Martedì, 04 Ottobre 2016 09:13

A Lamezia il convegno sulla Fabbrica d'armi di Mongiana

Scritto da Redazione
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Si è svolto sabato scorso, 1 ottobre, il convegno sull'armeria di Mongiana dal titolo “Sapevi che questo fucile è stato prodotto oltre 150 anni fa in Calabria, nella fabbrica d'armi di Mongiana? Vieni a vederlo e conoscerne la storia!”, organizzato dall’associazione Osservatorio delle Due Sicilie di Lamezia Terme.

L’evento, patrocinato dai Comuni di Lamezia Terme, Mongiana e Motta Santa Lucia, ha visto i tre sindaci dei rispettivi enti (Paolo Mascaro, Bruno Iorfida e Amedeo Colacino) unitamente all’assessore alla Cultura, Graziella Astorino, salutare tale evento come un importante momento di crescita e di arricchimento culturale riconoscendo all’associazione “Osservatorio delle Due Sicilie” questo importante ruolo di rivisitazione e “osservazione” storica fuori dalla retorica neoborbonica e antisabauda.

L’evento è stato arricchito dalla presenza in sala di un esemplare di fucile prodotto nella fabbrica di Mongiana ed in possesso di un collezionista lametino. L’esemplare è stato custodito in una teca realizzata gratuitamente dall’artigiano Vincenzo Careri.

Altro elemento a cornice della manifestazione è stato la realizzazione di due divise da soldato del Real Esercito delle Due Sicilie, confezionate con entusiasmo e senso di partecipazione dalla stilista identitaria, anche lei di Lamezia, Graziella Curcio, arricchita dalla cintura realizzata a rilievo dall’artigiano Gianbattista Cittadino, a dimostrazione di quanto l’interesse per l’argomento e soprattutto il desiderio di collaborare alla conoscenza sia condiviso da molti.

Nella relazione introduttiva il presidente dell’associazione, Alessandro Malerba, ha ringraziato quanti hanno lavorato alla realizzazione dell’evento stesso, illustrando la rassegna culturale “Onda Meridiana”, nella quale è inserito l’evento di sabato sera, e spiegando infine le motivazioni che inducono l’associazione stessa a impegnarsi in tali iniziative, legate alle condizioni del mezzogiorno il cui sviluppo «si è arrestato da oltre 155 anni e la cui situazione, in relazione a quella del resto del paese – ha spiegato Malerba - peggiora sempre più, aumentando un divario che arriverà ad un punto di non ritorno». La strada per il riscatto, dunque, «è quella di riacquistare l'identità culturale e la consapevolezza, da parte nostra e dei nostri figli, di ciò che siamo stati e ponendoci in una situazione di non sudditanza rispetto ad altre zone del paese, esigendo quindi gli stessi diritti all’istruzione, a poterci muovere, a poter essere curati e, ma non per ultimo, a non essere più appellati come appartenenti ad una terra diventata ormai punto cardinale, il Sud».

La parola è passata quindi subito ai sindaci. Il primo ad intervenire è stato Amedeo Colacino, che ha elogiato il lavoro svolto dall’associazione, condividendo molte delle iniziative intraprese

Il sindaco di Lamezia Paolo Mascaro è stato introdotto ricordando il suo valido contributo alla rimozione della targa di Cialdini nel quartiere di Sambiase e l'intitolazione ad Angelina Romano, la bambina di 9 anni fucilata dai piemontesi con l’accusa di essere una brigantessa. Nel suo intervento ha ricordato come il fatto di «riscoprire le radici storiche del passato sono anche opportunità per un rilancio dei territori nel contesto del turismo» sottolineando che l’amministrazione di Lamezia dimostra «molta attenzione alla promozione di questi eventi».

A prendere la parola anche l’assessore alla Cultura di Lamezia, Graziella Astorino che ha già avuto modo di esternare il suo apprezzamento per il lavoro dell’associazione e la disponibilità a sostenere altre iniziative di questo livello lanciando anche la proposta di «rendere più attuale e “produttiva” l’attività del mezzogiorno», interrogandosi sulle ragioni del fallimento dello sviluppo industriale.

Una risposta è stata data dalla moderatrice dell’incontro, Rosella Cerra, secondo la quale «lo sviluppo che necessita il Sud è quello culturale legato alle nostre origini ed alla nostra storia reale». A seguire l'intervento del professore Danilo Franco, il quale è entrato nel vivo della descrizione di quello che fu la realtà di Mongiana dalle sue origini e di quello che oggi rappresenta come realtà in veloce sviluppo culturale e turistico.

Franco, con l’ausilio di alcune slide, ha illustrato da un lato quello che può definirsi come un “cantiere in rapida evoluzione” e, dall'altro, le caratteristiche non solo di Mongiana, sito delle miniere borboniche, ma anche di tutta l’area dello Stilaro e degli altri comuni su di essa gravitanti. E lo fa mostrando, su elementi di cartografia storica, le localizzazioni delle ferriere di Bivongi, Spadola, Pazzano e soffermandosi su una planimetria d’epoca, ad illustrare l’organizzazione di quello che, conosciuto ora come centro abitato di Mongiana, due secoli fa era un villaggio operaio nato attorno alla fonderia e alla fabbrica d’armi, ma che comprendeva anche le case di comandante, commissario e capitano, nonché la casa dell’amministrazione e finanche le case degli operai, realizzate non con particolari caratteri architettonici ma funzionali alla loro destinazione.

Lo stesso professore fa notare come la struttura insediativa del centro abitato del piccolo comune sia rimasta praticamente invariata rispetto alla sua originaria conformazione, ciò nonostante il prospetto della fabbrica d’armi, a causa di un discutibile restauro negli anni passati, sia variato rispetto a quello originario, del quale, fortunatamente, rimangono le fotografie.

Franco prosegue l’intervento illustrando al pubblico la produzione della fabbrica comprendente else per spade, le bellissime colonne doriche in ghisa dell’ingresso, busti di Re Ferdinando II che si usava tenere in ogni comune e conclude l’intervento mostrando i resti dei 3 altiforni e presentando, tra lo stupore generale, ciò che è un progetto dell’amministrazione e dello storico gruppo di studio su Mongiana: la ricostruzione fedele, a scopo didattico, di un altoforno dello stesso tipo di quelli dei quali sono presenti i ruderi all’interno dei resti della fonderia.

Infine ha ripreso la parola il sindaco di Mongiana Bruno Iorfida, il quale ha avuto di recente un alto riconoscimento da parte della principessa Beatrice di Borbone delle Due Sicilie, Gran Prefetto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, sorella del principe Carlo di Borbone, la quale in visita il 24 settembre, in occasione della apertura del Museo della Fabbrica d'Armi (MuFAr), ha consegnato una medaglia d’oro di benemerenza al Comune di Mongiana come riconoscimento per i suoi particolari meriti. Iorfida inizia illustrando due filmati realizzati a scopi promozionali: il primo riguardante il neo museo del MuFAr ed il secondo dal titolo “Mongiana, una esperienza da vivere”. Il primo cittadino ha informato, inoltre, la platea sul fatto che esiste anche un'applicazione scaricabile che aiuta il visitatore “virtuale” nella conoscenza dell'infinita opportunità culturale, storica e naturalistica che il posto offre, stimolando quindi la conoscenza diretta e la visita al museo appena aperto, costituito sia da una parte coperta nella struttura che tutti conosciamo, ma anche dalla vasta area a cielo aperto che offre oggi ulteriori elementi, oggetto ancora di scavi, da poco aperti.

Nelle conclusioni il segretario Salvatore Cittadino ha affermato che «vanno meglio inquadrate le ragioni della caduta del Regno delle Due Sicilie, che non sono da ricercarsi nella sola questione economica ma affondano le radici nel processo di de-Cristianizzazione dell’Europa, iniziato dalla caduta del medioevo e sfociata nell’apoteosi illuministica, e nella sua radice violenta della rivoluzione francese».

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