Sabato, 25 Aprile 2015 10:44

I calabresi e la Liberazione. La storia di Carmine Fusca

Scritto da Bruno Greco
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«Sì, Gianni Agnelli. Lo coprimmo per diverso tempo. Poi un giorno ci trovammo col comandante Maffiodo a casa sua, dinanzi a lui. Era un galantuomo, una persona squisita. Ci fece il caffè con le sue mani! Mi sembrò una cosa strana vedere un uomo come lui alle prese con una macchinetta del caffè, nonostante fosse circondato da diversi uomini del suo personale di servizio».

Così “zio Carmine” (classe 1923), come tutti amano chiamarlo – partigiano vivente di San Nicola de Legistis, frazione di Limbadi – ricorda il suo incontro con Gianni Agnelli durante i giorni della Resistenza. Alla stregua degli altri “sbandati”, anche Carmine Fusca dopo l’Armistizio di Cassibile (8 settembre 1943) si trovò come pedina errante sulla disorientata scacchiera fascista. Lui, assieme a tanti altri obbligati a indossare la “camicia nera” senza possibilità di scelta, nel gennaio del 1943 entrò a far parte del 228° reggimento fanteria, prendendo servizio dapprima nella città di Milano, poi a Varese e infine ad Albenga.

Dopo l’arrivo degli Alleati, le scelte per Fusca erano due: rientrare nell’esercito dei repubblichini di Salò o combattere definitivamente quel sistema, allontanandosi dall’esercito ricostituito. La scelta dello “Zio Carmine” fu quella di diventare partigiano nonostante il Bando Graziani prevedesse la pena di morte per disertori e renitenti. Ma i partigiani non sembrarono affatto impauriti da questo, basti pensare che nella storicamente “rossa” Emilia Romagna ad esempio, solo 1656 su 9188 giovani risposero alla chiamata, arruolandosi nel costituendo esercito della Repubblica Sociale Italiana. Il partigiano Carmine fece la sua nobile scelta in Val di Susa, dove decise di appoggiare la causa della Resistenza. Assieme a lui molti altri furono i calabresi (e meridionali) che contribuirono alla liberazione. Perché, nonostante la geografia dei luoghi faccia della Resistenza un evento storico ascrivile al solo Nord Italia, anche il Sud ebbe il suo ruolo determinante. Come si chiede il professore nonché presidente dell’Icsaic (Istituto calabrese per la storia dell’Antifascismo e dell’Italia contemporanea) Pantaleone Sergi, «nel 1943 Sud e Nord furono davvero mondi così diversi? O c’è, invece, come a noi sembra evidente, una paternità meridionale della futura democrazia partorita con la lotta di liberazione, lotta che ebbe come teatro le regioni centro-settentrionali?». È vero che il Sud, dopo lo Sbarco in Sicilia (10 luglio 1943) fu liberato («da un padrone per entrare nelle mani di un altro» sostiene ironicamente il professore Sergi), ma nonostante questo i meridionali non furono affatto estranei al processo di liberazione dal nazifascismo. Se si prende come esempio la sola regione Piemonte, secondo una ricerca dell’Istituto regionale per la Storia della Resistenza, sono 917 i calabresi che compaiono tra le liste delle formazioni partigiane. Tra questi, anche il vibonese Carmine Fusca.

Lo “Zio Carmine”, come membro della 17° Brigata Garibaldi (divenuta “Felice Cima” sotto il comando di Alessio Maffiodo) ricorda costantemente la battaglia del 26 giugno 1944, ossia l’attacco coordinato con le formazioni della Val di Lanzo, della Val Chisone e con le formazioni Autonome della Val Sangone (quest’ultime dopo un terribile rastrellamento subìto nel maggio del 44 si erano unificate, il 12 giugno, nella Brigata Autonoma Val Sangone comandata dal calabrese Giulio Nicoletta) per accerchiare i tedeschi tra i comuni di Rivoli, Alpignano e Grugliasco. In quel caso, sfortunatamente 26 partigiani furono trucidati dai nazisti, evento ancora oggi ricordato come l’eccidio del Colle del Lys. Fusca racconta che in quell’occasione anche lui rischiò di perdere la vita, più volte sotto il mirino del nemico. Oggi, raccontando la storia del partigiano Carmine, ricordiamo tutti coloro che hanno contribuito alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo.

 

Nelle foto:

a partire dall'alto, il partigiano Carmine che brandisce un coltello, Carmine Fusca a Limbadi davanti al monumento dei caduti, la scheda dell'Istituto piemontese per la storia della Resistenza 

Fonti:

Giuseppe Curcio, Nome di battaglia Carmine. Un partigiano calabrese in Val di Susa, Icsaic

Pantaleone Sergi, La Calabria dopo l’8 settembre, tra ripresa e dinamiche conservatrici, Icsaic

 

 

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