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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Sono complessivamente sei le persone condannate a pene comprese tra i sei ed i tre anni di reclusione nell'ambito del processo con rito abbreviato scaturito dall'inchiesta "Insomnia", che prende piede dall'ominima operazione portata a termine nel novembre del 2014 dai carabinieri del Reparto operativo di Vibo e coordinata dalla Dda di Catanzaro, la quale ha svelato un vasto giro di usura ed estorsione ai danni di Giuseppe Baroni, commerciante vibonese di abbigliamento ed oggetti preziosi.
I Carabinieri del Reparto Operativo del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno eseguito nella notte sei provvedimenti di fermo, emessi dalla DDA di Catanzaro, nei confronti di altrettante persone ritenute contigue alle cosche Bellocco di Rosarno e a quelle dei Lo Bianco e Fiarè, operanti invece nel territorio di Vibo Valentia. L'operazione, denominata “Insomnia”, ha fatto luce su un giro di estorsioni ed usura, reati tra l'altro aggravati dalle modalità mafiose.
La vittima, un commerciante di abbigliamento e oggetti preziosi, dopo aver subito una rapina per quasi mezzo milione di euro, aveva necessità di denaro per poter riavviare l'attività, ricevendo così una serie di prestiti. Gli usurai, però, a garanzia delle somme prestate, si erano fatti consegnare dal commerciante due orologi preziosi, assegni, una partita di gioielli ed anche una scrittura privata che li ponesse al riparo da possibili denunce.
Per ottenere le somme dovute, inoltre, gli usurai avevano anche più volte minacciato ritorsioni nei confronti del commerciante e dei suoi familiari fino a quando, però, la vittima non ha deciso di denunciare tutto ai militari.
Questi i nomi delle persone fermate: Salvatore Furlano, 46 anni, di Vibo Valentia, finito già in manette in passato per usura ed estorsione; Damiano Pardea, 29 anni, di Vibo Valentia; Gaetano Cannatà, 40 anni, di Vibo Valentia; Francesco Cannatà, 38 anni, di Vibo; Giovanni Franzè, 52 anni, di Stefanaconi e Alessandro Marando, 38 anni, di Rosarno.
Beni per 5 milioni di euro sono stati confiscati a Soriano ai coniugi Giovanni Battista Tassone, 58 anni, e Teresa Mancuso, 45 anni. La confisca, effettuata dai militari della guardia di finanza e dai carabinieri, è arrivata sulla scorta dell'operazione "Business Cars", in cui Tassone è stato arrestato per i reati di usura ed estorsione in seguito alle denunce di un imprenditore serrese finito sotto strozzo. Tra i beni confiscati ci sono un locale commerciale sito nella centrale via Roma, a Soriano, dove era in corso la realizzazione di un pub in cui le forze dell'ordine, all'epoca del sequestro (luglio 2012), avevano rinvenuto un "rifugio bunker" sotterraneo. La confisca è stata disposta dalla sezione misure di sorveglianza del tribunale di Vibo Valentia. Contestualmente i militari hanno notificato a Tassone la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per 4 anni disposta dallo stesso tribunale.
Gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Vibo, unitamente ai carabinieri del Comando provinciale, hanno eseguito stamattina a Soriano un sequestro di beni, per il valore di 5 milioni di euro, riconducibili a Giovanni Battista Tassone, 57 anni, arrestato il 10 novembre scorso nell'ambito dell'operazione "Business cars" con l'accusa di usura. Nel corso dell'operazione, i militari hanno scovato in un magazzino un bunker sotterraneo. L'indagine è coordinata dalla Procura della Repubblica di Vibo.
REGGIO CALABRIA - Dalla Camera di Commercio di Reggio Calabria arriva una brillante iniziativa mirata a combattere la 'ndragheta ed in particolare il racket. «Le imprese che non si piegheranno al racket saranno esentate dal pagamento del diritto annuale» rende noto il presidente della Camera di Commercio di Reggio, Lucio Dattola, in una nota - «In pratica imprenditori, commercianti e artigiani vittime di reati di estorsione, corruzione e usura che hanno denunciato i loro aguzzini e hanno collaborato con l’autorità giudiziaria, fornendo elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione e/o cattura degli estorsori e usurai, usufruiranno per cinque anni di un contributo annuale come rimborso di quanto dovuto e versato come tassa camerale. E i primi imprenditori a ottenere l’agevolazione saranno Tiberio Bentivoglio, comproprietario assieme alla moglie della “Sanitaria Sant’Elia” di Reggio Calabria, Salvatore d’Amico, titolare dell'"Informatica d’Amico" di Reggio Calabria, e Filippo Cogliandro, chef e proprietario del ristorante "L’Accademia" di Lazzaro (Rc). Sono tre imprenditori reggini simbolo della lotta contro le ’ndrine che impongono il pizzo. Tutti e tre sono stati segnalati da “Libera” e sono promotori di “Reggio libera Reggio. La libertà non ha pizzo”, un’associazione che si oppone al racket e alla ‘ndrangheta». «La Camera di Commercio – continua Dattola – è dalla parte dei reggini che scelgono la via della legalità. Per questo ha voluto rispondere concretamente all’appello dell’associazione “Libera” di sostenere gli imprenditori che hanno avuto il coraggio di rompere il silenzio, denunciare e costituirsi parte civile nei processi esponendo se stessi e i familiari a rischi e pericoli per riscattare la nostra terra. Il percorso di denuncia e di coerenza è difficile, ma è l’unica strada per smuovere le coscienze in una città dove la maggior parte degli imprenditori afferma di non essere mai stato coinvolto in episodi di racket o di usura». «Secondo l’indagine del 2011 (realizzata da Camera di Commercio di Reggio Calabria, Sos impresa, Istituto Guglielmo Tagliacarne e Istituto Piepoli) sulla presenza e sulla percezione dei fenomeni illegali nella provincia reggina, i comportamenti criminosi ritenuti più gravi sono: le estorsioni e l’usura (62,5%). La maggior parte degli imprenditori intervistati afferma di non essere mai stato coinvolto in episodi di racket (92,5%) o di usura (98,2%). Invece secondo Sos impresa il 70% delle imprese a Reggio Calabria sono coinvolte nel pizzo (audizione Sos impresa alla commissione parlamentare antimafia, 4 maggio 2010) e, secondo il rapporto Eurispes 2011, la provincia reggina è una delle province italiane con il più alto indice di rischio usura (97,1%)». «Continuiamo con fatti concreti a sostenere chi combatte la 'ndrangheta e saremo economicamente vicini alle imprese che si opporranno al racket».
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