Sabato, 29 Ottobre 2022 15:18

Le rivolte di Ariola, il ponte di Pasolini e il tenente che evitò il massacro

Scritto da Redazione
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Nel 1957 i contadini di Ariola, frazione di Gerocarne, si ribellarono allo Stato rifiutandosi di pagare le tasse perché non avevano neanche i servizi più basilari. Per andare a lavorare nei campi - e pure per seppellire i loro morti - dovevano passare in un fiume immergendosi nel fango fino alle ginocchia. L'esattore delle tasse aveva mandato in quelle campagne 40 carabinieri, ma il tenente che li guidava alla fine si frappose tra i militari e quella gente evitando un massacro. Loro continuarono a non pagare le tasse per protesta.

Nel 1960 Pier Paolo Pasolini, tornato in Calabria dopo "La lunga strada di sabbia", venne a conoscenza della rivolta di quella comunità e si fece accompagnare ad Ariola dal regista vibonese Andrea Frezza. Una volta ripartito mandò a quelle persone 50mila lire con cui costruirono un ponte di legno per passare sopra il fiume. Otto anni dopo lo scrittore serrese Sharo Gambino andò ad Ariola mentre era in corso un'altra ribellione e scoprì cosa aveva fatto Pasolini raccontandolo in tre diversi articoli (su I Quaderni Calabresi, il Gazzettino del Jonio e, all'indomani dell'assassinio di Pasolini, su Calabria Oggi).

A pochi giorni dall'intitolazione di quel ponte a Pasolini, riportiamo qui di seguito integralmente quello - consultabile nell'archivio comunale di Serra San Bruno e facente parte del materiale donato dalla famiglia della scrittore - pubblicato nell'estate del 1968 su Il Gazzettino. Si tratta di un racconto lucido e indignato, da cui emergono non solo la miseria delle condizioni di vita dell'epoca ma anche figure come quella del tenente dei carabinieri (poi morto suicida) che nel 1957 evitò che la prima rivolta finisse in un bagno di sangue.

Il navigato giornalista e narratore delle Serre in quel caso stravolse le basilari regole della cronaca tanta era l'empatia per quegli ultimi che avevano consegnato in un pacco le loro schede elettorali al ministro Giacomo Mancini. E invitò le istituzioni a visitare quei luoghi qualora qualcuno volesse accusarlo di fare mera letteratura, giurando di non scrivere mai più un rigo se quanto riportato dalla sua penna non fosse la nuda e cruda realtà dei fatti.

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