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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Il giudice Francesca Loffredo ha fissato per il prossimo 16 gennaio l’udienza preliminare in relazione alla richiesta, avanzata dalla Procura di Vibo Valentia, di rinviare a giudizio i fratelli Maurizio, Ferruccio e Fioravante Schiavello, imprenditori di Serra San Bruno, all’esito di un’indagine che rappresenta, evidentemente, la “coda” della cosiddetta “guerra” dei carburanti, una dura contesa legale che negli ultimi anni è stata intentata attorno alla realizzazione di un nuovo distributore nel centro montano.
Maurizio Schiavello, secondo le ipotesi formulate dalla pubblica accusa (il sostituto procuratore Filomena Aliberti), sarebbe responsabile dei reati di stalking (atti persecutori), falsa testimonianza, diffamazione e calunnia. La sola ipotesi di diffamazione è invece contestata a Ferruccio e Fioravante Schiavello. Sarà ora il gup, all’inizio del nuovo anno, a stabilire se dovranno affrontare o meno un processo per queste accuse. Le persone offese sono state individuate in Ricky Anthony Muzzì, imprenditore serrese che all’esito della lunga contesa giudiziaria precedente ha potuto aprire il nuovo distributore di carburante, e Roberto Camillen, responsabile dell’area Manutenzione del Comune di Serra.
Nel primo dei capi d’accusa contestati a Maurizio Schiavello la Procura sostiene che «con condotte reiterate, consistenti nel presentare plurime denunce/querele, diffide e messe in mora, nel proporre ricorsi innanzi all’autorità giudiziaria amministrativa, anche dopo le dichiarazioni per inammissibilità per carenza di legittimario ad causam, e nel pubblicare post sui social network e articoli di stampa con contenuto diffamatorio, molestava Muzzì Ricky Anthony, manifestando – è ancora l’ipotesi della pm Aliberti in relazione al presunto stalking – un’“ossessione” nei confronti della p. o. (persona offesa, ndr), suo (aspirante) concorrente economico nel mercato dei carburanti in Serra San Bruno, anche col fine di eliminare un possibile concorrente».
Rispetto alla contestazione di diffamazione di cui sono accusati tutti e tre gli imputati, si richiamano in particolare alcuni post pubblicati su Facebook all’indomani di una sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Vibo nei confronti, tra gli altri, di Muzzì, con cui avrebbero offeso la reputazione di quest’ultimo «utilizzando espressioni suggestive dell’illiceità della condotta della p. o. nonostante le opposte conclusioni a cui era giunto il Tribunale». Rispetto a Camillen, individuato dalla Procura come persona offesa con una successiva integrazione della richiesta di rinvio a giudizio, viene contestata a Maurizio Schiavello l’ipotesi di calunnia perché, secondo la Procura, «pur sapendolo innocente», avrebbe incolpato il funzionario comunale del reato di diffamazione.
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