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Si è rivelato importante il supporto fornito dal nuovo collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena, 43 anni, ritenuto vicino al gruppo di Andrea Mantella, ex boss di Vibo, e delle cosiddette “nuove leve”, nella risoluzione del caso relativo all’omicidio di Salvatore Battaglia, 21enne ucciso nel settembre scorso a Piscopio.
Da qualche settimana, infatti, Arena ha deciso di vuotare il sacco, collaborando con la Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri. Le sue dichiarazioni compaiono ufficialmente nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip distrettuale di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta che questa mattina ha portato all’arresto di quattro persone accusate di aver avuto un ruolo nella sparatoria che è costata la vita a Battaglia. Le persone tratte in attesto, ritenute esponenti della ‘ndrangheta locale, sono accusate di omicidio, tentato omicidio, favoreggiamento personale, porto e detenzione di arma da fuoco, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. I carabinieri, nel novembre scorso, hanno già fermato uno dei presunti autori, Antonio Felice, di 32 anni, figlio di un soggetto già noto alle forze dell'ordine. Secondo carabinieri e Dda quello in cui Battaglia è morto e un suo amico, Giovanni Zuliani (23), è rimasto ferito, è stato un vero e proprio agguato di 'ndrangheta. Tra le persone arrestate c’è anche Zuliani, al quale è stata notificata un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Felice, già fermato il mese scorso e al quale oggi è stata notificata l’ordinanza del gip di Catanzaro, a giudizio dei carabinieri sarebbe stato l’autore materiale. Oltre a Zuliani e Felice, è stato arrestato anche Michele Ripepi (19), rimasto illeso nel corso della sparatoria avvenuta nei pressi della villetta comunale. Zuliani e Ripepi sono accusati di favoreggiamento personale per avere taciuto l'identità dell'autore dell'omicidio e anche di porto e detenzione abusiva di arma da fuoco. Ai domiciliari è finito Michele Fiorillo (32) mentre l'obbligo di dimora nel Comune di Vibo Valentia è stato disposto per i fratelli Antonio e Giuseppe Francolino, rispettivamente 25 e 24 anni, accusati di favoreggiamento personale avendo omesso di riferire quanto a loro conoscenza pur avendo direttamente assistito al delitto.
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