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Rubrica libri di “Detto tra noi” affidata ancora una volta al responsabile comunicazione di Rubbettino Antonio Cavallaro. Ai microfoni di Radio Serra un nuovo consiglio di lettura che invita ad andare in fondo alle cose per non restare impantanati nel giudizio che, spesso, ci attende in superficie. Nel suo intervento, Cavallaro ha invitato gli ascoltatori alla lettura di “Gesù non fu ucciso dagli ebrei. Le radici cristiane dell’antisemitismo”, scritto da Jon Sweeney ed edito da “Terra Santa”. «Un libro – ha cominciato Cavallaro – che mette il dito in una piaga che nei secoli si è fatta sempre più sanguinante, ossia la responsabilità degli ebrei nella morte di Cristo». Una responsabilità che, stando al racconto di Cavallaro, riemerge durante la Settimana Santa, dopo aver trovato forti radici nel Medioevo con la predicazione degli ordini militanti relativi alla Passione. «Gli ebrei – ha detto ancora Cavallaro – hanno occupato sempre un posto scomodo e addirittura nel periodo preconciliare c’era un momento, durante la Passione, in cui si pregava per i “perfidi giudei”, anche se la traduzione reale sarebbe “per coloro che non hanno creduto”. Il libro ci aiuta a comprendere il contrario, ossia che Gesù non è stato ucciso dagli ebrei. Tra l’altro lui era un ebreo e le persone presenti al momento della crocifissione anche, compresa sua madre, Giovanni l’apostolo e Nicodemo, membro autorevole del sinedrio».
Per Cavallaro, appassionato di cultura ebraica, il pregiudizio sarebbe figlio oltre che della traduzione anche del contesto odierno che non rende conto della diatriba tra Cristo e suoi “fratelli” ebrei: «Quando nei Vangeli appaiono i farisei che traggono in inganno Gesù l’errore che facciamo è decontestualizzare quegli avvenimenti. Chi conosce la cultura ebraica sa che una delle chiavi del suo insegnamento è la discussione. Non ci sono persone che traggono in inganno Gesù ma ebrei che discutono con altri ebrei». L’attenta analisi di Cavallaro ribalta completamente “l’inganno” attribuito ai farisei con il “confronto” sul piano dialettico, tanto caro alla cultura ebraica. Lo strumento retorico per colpire l’avversario è dunque una via per raggiungere la verità attraverso il confronto e quando si fa “scontro” non è per nulla diverso dalle consuete liti familiari che anche oggi fanno da corollario alla vita di tutti noi. «Il libro – ha detto infine Cavallaro – ci fa comprendere concetti fondamentali. Se dimentichiamo le radici di Gesù contribuiamo anche a una visione distorta del Cristianesimo».
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