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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
I militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Vibo Valentia, quelli del Ros e del Comando provinciale dei carabinieri di Catanzaro hanno proceduto stamattina all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale di Catanzaro su richiesta della locale Procura distrettuale antimafia, nei confronti di 9 indagati, alcuni dei quali legati al clan Mancuso di Limbadi, ritenuti responsabili a vario titolo di abuso d’ufficio, falsità ideologica, turbata libertà degli incanti, corruzione, peculato, estorsione violenza e minaccia a pubblico ufficiale aggravata dal metodo mafioso.
I 230MILA EURO SUL CONTO DI SALERNO
L’intervento ha interessato la Calabria, il Lazio, la Toscana ed il Veneto, e ha previsto la contestuale esecuzione di un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 2 milioni di euro e l’interdizione dall’attività a carico di una società operante nel settore finanziario. I provvedimenti scaturiscono da un’articolata manovra investigativa congiunta e coordinata dalla Procura di Catanzaro, che ha consentito di documentare l’esistenza di un «comitato d’affari» composto da esponenti politici, imprenditori, amministratori pubblici e affiliati alla ‘ndrangheta costituito allo scopo di gestire le risorse del progetto regionale “credito sociale” finanziato con fondi della Comunità europea, finalizzati all’erogazione di micro-crediti a favore di nuclei familiari in difficoltà economiche. L’indagine ha raccolto consistenti elementi probatori a carico di Nazzareno Salerno, all’epoca dei fatti assessore al Lavoro e alle Politiche sociali della Regione Calabria, oggi consigliere regionale di minoranza, al quale sono contestati i reati di abuso d’ufficio, turbativa d’asta, corruzione e minaccia a pubblico ufficiale aggravata dal metodo mafioso. In particolare Salerno, nel quadro del più ampio progetto criminoso, esercitava una pressione continua nei confronti di dirigenti preposti al proprio assessorato, al fine di imporre le sue scelte che gli avrebbero garantito ampia discrezionalità nella gestione del progetto credito sociale e dei relativi fondi comunitari. Con la complicità di Vincenzo Caserta - all’epoca direttore generale reggente del dipartimento di riferimento dell’assessorato - e di Pasqualino Ruberto - all’epoca presidente della fondazione Calabria etica - affidava la gestione “economica” e “finanziaria” del fondo, cioè l’attività di erogazione dei sussidi in questione, ad un soggetto esterno, individuato nella società finanziaria Cooperfin s.p.a., di cui era amministratore delegato l’indagato Ortensio Marano. Gli accertamenti bancari svolti hanno consentito di tracciare il corrispettivo in denaro percepito da Salerno per l’esternalizzazione del servizio di erogazione dei mini-crediti, in base a un accordo corruttivo in virtù del quale l’affidamento alla società Cooperfin sarebbe avvenuto in cambio di una somma di circa 230mila euro.
L’INTIMIDAZIONE AL DIRIGENTE REGIONALE
Le indagini hanno documentato l’intimidazione organizzata da Salerno nei confronti di un funzionario della Regione che si era opposto alle sue pretese ostacolando l’iter amministrativo e andando contro il complessivo progetto criminoso. A tal fine il consigliere regionale si sarebbe rivolto a due pregiudicati notoriamente indicati come riferibili alla cosca Mancuso, che minacciavano il funzionario nel corso di un incontro svoltosi all’interno di un vivaio documentato dai carabinieri del Ros, il quale era costretto in seguito a desistere e consentire lo svolgimento delle operazioni di gestione del progetto secondo i voleri di Salerno e del comitato affaristico/criminale, affidando la procedura per assegnare il servizio di esternalizzazione a Vincenzo Caserta, dirigente regionale longa manus dell’ex assessore regionale, che affidava la gestione dello strumento di ingegneria finanziaria alla fondazione Calabria etica (in realtà priva di competenze e dei requisiti per la gestione di uno strumento finanziario di microcredito). La fondazione, sotto la guida di Ruberto, altro uomo “in affari” con Salerno, nel giro di appena 8 giorni provvedeva ad assegnare il servizio alla Cooperfin s.p.a.. Gli accertamenti bancari svolti dalla Guardia di finanza hanno consentito di documentare come la società aggiudicatrice, sotto la guida del suo rappresentante legale Ortensio Marano, si appropriava di ben 1,9 milioni di euro di fondi pubblici di matrice comunitaria, tra cui somme che venivano versate su conti correnti di Nazzareno Salerno per un importo complessivo di 230 mila euro. I residui fondi messi a disposizione dalla Regione venivano gestiti dalla Cooperfin, mediante riversamenti su propri conti correnti intestati principalmente ad una società partecipata (M&M management), per effettuare prestiti cambializzati nell’ambito della sua normale attività di finanziaria. In più, la quota di circa 800 mila euro ancora giacente sul conto corrente dedicato, veniva “investita” in Svizzera, con la causale “progetto giubilare” in capo ad una società sulla quale sono ancora in corso accertamenti. Tale operazione veniva condotta con la consapevolezza della provenienza pubblica del denaro utilizzato, unitamente a due soggetti già “attivi” nel mercato finanziario illecito.
IL COGNATO DEL BOSS ASSUNTO A CALABRIA ETICA
L’intero progetto criminoso è stato avallato e reso possibile dall’intervento di chiara matrice intimidatoria di soggetti riferibili ai Mancuso (gli arrestati Gianfranco Ferrante e Vincenzo Spasari), intervento resosi indispensabile e eseguito al momento giusto per il raggiungimento del programma criminoso ideato dal comitato d‘affari nel quale ogni componente ha contribuito secondo le proprie competenze e specialità che, nel caso della famiglia Mancuso, sono l’esercizio delle classiche metodologie mafiose di minaccia e intimidazione. Per tale determinante intervento il clan riceverà in cambio una serie indiscriminata di assunzioni presso l’ente regionale Calabria etica, una delle quali in favore di un cognato dello stesso capo cosca Luigi Mancuso.
L’APPOGGIO DEI CLAN VALLELUNGA E LO BIANCO PER LE REGIONALI
Sempre Salerno, infine, secondo la Dda di Catanzaro avrebbe chiesto appoggio elettorale ai clan Vallelunga di Serra San Bruno e Lo Bianco di Vibo Valentia. Per tale motivo, dovrà rispondere dell’accusa di voto di scambio insieme con Andrea Mantella, in passato esponente di spicco del clan Lo Bianco e oggi collaboratore di giustizia. Salerno, attraverso il defunto boss Damiano Vallelunga, ucciso il 27 settembre 2009 a Riace, avrebbe chiesto voti a Mantella in occasione delle elezioni regionali del 2010 che l'hanno visto eletto consigliere regionale per poi diventare assessore regionale al Lavoro.
A tal proposito si legge nelle carte dell’inchiesta: «Di seguito ad un accordo suggellato per il tramite di Damiano Vallelunga, Salerno Nazzareno, chiedeva appoggio elettorale alla famiglia mafiosa dei Lobianco ed ai vari clan ad esso federati, in relazione alle consultazioni per il rinnovo del consiglio regionale della Calabria del marzo 2010, alle quali si era candidato (e ove veniva, effettivamente, eletto). In particolare, Salerno prometteva danaro ed altre utilità (in particolare, posti di lavoro ed adozioni di provvedimenti rientranti nella sua sfera di competenza) a personaggi della criminalità organizzata legati o comunque, vicini, al predetto Vallelunga (per il cui tramite avveniva l’accordo), fra cui la famiglia Lobianco, di cui Mantella Andrea era esponente di spicco in quanto parte della “società maggiore”. Ed effettivamente, riceveva, tra gli altri, il sostegno di Mantella Andrea che, tramite i suoi adepti, gli procurava i voti avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p., facendo leva sulla forza intimidatrice connessa alla vicinanza alla famiglia Lobianco, federata alla cosca Mancuso di Limbadi ed al fine di favorire l’interesse della cosca e far accresce il potere della consorteria. In Catanzaro e Vibo Valentia, in data anteriore e prossima al 27 settembre 2009 e fino al 29 marzo 2010, data delle consultazioni elettorali».
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