Giovedì, 13 Agosto 2015 13:00

L'arte di Orlando Calvetta e la magia dell' 'asino di fuoco'

Scritto da Bruno Greco
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La “Notte incantata” di Soveria Mannelli, nel suggestivo luogo di contrada Colla, non ha goduto delle stelle cadenti a causa del cielo coperto. A rendere comunque magica l’atmosfera ci ha pensato il maestro Orlando Calvetta col suo “asino di fuoco” (conosciuto in gergo come lu ciùcciu). Il simulacro di un asino in cartapesta bardato di fuochi d’artificio ha chiuso martedì scorso i festeggiamenti della “Notte incantata”, seconda edizione di una festa caratterizzata quest’anno dal ballo itinerante dei giganti – curato dall’associazione culturale Il Brigante di Serra San Bruno – e dallo spettacolo musico-teatrale della cantastorie Francesca Prestia.

Nonostante la diffusione dell’immemore tradizione in gran parte del Sud Italia, lo spettacolo pirotecnico di lu ciùcciu mantiene un fascino sempre nuovo, che deriva anche dal professionista che lo allestisce al fine di dargli vita attraverso i fuochi e il ballo della tarantella. Protagonista indiscusso della piazza, e circondato da un cerchio di folla intrisa di curiosità e tensione, lu ciùcciu comincia la sua scoppiettante danza. La miccia accesa gli dà l’aria di un essere quasi diabolico che fa uscire fuoco colorato dal naso o dalla bocca. Dopo qualche minuto l’intera struttura si arricchisce di colori compresa la girandola in alto a tutto, che con le sue scintille sembra voler colpire il pubblico dei presenti pronto a muovere un passo indietro per far spazio al simulacro infuocato.


A Serra San Bruno la tradizione è da sempre legata alla festa di San Rocco e San Girolamo. Orlando Calvetta ha appreso l’arte pirotecnica dal nonno che a sua volta aveva imparato la professione di famiglia dal padre, nato a Bari e chiamato in Calabria dai borbone, durante il Regno delle Due Sicilie, per la produzione di esplosivi. «Lu ciùcciu – racconta Orlando – era già una tradizione consolidata al periodo dei borbone, quando mio nonno lavorava per i governatori del Regno delle Due Sicilie. Il simulacro dell’asino ha sempre rappresentato per noi il lavoro, esorcizzato col suo ballo durante la festa. Ma, data l’immemore tradizione, penso che lo stesso rappresenti altro da questo. L'asino, a differenza del significato spregiativo odierno, è stato sempre un animale saggio e simbolo del trionfo in antichità. Forse anche oggi, nello spettacolo pirotecnico, ha mantenuto per certi versi l'aspetto trionfale che vari popoli gli hanno attribuito in passato».

Orlando Calvetta comincia a dedicarsi alla creazione di esplosivi a carattere pirotecnico nella polveriera di famiglia negli anni 50. Proprio lì impara a costruire "l'asino di fuoco" che in quegli anni si faceva solo in canna e poi in cartapesta, struttura più consistente e duratura, grazie all'opera di alcuni artisti vibonesi.

«Negli anni 50-60, avevamo fino a 3-4 simulacri che utilizzavamo in occasione di varie feste. Se un evento era in contemporanea potevamo utilizzare lu ciùcciu che non era occupato. Si facevano anche delle gare per decretare chi avesse fatto la performance migliore, e ricordo che noi vincemmo una competizione per il creativo utilizzo del colore giallo nel nostro spettacolo pirotecnico».


Orlando, da buon comunista, sottolinea anche come i tempi siano cambiati e quanto questo lavoro abbia risentito dalla crisi che ha snaturato anche il senso della festa. «Sono notevolmente diminuiti i budget ed è difficile inserirsi nelle manifestazioni culturali che adesso danno priorità ad altro. Una volta il rischio era quello di non stare simpatico ai membri del comitato festa della Democrazia Cristiana, a causa del tuo credo politico... ma comunque si lavorava sempre».

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