Giovedì, 13 Agosto 2020 14:02

“Il figlio del mare”, il lungo viaggio (e il ritorno a casa) di Eliana Iorfida

Scritto da Redazione
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È stato presentato nel tardo pomeriggio di ieri in piazza Carmelo Tucci, a Serra San Bruno, “Il figlio del mare” (Pellegrini), nuovo romanzo della scrittrice serrese Eliana Iorfida. All’appuntamento, organizzato in collaborazione con la sezione locale della Pro Loco (nel pieno rispetto delle norme anti-Covid) hanno partecipato il giornalista Sergio Pelaia e l’archeologo Francesco Cuteri, mentre le letture sono state affidate alla conduttrice radiofonica Daniela Maiolo. 
L’introduzione è stata affidata al direttore del Vizzarro, che ha fornito l’input all’autrice serrese di “Sette paia di scarpe”, “Antar” e “La scatola dei ricordi” per parlare dell’opera che ha «rappresentato una sfida con se stessa e con la sua terra». Una Calabria «madre e matrigna» raccontata in un contesto in cui i protagonisti assumono anche una dimensione «politica» nella concezione più alta. Il tutto narrato con «delicatezza e profondità» tramite una «scrittura asciutta che consente al lettore di immergersi in diverse epoche, facendo dei salti temporali che però non danno ritmo alla narrazione ma non interrompono il filo unico della storia, quasi fosse un lungo piano sequenza con immagini rese con rara potenza descrittiva».
Dal canto suo, l’archeologa e scrittrice serrese ha spiegato che «“Il figlio del mare” è una storia che la inseguiva da sempre, in un percorso fisico partito dalla Siria e più in generale dal Mediterraneo». Quel Mediterraneo che adesso diviene sempre più protagonista per avere nello Jonio – che dà il nome anche al protagonista – un portatore di sventure ma anche di gioie. «Il tema del viaggio – ha continuato Iorfida – dell’appartenenza, del ritorno a casa continua a essere presente dentro di me. Il legame con la mia terra c’è sempre stato anche quando ho scritto di quelle terre che prima ci accolgono e poi ci respingono, affini alla Calabria, al Mediterraneo e a tutti i Sud del mondo».
Per l’archeologo (di origini serresi) Francesco Cuteri, «la potenza narrativa» di Eliana Iorfida ha carattere inferenziale in quanto «fa intravedere nuovi potenziali racconti che sembrano uscire da quelle pagine». Cuteri ha inoltre rimarcato le peculiarità del libro tra cui l’espediente dei rimandi alla tragedia greca nella struttura del romanzo, il vissuto dei personaggi alla stregua dei protagonisti dei miti greci, il percorso nel solco del passato e la descrizione di una  «Calabria abituata a puntare il dito contro chi la racconta piuttosto che nei confronti di chi quelle ferite le ha create». Un’opera tanto cara a Cuteri per via anche di una «congiuntura astrale» che l’archeologo ci ha tenuto a sottolineare: «Quando ho ricevuto il libro di Eliana – ha raccontato – stavo scrivendo degli appunti sulle violenze inflitte da Poseidon. Il prologo del libro mi ha completamente spiazzato nel momento in cui ho scoperto la storia di violenza arrivata proprio dal mare».
LA TRAMA - L’alba sullo Ionio calabrese sorprende Bianca in spiaggia. La ragazzina si è addormentata vergine per risvegliarsi, violata, in uno scenario surreale. È stata un’onda a deporle in grembo la perla di una nuova vita? Quel figlio della marea sarà per tutti Jo, pronunciato all’americana da chi non conosce il vero nome del bambino, lo stesso del mare che sembra averlo generato. Sarà un viaggio di ritorno in Calabria, a trent’anni di distanza da quel mattino, a svelare i segreti di una vita trascorsa lontano, nell’oblio. Un viaggio nella memoria, che attraversa l’Italia e il dolore di un bambino divenuto adulto troppo in fretta. Un tuffo nel passato, tra le braccia di una terra che sa essere madre e matrigna; dove la vita resiste, chiama nuova vita e combatte, tenace come le ginestre piegate dal grecale. La terra delle origini narrata come archetipo di se stessa, “luogo non-luogo”, spazio geografico e immaginifico. Una storia declinata secondo l’impalcatura della tragedia greca, dove la prosa dei capitoli intreccia la lirica degli interventi corali.
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