimonio. Nei casi “a lieto fine”, la ragazza spezzava in due l’abbaculu, trattenendo per sé il cosiddetto manico e restituendo al fidanzato la corona.
Facendo riferimento ad un passo de “La Platea” – testo in cui i parroci che si sono alternati alla guida della "Matrice" hanno nel tempo riportato «i fatti più notevoli, svolti a Serra San Bruno dalle origini al 1913» - si intuisce vagamente quale possa essere il motivo originario che portò all’intitolazione della chiesa maggiore di Serra proprio a San Biagio: «Intorno poi al titolare della nostra chiesa ch'è S. Biagio Vescovo, e Mart.e si dice da qualche Antico Vicario della nostra Padria: essersi predicato da un Antico Vicario: Che venendo quì al di loro travaglio degli uomini, e passando per le vie della Lacina, ove vi era una Chìesetta diruta dedicata a S. Blasi, vi tolsero il quadro ivi inculto, che portarono nella di loro Chiesetta, ove non sappiamo se dalla publica divozione, o d'altro fu dichiarato Protettore e Patrono". Quindi, ben prima dell’800, quando la chiesa era ancora edificata in tavole di legno, si desume - secondo quanto riportato - che sarebbe stato un predicatore di ritorno dalla costa jonica, ad imbattersi – all’interno di una piccola chiesa dirupata – in un’icona del Santo e che lo stesso abbia poi condotto la sacra immagine proprio fino alla chiesa Matrice di Serra che appunto, per questo motivo, fu nominata in onore di San Biagio Vescovo e Martire.
Foto gentilmente concessa dalla Dolciaria Fiorindo 1909
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