Venerdì, 30 Ottobre 2020 09:58

Martino Ceravolo, da otto anni in cerca di verità e giustizia: «Gli assassini di mio figlio si pentano»

Scritto da Redazione
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«Per me e la mia famiglia la vita si è fermata a quel 25 ottobre 2012». La battaglia di papà Martino non si arresterà fino a quando non sarà stata fatta giustizia sulla morte del figlio, Filippo Ceravolo, che otto anni fa, a soli 19 anni, perse la vita durante un agguato di mafia. Il ragazzo di Soriano Calabro, reo solo di aver chiesto un passaggio alla persona sbagliata per fare rientro a casa, è rimasto vittima di un’imboscata che con lui non aveva niente a che vedere. Dopo la commemorazione di domenica scorsa nel Santuario di San Domenico, a Soriano Calabro, Martino Ceravolo ha ricordato ancora questi lunghi, quanto dolorosi 8 anni, in occasione del programma “Detto tra noi”, in onda ogni giovedì su Radio Serra e condotto da Daniela Maiolo con la partecipazione del direttore del Vizzarro Sergio Pelaia. Intervistato dal giornalista, Ceravolo ha ricordato ancora il caro figlio a distanza di qualche giorno dall’ottavo anniversario della tragica morte: «Non è facile parlare dell’omicidio di mio figlio. Resta un momento tragico perché sono passati otto anni e mi auguro ancora che gli assassini paghino». Una promessa, quella di fare giustizia, pronunciata proprio davanti alla tomba del figlio ucciso per errore e diventata postulato di una lotta che continua in maniera incessante. «Mio figlio non aveva nulla a che fare con i fatti della criminalità organizzata. È stato dichiarato vittima di mafia nel 2014, e nel giorno della cerimonia, assieme alle autorità e alle altre vittime di mafia, abbiamo chiesto che venga fatta luce sull’omicidio. L’80% delle vittime di mafia ha ottenuto giustizia e mi auguro che questo avvenga anche per Filippo. Il mio cuore mi dice che i responsabili, gli assassini, saranno presi al più presto al fine di ottenere verità e giustizia. Io e la mia famiglia ai ragazzi rivolgiamo sempre l’appello di proseguire sul percorso della legalità, della correttezza, e di denunciare ogni volta che bisogna farlo per garantirsi un futuro migliore».

Filippo è diventato un figlio per chi continua a indagare sull’omicidio, ma anche un amico per tante persone che sul territorio hanno sentito e sentono sulla propria pelle l’ingiustizia di questa tragedia. Ma all’abbraccio di tanta gente si affiancano molto spesso gli atteggiamenti tipicamente mafiosi indirizzati alla famiglia Ceravolo. «Filippo è il figlio di tutti e i ragazzi devono coglierne il monito. Noi possiamo camminare a testa alta fieri di coloro che ci vogliono bene: autorità, forze dell’ordine, giornalisti. Non abbiamo paura di nessuno perché la sua vita è stata sacrificata e deve essere da esempio soprattutto per i giovani».

La testimonianza di coraggio e di dignità che un padre continua a portare avanti ogni giorno passa anche per il messaggio che lo stesso rivolge agli assassini del proprio figlio. «Nonostante sia troppo tardi – ha detto in ultimo Martino Ceravolo – mi auguro che gli assassini di mio figlio si possano pentire per quello che hanno fatto. Spero che ciò possa avvenire presto, perché, come ha detto il procuratore Gratteri, non hanno ucciso una gallina ma un ragazzo innocente. Mi auguro che ascoltino gli appelli che abbiamo sempre mandato. Non bisogna più nascondersi e giocare. Chi sta conducendo le indagini sa fare il proprio lavoro e arriverà a una soluzione. Ma io credo che per loro sia arrivato il momento di pentirsi e porre fine a questa storia. I mafiosi finiscono quasi sempre o morti ammazzati o in galera. Ci auguriamo che si pentano da soli per quello che hanno fatto».

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