Mercoledì, 18 Luglio 2018 08:58

Scuola, disabilità e diritti negati. Il Tar condanna il Miur a risarcire una famiglia di Serra

Scritto da Bruno Greco
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SERRA SAN BRUNO - Una storia di diritti violati che dopo oltre tre anni ha finalmente fatto avere giustizia a una famiglia serrese.

Era il 12 marzo 2015 quando Il Vizzarro ha raccontato la vicenda di alcune famiglie (qui l’articolo) che si erano inspiegabilmente viste negare l’istruzione domiciliare per i rispettivi figli affetti da gravi patologie disabilitanti. Una storia triste e paradossale, accaduta negli anni compresi tra il 2012 e il 2014 all’istituto comprensivo “Ignazio Larussa” di Serra San Bruno, all'epoca guidato dalla dirigente Caterina Barilaro. Il capitolo finale è stato scritto qualche giorno fa, l'11 luglio, quando la seconda sezione del Tar Calabria si è pronunciata in merito al ricorso presentato da Giuseppe Catanzaro e Maria Lo Iacono, genitori di uno dei tre ragazzini ai quali era stata negata l’istruzione domiciliare nell’anno scolastico 2013-2014, quando ancora il loro figlio frequentava la scuola elementare. La sentenza ha dato ragione ai genitori e torto all'Istituto “Larussa” (non costituitosi in giudizio) e al Ministero dell’Istruzione, rappresentato invece dall’Avvocatura distrettuale di Catanzaro. E i giudici amministrativi hanno disposto un risarcimento per la famiglia. Decidendo sul ricorso presentato dai genitori del ragazzino, rappresentati dall’avvocato Luigi Combariati del foro di Catanzaro, il Tribunale amministrativo regionale si è pronunciato sulla vicenda sostenendo che «nel concreto caso di specie è comprovato che la patologia del minore era tale da giustificare l’assistenza domiciliare, essendo stata pacificamente riconosciuta dall’Ufficio scolastico regionale per la Calabria in riferimento all’anno scolastico 2014/2015, sulla scorta di conforme documentazione medica».

Come si evince dunque dal dispositivo della sentenza, la richiesta di istruzione domiciliare presentata l’anno successivo al dirigente scolastico succeduto alla Barilaro è stata accolta senza nessun tipo di complicazione: «Il successivo anno scolastico 2014/2015 – si legge ancora nella sentenza – i genitori del minore hanno chiesto nuovamente l’ammissione al servizio di istruzione domiciliare. In questo caso, l’istanza, istruita dal nuovo dirigente dell’Istituto scolastico “Ignazio Larussa”, è stata accolta dall’Usr della Calabria». Tant’è che, secondo i giudici del Tribunale amministrativo, «non vi è dubbio che ove nel corso del precedente anno 2013/2014 le competenti autorità scolastiche, ciascuna per quanto di propria competenza, si fossero prontamente attivate al fine di predisporre gli strumenti di tutela previsti dal vademecum ministeriale, ciò avrebbe posto le condizioni per la fruizione dell’assistenza domiciliare per i mesi invernali, con la successiva assegnazione di un insegnante di sostegno in aula per i mesi successivi». Da ciò si desume, quindi, che per l’anno scolastico in questione non sarebbe stato neanche abbozzato un tentativo utile a nominare un insegnante incaricato di sostenere il ragazzino nell’attività di studio domiciliare. «D’altra parte – precisano comunque i giudici amministrativi – non vi è certezza del fatto che la compiuta istruzione della istanza presentata dai ricorrenti avrebbe sicuramente consentito la fruizione in concreto del beneficio, essendo questa pure condizionata da altri fattori, quali lo stato di salute del minore e la perdurante disponibilità del docente nel corso dell’anno scolastico. Né può dirsi acquisita la prova del fatto che, in costanza di istruzione domiciliare, l’alunno, che pure è stato indubbiamente leso nella libera esplicazione della propria personalità, avrebbe sicuramente raggiunto gli obiettivi posti dal piano educativo con la promozione alla classe successiva». La mancata assegnazione però secondo il Tar ha portato a un «danno da perdita di chances» e, poi, anche alla conseguente perdita dell’anno scolastico per il ragazzino a causa delle assenze accumulate. Al danno si aggiunse anche la beffa, dunque, per una famiglia e in particolar modo per un ragazzino con patologie gravi, condannato alla bocciatura per non aver potuto frequentare con continuità la scuola e per di più privato dell’istruzione domiciliare necessaria e dovuta. Per la suddetta motivazione dunque, la sentenza sfavorevole al Ministero dell’Istruzione ha riconosciuto un risarcimento per la famiglia del ragazzino disabile, più il pagamento delle spese legali. Una controversia che si sarebbe dovuta risolvere con il semplice godimento di un diritto si è comunque protratta per anni e in diverse sedi giudiziarie. Infatti, come spiegano i genitori, la vicenda in passato era approdata anche al Tribunale di Vibo Valentia ma il Giudice per le indagini preliminari, nonostante l'opposizione della famiglia, ha disposto l’archiviazione. La grave disabilità del ragazzino era stata certificata anche dal policlinico Gemelli di Roma che così si è espresso rispetto alle sue condizioni di salute: «Per la gravità delle patologie si sconsiglia la frequenza in aula». Dopo il nulla di fatto in sede penale la famiglia ha dunque deciso di spostare la questione al Tar che alla fine ha dato loro ragione. «Abbiamo affrontato in questi anni – hanno dichiarato i genitori del bambino – un periodo veramente difficile. Vedersi negato un diritto sempre riconosciuto in passato e il fatto di aver dovuto lottare per anni e in più tribunali ha creato in noi un senso di frustrazione, come se il riconoscimento di un diritto per nostro figlio fosse passato in altre occasioni quasi come un favore. Ma piuttosto che abbatterci abbiamo continuato a lottare non per ottenere un risarcimento, ma affinché questa sentenza sia da monito per altre famiglie che in futuro saranno costrette ad affrontare una situazione si ingiustizia simile alla nostra».

Oggi il ragazzino, dopo aver maturato un livello personale di istruzione che in molti non si sarebbero aspettati, frequenta la scuola media conseguendo gli obiettivi previsti dal Pei (Piano educativo individualizzato). Risultati raggiunti anche grazie all’istruzione domiciliare che (fortunatamente solo in casi circoscritti) in passato gli era stata negata.

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