Giovedì, 06 Febbraio 2020 10:11

Acquisto dell’Aterp a Vibo, condanna da oltre 500mila euro per Tonino Daffinà

Scritto da Redazione
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L’ex commissario dell’Aterp (Azienda territoriale per l'edilizia residenziale pubblica) di Vibo Valentia Tonino Daffinà, candidato alle ultime elezioni regionali nella lista di Forza Italia, è stato condannato dalla Corte dei Conti al pagamento di 511.551 euro per la vicenda relativa all’acquisto di un immobile da adibire a sede dell’Azienda a Vibo.

A riportare la notizia è il Corriere della Calabria. Oltre a Daffinà, è stato condannato anche Giuseppe Maria Romano, commissario Aterp dal 26 marzo 2009 al 16 settembre 2011, il quale invece dovrà pagare una somma pari a 31.558 euro. La storia - finita al centro di un’inchiesta giudiziaria, nell’ambito della quale per Daffinà è stato chiesto il processo – si riferisce alla gara bandita dall’Aterp nel settembre 2010 e aggiudicata dopo tre mesi alla Dgs Srl, società nata l’8 novembre 2010, in virtù di un’offerta pari a 45600 euro (più Iva) per i canoni annui di locazione, a fronte di una superficie dell’immobile di 466 metri quadri. La sentenza, rispetto alla quale Daffinà e Romano potranno proporre Appello, è stata depositata il 16 dicembre scorso. A giudizio della Procura della Corte dei conti, «l’avviso pubblico… prevedeva, tra l’altro, che l’offerta dovesse essere sottoscritta dal proprietario dell’immobile o dal legale rappresentante della ditta/società proprietaria dell’immobile». La società Dgs, però, «per tutto il periodo della durata della locazione, non ha mai avuto la proprietà dell’immobile avendolo acquistato il 20 agosto 2014, qualche minuto prima di rivenderlo all’Aterp». La sentenza, scrive il Corriere, riporta una serie di adeguamenti contrattuali, tutti al rialzo, che hanno portato il costo della locazione a 80mila euro, prevedendo, poi, l’acquisto da parte dell’Azienda a un prezzo di 2,3 milioni di euro. L’accusa aveva quantificato il danno complessivo in oltre 1 milione e 100mila euro: una cifra molto superiore a quella addebitata a Daffinà e Romano al termine del giudizio. Le colpe dei due dirigenti andrebbero ricercate nel canone maggiorato per «ampliamenti non necessari delle superfici» prese in affitto e nella «sopravvalutazione» dell’immobile (quest’ultima imputata al solo Daffinà).

Secondo l’accusa (ma non per i giudici), Daffinà - a causa del «ruolo centrale rivestito in ogni fase della vicenda» - sarebbe in una posizione di conflitto di interessi. L’ex commissario aveva inizialmente «contattato le originarie proprietarie dell’immobile locato all’Aterp per proporre loro la vendita dell’immobile», per poi recarsi a Roma «per la firma del preliminare e per la consegna a titolo di acconto di un assegno di 120mila euro tratto sul proprio conto corrente, sebbene tale assegno non sia stato mai negoziato»; successivamente «aveva interpellato un tecnico per l’esecuzione di una perizia relativa all’immobile»; inoltre, «quale socio di maggioranza della “Administration Consulting srl”, aveva curato la contabilità della Dgs srl» e «aveva condotto tutte le operazioni relative all’acquisto dell’immobile» da parte della stessa società che si è poi aggiudicata la procedura. In sostanza, secondo l’accusa, Daffinà giocava su due tavoli: professionista in rapporti con la Dgs e commissario dell’Aterp, che dalla Dgs avrebbe acquistato la nuova sede.

L’ampliamento della locazione, dunque, sarebbe andato «ben oltre le esigenze dell’Azienda, causando un inutile sperpero di risorse economiche». Nel dicembre 2010, l’Aterp «necessitava di un immobile avente superficie da 400 mq a 600 mq. E invece, senza alcuna valida ragione, in meno di un anno, la superficie locata è letteralmente raddoppiata così come è raddoppiato il canone locativo». E questo senza che il numero di dipendenti fosse aumentato, neppure di un’unità. Nessuna valida ragione avrebbe, quindi, motivato l’estensione della superficie in affitto, né l’aumento del canone. Estensione avviata da Romano e riproposta acriticamente da Daffinà.

Una distrazione da 288mila euro che, scrive ancora il Corriere, non avrebbe fatto nulla per applicare il contratto nella parte in cui prevedeva il recupero di una parte degli affitti pagati in caso di acquisto definitivo dell’immobile da parte dell’Aterp entro due anni dall’avvio del contratto di locazione. In sostanza, «la ingiustificata iniziale inerzia del Daffinà protratta per oltre dieci mesi (dal 19.12.2011 al 5.10.2012,) e la inattività per tutto il 2013, hanno impedito all’Aterp di stipulare l’atto di acquisto nel termine di due anni previsto dal contratto di locazione», cosa che avrebbe abbattuto i costi in maniera sensibile. Il danno causato alle casse pubbliche da questa “distrazione” ammonta a oltre 288mila euro. La natura dolosa della condotta, basata sulla tesi del conflitto di interessi, secondo i giudici allo stato non è configurabile poiché non risulta dagli atti alcun concorso doloso tra il Romano e il Daffinà, né la Procura lo ipotizza.

La sentenza, infine, stabilisce che l’Aterp sarebbe stata troppo generosa con la Dgs Srl, spendendo troppo per acquistare il palazzo a Vibo. La quantificazione del danno è pari alla differenza tra il prezzo di acquisto (2,3 milioni) e la stima effettuata dall’Agenzia del Territorio (2 milioni 60mila euro). Circa 300mila euro (la differenza di 240mila più differenze relative all’Iva e ad altre imposte), dunque, vanno addebitati a Daffinà, che ha perfezionato l’operazione immobiliare. L’allora commissario ha deciso «di procedere all’acquisto dell’immobile a un prezzo superiore rispetto a quello indicato dall’UTE (Ufficio tecnico erariale), giustificando la differenza con ipotetici lavori che di fatto non sono stati mai realizzati». Non tutto il danno, comunque, va riferito alla condotta di Daffinà, che condivide le colpe con il dipartimento numero 9 della Regione, e con il manager Antonio Capristo il quale, però, non è stato citato dalla Procura della Corte dei conti che non avrebbe riscontrato nei suoi confronti una colpa grave.

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