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Emergono nuovi importanti particolari sulla vicenda relativa alla scomparsa di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello svanita nel nulla il 6 maggio 2016. A renderli noti, su Facebook, è stato l’avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia Chindamo.
«Dall'attività di ricostruzione dei fatti - ha scritto il legale - sta emergendo che la mattina del 6 maggio 2016, giorno dell'omicidio, una Golf grigio chiara con a bordo il solo conducente, con il tettuccio apribile, i cerchi in lega, un’ammaccatura sul parafango anteriore sinistro e con la targa poco decifrabile, con ogni probabilità avrebbe avuto il compito di "intercettare, osservare e segnalare" gli spostamenti di Maria nel percorso verso la sua tenuta. A partire dalle 6.43-44, infatti, le telecamere di sorveglianza posizionate presso il distributore Tamoil di Laureana, hanno registrato il passaggio di una Golf che, con un’andatura costante e circolare, ha effettuato fino alle 6.58.28, ben dieci transiti, a salire e a scendere, intorno al distributore. Il veicolo in parola, sempre nello stesso orario, appena ha riconosciuto la Dacia Duster di Maria, ha iniziato a seguirla a velocità sostenuta e da allora però non ha transitato più nei pressi della Tamoil».
A giudizio dell’avvocato, «si tratta, con evidenza, di un elemento di fondamentale importanza per la comprensione degli eventi ed è per questo che, pur consapevoli delle oggettive difficoltà, non ci arrendiamo nella ricerca della verità, chiedendo l'aiuto a chiunque sia a conoscenza di elementi utili, perché Maria e la sua famiglia meritano giustizia».
Dell’imprenditrice si persero le tracce il giorno dell’anniversario del suicidio del marito Ferdinando Punturiero, il quale non avrebbe sopportato la fine del loro matrimonio. Per questo motivo, i sospetti inizialmente si sono concentrati proprio sui rapporti tra le due famiglie, al punto che la Procura di Vibo dispose una serie di perquisizioni e sequestri nella tenuta dei cognati della donna. Dalle indagini, però, non è emerso alcun particolare.
L'11 luglio di un anno fa, inoltre, i carabinieri hanno arrestato per concorso in omicidio Salvatore Ascone, 53 anni, di Limbadi, detto “U Pinnularo”, con precedenti per armi e ritenuto dagli inquirenti legato al clan Mancuso, proprietario di una villetta di campagna posta dinanzi al cancello di entrata della tenuta agricola da dove è scomparsa la donna che, a giudizio degli inquirenti, sarebbe stata uccisa. L'uomo, però, dopo circa due settimane è stato scarcerato. Insieme a lui era stato indagato anche un operaio romeno.
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