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«La fornitura di calcestruzzo per l'edificazione della Fondazione di Paravati della mistica Natuzza Evolo fu voluta dal boss Pantalone Mancuso di Limbadi». A metterlo nero su bianco è Maria Rosaria Di Girolamo, gup di Catanzaro, nelle oltre novecento pagine, depositate di recente, delle motivazioni della sentenza in abbreviato del processo "Black money".
L’inchiesta vede coinvolti elementi di spicco del clan Mancuso, egemone nel territorio del Vibonese, ed il cui verdetto fu emesso a fine luglio 2014, con una sentenza che andò a sancire per la prima volta l'ingerenza del potente clan nei lavori di realizzazione del centro religioso “San Francesco di Paola” sito nel territorio di Paravati, frazione di Mileto. «In particolare – spiega un lancio dell’Agi di Vibo – la sentenza sottolinea come il boss Pantaleone Mancuso, 65 anni, detto “Vetrinetta”, avrebbe convocato un imprenditore, senza che questi ne avesse mai fatto richiesta, e gli impose di fornire il calcestruzzo per le opere di Paravati».
«L'intromissione di Mancuso Pantaleone – scrive il giudice – è confermata anche da padre Michele Cordiano il quale ha riferito di aver ricevuto personalmente l'indicazione del nominativo di Ciccio Naso, soggetto a lui sconosciuto, da Mancuso Pantaleone. La fornitura – si legge ancora nella sentenza – sarebbe stata poi effettivamente affidata all'imprenditore Naso nonostante le attività precedenti fossero state svolte da altre ditte».
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