«Vi scrivo per segnalare una situazione alquanto paradossale e per denunciare quella che all’apparenza sembra una perfetta organizzazione, come spesso vantata dai vertici della Regione Calabria, circa il rientro di persone provenienti da altre regioni durante la pandemia». Inizia così la segnalazione fattaci pervenire da un nostro lettore, che, come diversi altri rientrati in Calabria in questi ultimi giorni, avrebbe riscontrato non pochi problemi rispetto alle dinamiche utili al “censimento” in atto.
«Mi sono registrato sul portale della Regione Calabria – spiega il nostro lettore – e ho chiamato più volte il numero verde per avere informazioni circa il mio spostamento da Roma a Serra San Bruno, per assistere i miei genitori anziani e in particolare mio padre che ha bisogno di assistenza costante. Dopo oltre due mesi di isolamento nella mia casa romana e dopo aver prodotto la certificazione necessaria ho avuto parere favorevole e così, martedì 12 maggio, sono arrivato a Lamezia, dove ho effettuato tutti i controlli del caso e ho chiesto di poter fare il tampone per il Covid. Tutto è filato liscio – prosegue la lettera – e devo dire che ho anche elogiato l’efficienza, la serietà e la prontezza di tutti gli operatori presenti sul posto. Mi hanno assicurato che entro le 48 ore successive avrei avuto notizie sull’esito del tampone, anche perché mi sono spostato per fare assistenza ad una persona in condizioni di salute delicate, e quindi volevo esser certo, innanzitutto, di non portare alcuna malattia né a casa, in famiglia, né chiaramente nell’intero paese».
Ma, una volta rientrato a casa il nostro lettore, avrebbe iniziato a scontrarsi con le prime “falle” del sistema. «Passate le 48 ore – continua la lettera – nessuno si è fatto sentire; ho richiamato più volte il numero verde della Regione e ogni operatore, ad ogni contatto, mi dava risposte diverse. Alcuni di loro mi dicevano che dovevo aspettare il risultato e restare chiuso in casa in quarantena, altri invece mi dicevano che per ordinanza regionale, a mio avviso assolutamente poco chiara, potevo addirittura circolare in libertà, considerato che sono rientrato in Calabria per assistere una persona ammalata. Altri operatori ancora mi hanno detto che avrei ricevuto una notifica dell’esito del test solo in caso di positività del tampone. Altri, infine, mi hanno detto che dovevo comunque aspettare una notifica per terminare la quarantena. Insomma, versioni del tutto diverse e contrastanti – continua ancora il nostro lettore –, il tutto in un’organizzazione che mi duole definire penosa. L’unico elemento comune emerso in tutte le chiamate effettuate al numero verde regionale, quello attinente al fatto che l’esito del tampone sarebbe arrivato dal Dipartimento di Prevenzione di Vibo che avrei potuto contattare anche io telefonicamente. Ma sia il numero di cellulare che il numero fisso indicatomi per tale esigenza, risultano sempre staccati o occupati. Ho deciso, allora di inviare una pec, ma non ho avuto risposta neanche a quella».
Un episodio paradossale, sicuramente non l’unico in Calabria, ma che rende l’idea di quale sia la qualità dell’organizzazione messa in campo per il rientro anche provvisorio dei nostri conterranei che si trovavano fuori regione. A ciò bisogno aggiungere che proprio nell’ordinanza del 9 maggio scorso, viene indicato: «Sono consentiti gli spostamenti per l’assistenza a persone non autonome, ivi comprese quelle per le quali occorre prestare assistenza ai sensi della L. n. 104/92 e s.i.m., in quanto rientranti nei motivi di salute, nonché delle persone affette da disturbi dello spettro autistico e dei relativi accompagnatori».
In queste ultime ore, ci ha fatto sapere ancora il nostro lettore, che è stato raggiunto al domicilio attuale dalla Polizia locale di Serra San Bruno, che gli ha notificato «un’ordinanza di quarantena, che parte in automatico, visto che non si ha ancora l’esito del tampone. Una gestione che fa acqua da tutte le parti».