Lunedì, 28 Gennaio 2019 14:36

La holding (vibonese) del narcotraffico sull'asse Lombardia-Sudamerica

Scritto da Redazione
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Una rete transnazionale della droga, che aveva come epicentro la Calabria, capace di articolarsi in Puglia e Lombardia, con canali diretti per l’approvvigionamento in Venezuela, Colombia e Repubblica Dominicana.

A scoprirla i magistrati della Distrettuale antimafia di Catanzaro, al termine dell’operazione che, stamattina ha portato al fermo di 25 persone, alle quali viene contestato il fatto di essere parte attiva di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, aggravata dalle modalità mafiose e dalla detenzione di armi.

Le indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, e dal sostituto procuratore Annamaria Frustaci, hanno consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tra le cui fila compaiono esponenti di spicco del clan Mancuso che, dall’area geografica insistente tra i comuni di Limbadi e Nicotera, hanno, man mano, esteso forti interessi nell’hinterland milanese. Nella rete degli inquirenti sono, di fatti, caduti i fratelli Salvatore Antonino, Giuseppe e Fabio Costantino, così come il pluripregiudicato Giuseppe Campisi, personaggio dall’elevatissimo spessore criminale, rappresentante della famiglia ‘ndranghetistica di Limbadi in Lombardia, condannato per associazione mafiosa e ritornato sulla scena del crimine dopo aver finito di espiare una lunga condanna pari a 30 anni di reclusione per un omicidio mafioso. Giuseppe e Fabio Costantino, al pari di Gaetano Muscia, risultano, tra l’altro coinvolti nella nota operazione “Black Money” che ha duramente colpito la cosca di Limbadi.

L’inchiesta, denominata “Ossessione”, ha dimostrato come i vertici del sodalizio fossero in grado di disporre di diretti canali di approvvigionamento di cocaina dalla Colombia, dal Venezuela e dalla Repubblica Domenicana, oltre che dall’Olanda. Le indagini svolte dalla Guardia di Finanza hanno consentito di accertare anche che, seguendo un’ottica prettamente imprenditoriale, l’organizzazione, in attesa dell’arrivo delle partite di cocaina dal Sudamerica, con lo scopo di massimizzare il profitto, intesseva rapporti d’affari con un personaggio marocchino residente a Milano, in diretto contatto con i principali cartelli maghrebini, per l’importazione di massicce quantità di hashish. La spiccata transnazionalità dell’organizzazione, che evidenzia nuovamente l’indissolubilità del trait d’union tra la criminalità organizzata calabrese e i “cartelli” mondiali della droga ed una capillare diffusione sul territorio nazionale, fanno sì che la consorteria criminale operi come una vera e propria multinazionale del narcotraffico, curando l’acquisto “all’ingrosso”, a prezzi assolutamente concorrenziali, della droga, direttamente dai produttori, per poi smistarla in territorio calabro e lombardo tramite una fitta rete di accoliti. In questo contesto, le indagini hanno fatto registrare come i vibonesi siano in affari anche con esponenti legati al clan dei Mazzaferro di Gioiosa Ionica, da anni trapiantati nel Milanese e nel Comasco, in grado di smistare importanti quantità di narcotico in Lombardia.

Un ruolo fondamentale era affidato, poi, alle donne: da “teste di ponte” per le comunicazioni tra gli accoliti, a co-finanziatrici, come nel caso della cittadina albanese Elisabeta Kotja, a intermediarie di alto rango con gli esponenti dei cartelli sudamericani. Spiccano, in particolare, le due venezuelane Clara Ines Garcia Rebolledo e Gina Forgione, estremamente note nel panorama del narcotraffico internazionale, in grado di mettere in contatto i calabresi con i narcos sudamericani. Tra questi Julio Andres Murillo Figueroa, noto narcotrafficante colombiano, ospitato dai calabresi a Milano per pianificare l’arrivo della cocaina dai paesi dell’America Latina. “Socio” della Forgione, il colombiano ha in passato collaborato con i “guerriglieri colombiani”, nonché con il famigerato Pablo Emilio Escobar Gaviria, sanguinario capo storico del “cartello di Medellín” tra gli anni ’80/’90.


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