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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Nella notte cinque mezzi di un'azienda impegnata nella costruzione di un tratto della Trasversale delle Serre sono andati completamente distrutti in un incendio di origine dolosa. Nello specifico, si tratta di una gru, una trivellatrice e tre escavatori che si trovavano proprio all'interno del cantiere allestito in località Monte Cucco, tra i comuni di Simbario e Vallelonga.
Sul posto, sono intervenuti i Vigili del Fuoco ed i Carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno, diretti dal capitano Stefano Esposito Vangone. Secondo una prima ricostruzione i danni ammonterebbero ad oltre un milione di euro. Considerate le dinamiche è probabile che il tutto sia da ricondurre al racket delle estorsioni, di certo un male non nuovo per un'infrastruttura che aspetta di vedere la luce da ormai oltre cinquanta anni.
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(foto di Salvatore Federico)
L’Istituto scolastico di Vallelonga usufruirà dei finanziamenti per la realizzazione di interventi di edilizia. Il plesso era stato inserito nell’ambito del progetto “Scuole sicure” varato dal governo Renzi, assieme ad altre 209 strutture calabresi.Come comunicato il 6 agosto scorso dall’assessore regionale alla cultura, Mario Caligiuri, «a causa dei ritardi per la realizzazione di interventi di ristrutturazione e ammodernamento la Regione Calabria ha deciso di ritirare finanziamenti per oltre 5 milioni destinati a 14 plessi scolastici», tra i quali , appunto, quello di Vallelonga.
Il primo cittadino Abdon Servello, attraverso una nota stampa diffusa nella mattinata odierna, ha comunicato che, grazie ai solleciti dell’amministrazione comunale, il provvedimento di sospensione del finanziamento è stato revocato dal Ministero dell’Istruzione in data 26 settembre. Per i lavori di edilizia scolastica, il Comune potrà usufruire dunque di una cifra pari a 186mila euro, dei circa 360mila destinati all’Istituto comprensivo, nel quale rientra anche il comune di Spadola.
Serra San Bruno, che in passato fu uno dei paesi più importanti del vibonese per il grande fiorire delle maestranze locali, è ancora un luogo di persone estremamente sensibili agli antichi mestieri e dedite all’arte e all’artigianato. Ieri – sempre all’interno della manifestazione “La festa del fungo” promossa dalla Pro Loco – il centro storico di Serra è tornato a rivivere come un tempo. Molte abitazioni hanno ospitato una miriade di artigiani, e sono state aperte – alla stregua delle vecchie botteghe – per ospitare le maestranze (provenienti anche da altri comuni) che hanno preso parte al “Sentiero dell'artigiano”. Oggi, nonostante l’acquisto di prodotti a misura di centro commerciale abbia cambiato notevolmente l’approccio della gente con il mercato, tante sono ancora le persone che, rintanate nella propria casa, si dilettano ad esercitare i mestieri tramandati e appresi dai genitori. Tanti anche i giovani che hanno frequentato corsi professionali per entrare nel mondo del lavoro. Proponiamo qui una galleria fotografica degli stand presenti al “Sentiero dell’artigiano”.
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Sul caso della centrale idroelettrica che dovrebbe sorgere a Serra San Bruno, nel cuore del bosco di Santa Maria, a poche centinaia di metri dall’omonimo santuario e dalla Certosa di San Bruno da Colonia, a pronunciarsi sul fatto è stato Pino Paolillo, responsabile del Wwf Calabria.
Brusco principio d’autunno per il nostro territorio: si è registrato, solo in Sicilia e Calabria, oltre il 23% delle precipitazioni in più rispetto alla media del Sud Italia. A fornire le cifre dell’analisi inerente all’ondata di maltempo che si è abbattuta sulle due regioni nel weekend appena trascorso è stata questa mattina la Coldiretti, sulla base dei dati Ucea, che ha realizzato il monitoraggio dei danni provocati dai nubifragi.
Se in Sicilia a pagare dazio sono state, in particolare, le zone care al commissario Montalbano, personaggio ideato dallo scrittore Andrea Camilleri, di certo non può sorridere in Calabria il territorio afferente alla provincia di Vibo Valentia, dove si sono registrati diversi casi di allagamenti e smottamenti di terreno.
Proprio la Coldiretti si è attivata, fin dalle prime ore di oggi, contestualmente al consorzio di bonifica, per il ripristino dei territori colpiti e, soprattutto, per prevenire danni peggiori nel caso in cui le condizioni di maltempo dovessero persistere. Il grosso dell’ondata determinata dalle copiose precipatazioni, caratterizzata da lampi e qualche tromba d’aria, si è registrato nel pomeriggio di ieri, attorno alle ore 17. Alla fine il bilancio parla di danni ingenti per numerosi allagamenti, crolli di alberi spazzati via dal vento a dalla pioggia, tombini scoperchiati dai grossi flussi di acqua piovana, in particolare nella zona del capoluogo, ma anche nella frazione Piscopio, mentre a Vibo Marina un albero ha ostruito la circolazione del traffico della Statale 18.
Altri danni si sono verificati nei comuni di Mileto, Ionadi e San Costantino. In particolare sulla fascia costiera numerosi sono stati gli interventi dei vigili del fuoco a fronte di decine di richieste di soccorso. Per fortuna, in definitiva, non pare si possano contare danni a persone, ma di certo i disagi idrogeologici presenti su tutto il territorio provinciale non fanno presagire nulla di buono per la stagione invernale alle porte.
All’interno della manifestazione “La festa del fungo”, organizzata dalla Pro Loco di Serra San Bruno, la prima giornata è stata dedicata alla raccolta di funghi in quattro diverse località montane: monte Pecoraro, Santa Maria, “Bellu-Angilaru” e Rosarella. I micologi lametini Gennaro Di Cello e Vincenzo Curcio, con l’aiuto di Tommaso Daffinà e del naturalista serrese Giuseppe Pisani, hanno coordinato i quattro diversi gruppi predisposti per la raccolta dei funghi. I partecipanti alla raccolta hanno selezionato circa 120 specie, utili ad organizzare la mostra – ancora in corso – allestita all’interno di Palazzo Chimirri. I funghi raccolti sono stati catalogati in base al loro grado di tossicità.
Nel pomeriggio di ieri, i micologi Di Cello e Curcio, hanno tenuto un seminario durante la mostra, descrivendo ai presenti la composizione delle spore del fungo anche grazie ad una analisi fatta al microscopio. L’inziativa, per l’entusiasmo degli organizzatori, ha fatto registrare un alto numero di visitatori giunti nella cittadina della Certosa da più parti della Calabria.
Di Cello, ha invitato i partecipanti ad essere cauti nella scelta dei funghi e a non utilizzare metodi non scientifici per determinarne la commestibilità. «Molte volte – ha spiegato il micologo – si usa impropriamente bollire i funghi con l’aglio per capire se lo stesso è commestibile o meno. Da questo esperimento poco affidabile, ne viene fuori che se il fungo diventa nero non è commestibile, se invece il colore non muta lo è. Affidarsi a questo esperimento potrebbe essere rischioso, dato che, come tutti sanno, esistono in natura funghi, che per il loro alto grado di tossicità, possono essere mortali».
Oltre al fattore commestibilità, Di Cello ha anche spiegato quanto il fungo sia importante per il bosco. Le varie specie, a seconda di come traggono il nutrimento, si dividono in simbionti, parassiti e saprofiti: i primi (il porcino ad esempio) vivono in simbiosi con la pianta, per questo non sono coltivabili. I parassiti (chiodini) colpiscono la pianta ma solo nelle parti ammalate della stessa. I saprofiti (lingua di bue), comunemente conosciuti come gli spazzini del bosco, vivono al di sopra della pianta morta, trasformando la sostanza organica in elementi più semplici, utilissimi alla sopravvivenza del bosco. «I funghi – ha detto in conclusione Di Cello – sono il simbolo di un bosco rigoglioso. La mancanza degli stessi, sono sintomo di un terreno povero e debilitato».
La tre giorni proseguirà oggi con la vera e propria Festa del Fungo, caratterizzata dalla presenza di stand lungo Corso Umberto e del “Sentiero dell’artigiano” realizzato nel cuore del centro storico, dove sono stati allestiti diversi locali per ricalcare gli ambienti delle vecchie botteghe artigianali. Sempre nella giornata di oggi, sia a pranzo che a cena, sarà possibile gustare, in tutti i ristoranti che hanno aderito all’iniziativa, menù completi a base di funghi al prezzo eccezionale di soli 15euro. In questo momento è anche in corso la mostra “Tra lumi e scuru” promossa, nell’ambito della stessa tre giorni, dall’Associazione Culturale Il Brigante.
Il primo di maggio del 1569 Carlo d’Asburgo, Arciduca d’Austria e fratello del nuovo Imperatore Massimiliano, è in visita a Firenze, dove viene sontuosamente accolto dal duca Cosimo e dal di lui figlio Francesco, il quale, solo quattro anni prima, aveva sposato Giovanna d’Austria, sorella di Carlo. In onore dell’Arciduca viene rappresentata la commedia la Vedova, opera del commediografo e letterato di corte Gian Battista Cini. Personaggi principali della commedia sono, tra gli altri, un soldato siciliano (Fiaccavento), un signore veneziano (Messer Marino) e un gentiluomo napoletano (Cola Francisco Vacantiello). A un certo punto dell’intreccio, Messer Marino comunica a Fiaccavento l’intenzione di dare sua figlia in sposa a Cola Francisco, affermando che quest’ultimo aveva assicurato di far arrivare dalla Calabria, sua terra d’origine, tutte le carte utili a comprovare il suo rango. All’udire che Cola Francisco è di origine calabrese, tuttavia, Fiaccavento mette in guardia Messer Marino, sbottando:
Dunque, iddu è Calabrisi? Uh santu Diavulu
Di Paliermu! Ah, ah, ah! Et vui buliti
Donar mugghieri, ah, ah! cum reverentia
A nu strunzu d’asin calavrisi? Et nun
Sapiti ancora lu muttu?
[..]
Et nun sapiti chi nostru Signuri
Deu, quandu criau lu Mundu, dissi
A chisti disgratiati: “Surgite,
Calabrorum de stercore asinorum”?
Et chi si dici de lu Calavrisi:
“Trista la casa chi ci sta lu misi,
Et si ci sta l’annu,
Ci duna lu malannu”?
Quando, nel corso della vicenda, Fiaccavento e Cola Francisco si trovano insieme sulla scena è un profluvio di insulti, con il soldato siciliano che insiste sulle origini calabresi di Cola Francisco come speciale motivo di biasimo. «Vattinni a Riggiu», incalza Fiaccavento, «non senti li Turchi comu si sunnu accunzati? chi vonnu veniri un atra vota a saturari megghiu li vostre fimmene». E se Cola Francisco prova a replicare con un «Siciliano pisciaza di Franzisi» e altre ingiurie, Fiaccavento ribatte pronto con «Bastardu di li Turchi» e «Iuda imprennasumeri».
L’inclinazione al tradimento è uno dei caratteri che più comunemente sono stati attribuiti ai calabresi, e nel Sedicesimo secolo l’immagine del calabrese traditore, spesso rinvigorita dal sospetto di familiarità di sangue col Turco, è profondamente radicata e fermamente consolidata. Non era forse stato un vecchio bombardiere calabrese colui che, passando tra le file del nemico, aveva suggerito a Saladino il modo di prendere la città di Strigonia, nel cuore dell’Ungheria, nel 1543? – Questo, almeno, è quanto riferisce lo storiografo di Francia, Gilbert Saulnier du Verdier. Nel 1569, il calabrese più famoso d’Europa è, senza ombra di dubbio, il terribile “Re” d’Algeri, il rinnegato Occhialì (o Lucalì, Uccialì, Ulucci Alì, Ulug Alì, Uluds Alì, e altri ancora), ovvero Gian Dionigi Galeni da Le Castella, rapito dai turchi nel 1536 e venduto come schiavo a Istanbul, dove si era convertito all’Islam per non incappare nella pena capitale comminata agli schiavi che si macchiavano di omicidio. Occhialì aveva percorso tutto il cursus honorum all’interno della marina militare ottomana sotto la guida del famoso Dragut, al quale era poi succeduto nella carica di Vicerè d’Algeri e Signore di Tripoli. E ora eccolo, il calabrese che non aveva avuto timore di rinnegare la propria fede per aver salva la vita, intento a versare il sangue dei suoi fratelli e a razziare le loro terre, a commerciare in cristiani e a costruire moschee in onore del Dio degli infedeli.
D’altra parte, umanisti come Niccolò Perotti o Pietro Crinito (Pietro Baldi Del Riccio), ghiotti di curiosità filologiche e favolose, non avevano incontrato difficoltà a rintracciare, nei vecchi testi degli storici, le prove dell’iniquità connaturata al carattere calabrese. E se Perotti doveva metterci del suo per interpretare i Bilingues bruttates come i Bruzi voltagabbana (quando il grammatico Festo –rimandando a Ennio– altro non intendeva che i Bruzi bilingue, in quanto essi parlavano sia il Greco che l’Osco), per Crinito è sufficiente richiamare le testimonianze di Diodoro Siculo, Tito Livio, Strabone e Aulo Gellio per corroborare, su un piano apertamente accademico, il pregiudizio “anticalabrese”. Per Diodoro Siculo e Strabone, i Bruzi erano disperati in fuga dal territorio dei Lucani che si erano raccolti nell’impervio, estremo sud della penisola, e il cui stesso nome, Brettioi, tradiva la loro origine e indole: quella di essere schiavi. Nella storia di Roma immaginata da Tito Livio, i Bruzi sono il popolo che non perde tempo a schierarsi dalla parte di Annibale, quando questi attraversa l’Italia in groppa ai suoi elefanti. Traditori di natura, e piuttosto tardi di comprendonio, si fanno ingannare da Quinto Fabio Massimo, aiutandolo a prendere Taranto solo perché l’ufficiale della guarnigione bruzia lasciata da Annibale a guardia della città s’è infatuato d’una donna. Alla fine della guerra, agli ormai sottomessi Bruzi i Romani vincitori negano la cittadinanza e li interdicono dal servizio militare. Piuttosto, racconta Aulo Gellio, essi sono destinati al servizio più infamante: quello di flagellatori al servizio dei magistrati provinciali. Su questi elementi si costruisce, a partire dal Medioevo e poi nel Rinascimento, con Perotti in prima linea, la convinzione che vuole i Calabresi torturatori e flagellatori di Gesù Cristo. I Calabresi, anzi, sono tutt’intorno al Messia durante la passione: calabresi i fustigatori; calabrese –di Cosenza, capitale del Bruzio– Pilato; calabrese, addirittura, Giuda Iscariota. I calabresi, insomma, contendono agli ebrei il non invidiabile titolo di carnefici di Nostro Signore, quando non sono essi stessi additati malevolmente come giudei.
Di queste accuse e delle repliche che seguono rende conto, mirabilmente, Augusto Placanica nella sua Storia della Calabria, mettendo in luce, oltreché la durezza del pregiudizio anticalabrese, la mitizzazione della Calabria operata, in contrapposizione a quel pregiudizio, dagli stessi intellettuali calabresi. Uomini di solida dottrina come Barrio, Telesio, Campanella, Fiore da Cropani e, più tardi, Posterario, si impegnano attivamente a controbattere alle accuse e riabilitare l’immagine del calabrese. Essi, tuttavia, si trovano nella difficile situazione di rivolgersi a interlocutori che della Calabria e dei calabresi quasi mai avevano fatto esperienza –e forse mai l’avrebbero fatta– e già cominciavano a infatuarsi dell’idea del calabrese come “selvaggio d’Europa”. E in questa mitizzazione ad usum externorum si rincorrono e si perpetuano, in Telesio come in Campanella, i motivi della fertilità del suolo calabrese, della bellezza del paesaggio, dell’antica sapienza pitagorica ancora riverberante nel più umile dei suoi abitanti. L’opera di Gabriele Barrio da Francica, De Antiquitate et situ Calabriae (1571), alla quale avrebbero attinto innumerevoli intellettuali e per la redazione della quale l’autore aveva ottenuto l’appoggio di un altro calabrese illustre, il cardinal Guglielmo Sirleto, bibliotecario e custode della Biblioteca Vaticana, è il primo e più sistematico –se non il più efficace e rigoroso– tentativo di autorappresentazione della Calabria e dei calabresi di fronte ai topoi della letteratura umanistica. L’obiettivo dichiarato di Barrio è quello di «riportare in luce una verità che dai detrattori viene taciuta o viene ignorata», ed è un obiettivo che viene perseguito, in primo luogo, su un piano accademico. Le pagine dell’opera di Barrio, grondanti di squisita e raffinatissima erudizione, prima ancora che col pregiudizio mentale e culturale, cercano un confronto con la tradizione storico-letteraria sedimentatasi nel corso dei secoli. La Calabria di Barrio non è meno letteraria di quella di Perotti e Crinito, ed è costruita coi medesimi arnesi da quelli utilizzati: il ricorso a un passato remoto, quando non leggendario, e l’elevazione di suggestioni al rango di prove e documenti.
Questa letterarietà costituisce uno degli elementi portanti che caratterizza l’autorappresentazione della Calabria sino ai giorni nostri, così come l’idea del contrasto tra la natura –meravigliosa e incontaminata– e l’iniquità dei feudatari e dei padroni. Nell’opera di Barrio è già evidente quella tensione tra la bontà della natura e la malvagità dell’uomo che avrebbe condizionato pesantemente l’autorappresentazione dei calabresi nei secoli a venire, e avrebbe determinato, nella grande maggioranza dei casi, lo slittamento verso una dimensione mitico-letteraria, necessariamente ottenuta tacendo quanto si sarebbe scelto di non vedere. È esattamente a questa tensione e a questo slittamento che Corrado Alvaro si riferisce quando afferma che i calabresi «mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda dell’infanzia». La stessa tensione e lo stesso slittamento che si ripresentano puntualmente, ogni volta che un spot pubblicitario, un film o un libro ci costringono ad autorappresentarci.
Nell'immagine: Anonimo, Uomo in costume calabrese (PInacoteca del Museo Civico di Foggia)
Come le grandi celebrazioni, officiate per omaggiare e onorare i grandi uomini che hanno dato un loro indelebile contributo alla società, allo stesso modo, ha assunto grado di solennità la messa celebrata il 23 settembre scorso per ringraziare don Gerardo Letizia, parroco della parrocchia San Biagio di Serra San Bruno, da poco in pensione dopo una lunga e proficua carriera ecclesiastica.
Per la terza giornata di campionato, la Serrese ci riprova a mantenere viva la serie di risultati positivi contro gli avversari del Caulonia, nel campo neutro di Guardavalle. I giocatori di Mordocco – seppur non superiori ma quanto meno alla pari dell’avversario – non meritavano la sconfitta. Nella prima frazione di gioco a farla da padrone sono state le cattive decisioni arbitrarie di Ranieri di Soverato. Infatti, nonostante i tentativi di portarsi in avanti sia da una parte che dall’altra, a sbloccare il risultato alla mezzora è il Caulonia, grazie ad un giusto calcio di rigore causato da una disattenzione di Capone, che colleziona anche un cartellino giallo. Rimanendo in tema penalty, il direttore di gara avrebbe dovuto prendere la medesima decisione a favore della Serrese, sia prima che dopo il vantaggio del Caulonia, per gli atterraggi in area rispettivamente di Zaffino e Nicolavici. Oltre alla cattiva conduzione della gara, dagli spalti qualche sostenitore dei Biancazzurri punta il dito contro lo stesso Mardocco, reo di non avere schierato in campo la formazione giusta nel primo tempo. Infatti, nella seconda frazione di gioco, dopo l’ingresso di Tassone e Randò, al posto di Giuggioloni e Barba (quest’ultimo fuori quota, classe 96,) la Serrese riesce a gestire meglio il gioco senza però concretizzare. A 20 minuti dalla fine della partita, Capone colleziona la seconda ammonizione e viene espulso. La Serrese, oramai con un uomo in meno e vittima di una miriade di ammonizioni, al 35’ subisce il definitivo 2 a 0, dopo un intervento non proprio pulito su Zaffino che perde palla e rimane a terra dolorante.
L'altra vibonese presente nel girone "B", il Soriano, vince contro il Bianco grazie alla rete messa a segno da Cannitello al 10' della ripresa e vola in testa alla classifica, in compagnia di Deliese e Villese. I ragazzi di mister Baroni nel primo tempo hanno trovato qualche difficoltà nell'impostare la manovra, mentre il Bianco si è concentrato quasi esclusivamente sulla fase difensiva. Il risultato, quindi, non si sblocca e le squadre vanno a riposo con il risultato fermo sullo 0-0. La ripresa cambia radicalmente volto, a favore dei padroni di casa, che trovano quello che alla fine si rivelerà come la rete decisiva con Cannitello al decimo minuto, bravo a ribattere una deviazione corta dell'estremo difensore ospite su un tiro di Franzè. Subito dopo il gol, i rossoblu del presidente Mangiardi sprecano altre quattro nitide occasioni per raddoppiare, ma in avanti oggi è mancata un po' di concretezza. Vittoria, dunque, meritata per l'Ags, che nel prossimo turno farà visita al Gioiosa Jonica.
Gioiosa Jonica che oggi ha perso per 3-1 in trasferta contro la Deliese. Il risultato è rimasto fermo sullo 0-0 fino alla mezz'ora della ripresa, quando gli ospiti trovano la rete del momentaneo 1-0 con Elia. Nel finale, però, la Deliese riesce nell'intento di rimontare lo svantaggio e di portarsi addirittura sul 3-1 grazie alla doppietta di Corigliano e al gol di Savino. Esclusi gli ultimi dieci minuti, non ci sono state grosse emozioni. Gara molto equilibrata, nella quale alla fine però ha prevalso la Deliese.
Nelle parti alte della classifica, perde terreno la Cittanovese che subisce il primo ko a Locri e deve dire addio, almeno per ora, al primo posto.
Vola, invece, la Villese, che ha espugnato Polistena con il risultato di 3-2.
Riportiamo i risultati completi della terza giornata e la classifica
San Giuseppe-Rizziconi | 4-0 (giocata ieri) |
Bagnarese-Marina di Gioiosa | 1-1 (giocata ieri) |
ReggioMediterranea-Aurora Reggio | 1-2 (giocata ieri) |
Caulonia-Serrese | 2-0 |
Soriano-Bianco | 1-0 |
Locri-Cittanovese | 2-1 |
Polistena-Villese | 2-3 |
Deliese-Gioiosa Jonica | 3-1 |
Classifica
Deliese | 7 |
Villese | 7 |
Soriano | 7 |
Cittanovese | 6 |
Locri | 6 |
San Giuseppe | 5 |
Marina di Gioiosa | 5 |
Bagnarese | 4 |
Aurora Reggio | 4 |
Serrese | 4 |
Gioiosa Jonica | 3 |
Rizziconi | 3 |
Caulonia | 3 |
ReggioMediterranea | 1 |
Polistena | 1 |
Bianco | 0 |
Una scossa di terremoto di magnitudo 2.1 è stata registrata dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia intorno alle 14.30 di oggi nell'area delle Serre vibonesi.Al momento non si segnalano danni a persone o cose.
Già nei giorni scorsi, comunque, si sono verificati episodi analoghi, con epicentro nella costa calabra occidentale.
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