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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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SERRA SAN BRUNO - Invece di esortarci al Sì, invece di consigliarci se e come votare all’ormai imminente Referendum costituzionale, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai Servizi segreti, Marco Minniti, ci dica una volta per tutte se nel nostro territorio sono stati interrati, tra gli anni ’80 e ’90, rifiuti tossici o radioattivi. Ce lo dica perché lui non può non saperlo, perché la questione referendaria a confronto sembra davvero poca roba, perché è sempre più alto il numero di persone che si ammalano e muoiono di tumore a Serra San Bruno e dintorni.
E proprio a Serra, nel pomeriggio di oggi, per l’ennesima volta, Minniti, il massimo esponente governativo dell’intelligence nazionale, sarà ospite della locale segreteria del Partito democratico nel convegno “Basta un Sì”, un incontro promosso per convincere la cittadinanza ad esprimere voto favorevole alla chiamata del 4 dicembre prossimo sulla riforma costituzionale. Vista l'occasione ci faccia capire, allora, Minniti se la “buona politica” professata da tutta la ditta democratica – dai più alti esponenti del governo fino agli amministratori locali – si esaurisce nell’abitudinario convegno da campagna elettorale oppure se serve ad offrire ai territori soluzioni concrete rispetto ai problemi più gravi. Perché la peggiore criticità in assoluto di questo paese – lo ha confermato ufficialmente di recente l’Istituto Superiore di Sanità – è quella di un livello troppo alto di mortalità legato proprio alla smisurata diffusione di patologie neoplastiche. Infatti, secondo l’Iss un morto e mezzo su quattro, negli ultimi dieci anni, è morto di tumore. Un dato terrificante, di gran lunga superiore a quello di altri territori, che sembra stia crescendo ulteriormente, e che potrebbe rivelarsi ancora più terrificante se includesse anche le persone che dopo una lunga terapia sono riuscite a lasciarsi alle spalle la malattia, quelle che si sono ammalate ma che, per fortuna, non sono morte.
Quali sono le cause di tutto questo? Non possiamo saperlo. Ma sappiamo ciò che, dopo decenni e decenni di attesa, proprio il governo Renzi ci ha rivelato il 5 maggio 2014 grazie alla più grande declassificazione di documenti della storia repubblicana. Un’operazione che è servita a rendere noti i dossier del Sismi e del Sisde, tra i quali il documento n. 0488_003 che segnala un traffico di sostanze tossico-radioattive, gestito dalla 'ndrangheta, che interesserebbe una serie di comuni della Calabria centro-meridionale, ubicati nelle province di Reggio Calabria e Vibo (all’epoca dei fatti ancora afferente a Catanzaro), tra i quali vengono citati Serra San Bruno, Mongiana e Fabrizia.
Insomma secondo i dossier dei Servizi segreti anche negli scavi per i metanodotti, nelle montagne, nei terreni argillosi delle Serre calabre, la ‘ndrangheta o chi per lei avrebbe sotterrato i famigerati fusti contenenti rifiuti tossici e scorie radioattive. A Grotteria, Limina, Gambarie, Canolo, Locri, Montebello Jonico, Motta San Giovanni, Stilo, Gioiosa Jonica, Serra San Bruno e Fabrizia. Tra il Vibonese e il Reggino, proprio la provincia in cui è nato Marco Minniti.
«Le discariche presenti in Calabria sarebbero parecchie – si legge negli stessi carteggi del Sismi e del Sisde desecretati nel maggio 2014 – site, oltre che in zone aspromontane, nella cosiddetta zona delle Serre (Serra San Bruno, Mongiana, ecc.) nonché nel vibonese. In quella zona la famiglia Mammoliti, competente per territorio, avrebbe occultato rifiuti tossici-radioattivi lungo gli scavi effettuati per la realizzazione del metanodotto». Lo stesso avrebbero fatto i Tegano, i De Stefano, i Piromalli, abusando di una Calabria già schiava, nonostante ancora in molti luoghi, come ad esempio nei nostri luoghi, i clan preminenti non fossero ancora stati ufficialmente certificati.
Una strage per la quale, come per tutte le stragi, il principio di contraddizione non vale: non c’è niente da sapere ci diceva per anni una parte di Stato che in realtà qualcosa sapeva. Sapeva il peggio del peggio di un territorio destinato a subire nei decenni a venire una mattanza violenta. E adesso che qualcosa è venuta a galla con la desecretazione di questi atti voluta da Renzi e Minniti, sarebbe forse arrivato il momento di dire la verità, tutta. Esiste una mappatura delle aree utilizzate dalla criminalità organizzata per lo smaltimento di queste scorie? Perché queste aree non sono ancora state rese di pubblico dominio? Perché il governo non si attiva per la bonifica dei luoghi così come da anni ormai succede in altri regioni? Perché nessuna attività di prevenzione? Perché oltre ai segreti di Stato dobbiamo vederci imposta anche l’ulteriore crescita dei morti per carcinoma, per malattie neoplastiche, per linfomi? Perché dobbiamo continuare a morire nell’indifferenza e nel silenzio delle istituzioni?
Marco Minniti – sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai Servizi segreti, gli stessi Servizi segreti che già trent’anni fa erano a conoscenza dei traffici che potrebbero aver seminato la morte nei nostri territori – tra le sue ragioni del Sì al referendum, oggi pomeriggio, cerchi di aprire una piccola parentesi. Ci consegni qualche elemento in più. Si attivi – perché lo può fare – per aiutare davvero questo territorio. Inizi, magari, a farci capire se è finalmente arrivata l’ora di spezzare quel sistema fatto di compromessi, di negazioni, di mezze verità, di troppi morti e di ragioni affossate per segreto di Stato.
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