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Il 2 giugno, durante i festeggiamenti legati alla nascita della Repubblica italiana, nel Vibonese si ricorda la triste vicenda di Soumaila Sacko, bracciante maliano ucciso due anni fa con dei colpi di fucile alla testa, all’ex fornace La Tranquilla di San Calogero. In quel posto maledetto, fabbrica abbandonata nella quale per anni sono stati interrati rifiuti tossici, il 29enne maliano, assieme ad altri due compagni, ci era andato a reperire qualche lamiera da portare alla vicina tendopoli di San Ferdinando per costruire un riparo di fortuna. E proprio all’ex fornace dove Sacko ha perso la vita, oggi gli attivisti dell’Usb hanno voluto ricordarlo organizzando una cerimonia nell’anniversario della morte.
Essendo Soumaila Sacko rappresentante sindacale dell’Usb tra i braccianti di San Ferdinando, l’organizzazione gli ha dedicato nella piana di Gioia Tauro un omonimo sportello, punto di riferimento per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori.
Intanto il processo per l’omicidio – nei confronti di Antonio Pontoriero che in quell’occasione ha esploso 4 colpi con un fucile da caccia parlando poi dell’ex fabbrica come di “roba mia” – proseguirà il prossimo 24 giugno.
«Affinché nessuno dimentichi le sue lotte – è il messaggio dell’Usb – per i diritti e la dignità e le tante altre vittime dello sfruttamento e del razzismo. Soumaila aveva un regolare permesso di soggiorno e sarebbe, se non fosse stato ucciso, in prima linea nella lotta contro lo sfruttamento dei braccianti e per la regolarizzazione degli invisibili».
Di seguito allo smantellamento della tendopoli di San Ferdinando da parte dell’allora ministro Salvini, subito dopo la morte di Sacko, poco è cambiato per i braccianti che ancora oggi lavorano nella piana di Gioia Tauro. Nemmeno le nuove disposizioni previste nel Dl Rilancio, con la regolarizzazione sbandierata dalla ministra Bellanova, sono servite a migliorare le cose. Proprio l’Usb, in occasione dell’organizzazione dello “Sciopero degli invisibili” del 21 maggio scorso, aveva criticato quanto previsto dalla regolarizzazione. In un suo video Aboubakar Soumahoro aveva dichiarato: «Contestiamo che la regolarizzazione sia riservata a chi ha un permesso di soggiorno scaduto dall’ottobre 2019, escludendo di fatto gran parte delle vittime dei decreti sicurezza tuttora in vigore. Contestiamo il fatto che il permesso di soggiorno sia subordinato a un contratto di lavoro perché rende ricattabili i lavoratori, rendendoli vulnerabili ad ogni forma di sfruttamento perché la Bossi-Fini è ancora in vigore».
Insomma, mentre dall’America arriva il grido di protesta per la morte di George Floyd, si capisce quanto ancora sia lunga la strada da percorrere per garantire i diritti fondamentali.
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