Domenica, 03 Febbraio 2013 17:03

Arrestati per favoreggiamento a latitante: non convalidati i fermi

Scritto da Redazione
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mini giustiziaSono stati sorpresi all'interno di una masseria a Stefanaconi, alle porte di Vibo, nella quale si nascondeva il latitante Saverio Patania, arrestato di recente dagli uomini del Comando provinciale dei Carabinieri. Antonio La Rocca, 35 anni, di Gerocarne, Alessandro Bartalotta, 22 anni, di Stefanaconi, e Valer Dumitras, 50 anni, pastore romeno, erano stati arrestati con l'accusa di favoreggiamento personale al latitante. Il gip Grabiella Lupoli, però, non ravvisando gli estremi per convalidare gli arresti, ha deciso per la scarcerazione delle tre persone fermate. Patania, dal canto suo, durante l’interrogatorio di garanzia non ha risposto alle domande del giudice che ha trasmesso poi gli atti al competente gip distrettuale antimafia di Catanzaro. Saverio Patania è infatti coinvolto nell’operazione antimafia denominata «Gringia» con l’accusa di essere stato il mandante di un omicidio e di quattro tentati omicidi.

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    Le minacce di morte nei confronti di un avvocato vibonese si protraevano da anni, precisamente dal 2015, alla base delle quali ci sarebbe stato un terreno conteso. A distanza di tempo, i carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Serra San Bruno – supportati nella fase esecutiva dai militari delle Stazioni di Soriano e Vazzano – sono riusciti a individuare i presunti responsabili: si tratta di Giuseppe Donato, di 49 anni, e dei figli Salvatore (24) e Peppino (20), ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di estorsione aggravata continuata, danneggiamento seguito da incendio, detenzione e porto abusivo di pistola.

    Il padre e i due figli sono adesso ai domiciliari.

    Le indagini sono iniziate il 15 ottobre 2017 quando nella frazione Sant’Angelo di Gerocarne, durante la nottata, è stato appiccato un incendio a un capannone di una persona del luogo.  Da lì sono subito scattate le indagini, che hanno consentito di raccogliere utili risultanze investigative in capo ai due giovani con precedenti di polizia. In quella circostanza fu incendiato l’intero immobile dove erano custoditi, oltre ad alcuni capi di bestiame, un trattore che era stato utilizzato il giorno stesso per lavorare all’interno di un fondo agricolo situato in contrada Cerasara a Gerocarne. Ed è stato proprio questo l’elemento che ha indirizzato le indagini: gli inquirenti, infatti, sono riusciti a ricostruire una vicenda che andava avanti già da tempo in relazione alla proprietà del fondo agricolo.

    Il fondo in questione, di proprietà di un avvocato vibonese, era da tempo oggetto di attenzioni da parte della famiglia Donato, che – secondo i carabinieri - cercava di impossessarsene con minacce e pressioni indirizzate al proprietario del fondo e a tutte le persone che si recavano all’interno per lavorarlo.

    I militari, quindi, hanno ricostruito le intimidazioni verso l’avvocato vibonese più volte minacciato di morte anche con l’utilizzo di una pistola indebitamente detenuta. Minacce, queste, che sono iniziate nel 2015 e si sono protratte sino ad oggi, indirizzate sia al legale che a tutte le persone che di volta in volta venivano individuate dal legittimo possessore del fondo per recarsi nel terreno conteso. L’atteggiamento intimidatorio adottato dai due figli e dal padre (quest’ultimo pregiudicato) era volto a far desistere, oltre al proprietario del fondo stesso, tutti i potenziali acquirenti del terreno e non in ultimo, il proprietario del capannone incendiato. Non è un caso, infatti, secondo gli inquirenti, che oggetto del danneggiamento seguito da incendio del 15 ottobre 2017 sia stato proprio il trattore utilizzato il giorno precedente per completare i lavori nel fondo agricolo dell’avvocato.

    Da qui l’accusa per i tre che si sarebbero procurati un ingiusto profitto consistente nel possesso ed utilizzo del fondo ai fini del pascolo con conseguente danno per il legittimo proprietario che non avrebbe potuto esercitare liberamente il suo diritto di proprietà.

    La vicenda trae origine, storicamente, già dai primi anni 2000 quando il terreno era già oggetto di contesa tra il legittimo proprietario e la famiglia Donato. La diatriba è culminata il 23 giugno 2010 in un tentativo di omicidio che sarebbe stato posto in essere da Giuseppe Donato (reato per il quale è stato condannato con pena definitiva) nei confronti dell’avvocato vibonese, legittimo proprietario del terreno agricolo in argomento.

    «La collaborazione delle vittime – ha affermato il capitano della Compagnia di Serra, Marco Di Caprio – è stata fondamentale, in quanto ci hanno fornito da subito le informazioni che hanno poi indirizzato le indagini. Il nostro lavoro è stato quello di riscontrare le informazioni raccolte, per arrivare alle fonti di prova utili a sostenere l’accusa in giudizio. In ogni caso, non emergono contatti con ambienti mafiosi».

     

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    È in corso, dalle prime luci dell’alba, a Sant’Angelo di Gerocarne, un’operazione dei carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno che stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di tre persone, rispettivamente padre e figli, ritenuti responsabili di estorsione aggravata continuata in danno di un avvocato vibonese, del danneggiamento seguito da incendio di un capannone avvenuto nell’ottobre 2017 e detenzione e porto di pistola.

    Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo di Serra San Bruno e coordinate dalla Procura di Vibo Valentia.

    I dettagli dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 10 presso il Comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia.

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    Si tratta di D.C., di 67 anni e I.V., di 55, quest’ultima sottoposta al regime della detenzione domiciliare.

    Ieri pomeriggio, infatti, i militari - nell’espletamento dei normali controlli alle persone sottoposte a misure custodiali - si sono subito accorti dello stato di agitazione della donna. Gli uomini dell’Arma, successivamente, hanno individuato nell’abitazione una persona estranea al nucleo familiare la cui presenza è risultata ingiustificata.

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