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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Wanda Ferro, candidata nel novembre scorso alla carica di presidente della Regione Calabria, ha visto sfumare ogni sogno di gloria surclassata dalla larga vittoria del centrosinistra di Mario Oliverio.
Ma al di là del dato elettorale, a mettere fuori gioco l'aspirante governatore della coalizione berlusconiana, paradossalmente, ci aveva pensato proprio l’ex maggioranza di centrodestra. Quella che, sull’asse magico Talarico-Scopelliti-Stasi, nel corso della scorsa legislatura aveva partorito una legge elettorale che fin dal principio aveva lasciato non pochi dubbi. Tra i nodi maggiori, emersi però solo qualche mese fa, in pieno svolgimento della campagna elettorale, quello inerente all’esclusione dal consesso perfino del “miglior perdente” alla carica di governatore, cosa che invece non era toccata in precedenza – ad esempio – ad Agazio Loiero, Sergio Abramo o Nuccio Fava.
Adesso però la Ferro vede, quasi inaspettatamente, riaprirsi ogni spiraglio. Sul ricorso presentato già alcuni giorni dopo la proclamazione degli eletti il pallino passa adesso alla Corte Costituzionale, che dovrà esprimersi di seguito alle consegne del Tribunale amministrativo. Su esplicita richiesta dei legali della candidata forzista il Tar, infatti, ha dichiarato «rilevanti e non manifestamente infondate, in relazione all'art. 123 della Costituzione e all'art. 117, comma 1, le questioni di legittimità costituzionale» della nuova legge elettorale calabrese che ha soppresso il riferimento all'art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 22 novembre 1999 che, in via transitoria, prevede, l'elezione a consigliere del miglior perdente alla carica di presidente regionale. Nell’ordinanza, inoltre, il Tar ricorda che la nuova legge regionale è stata approvata il 12 settembre 2014, quando il Consiglio regionale della Calabria era in regime di prorogatio per le dimissioni di Giuseppe Scopelliti, rassegnate il 29 aprile e comunicate il 3 giugno.
La questione, quindi, si fa ancora più complicata dato che in regime di prorogatio il governo della Regione, nel periodo di vacanza della presidenza, fosse titolare unicamente «delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili come stabilito dalla Consulta». Il dubbio, finito sul tavolo della Corte Costituzionale – secondo alcuni degli addetti ai lavori – oltre a porre il dilemma “Ferro sì-Ferro no” dopo il parere della Consulta, potrebbe addirittura colpire non solo la posizione dell’ultimo degli eletti nella coalizione berlusconiana (presumibilmente il Consigliere cosentino Ennio Morrone) ma tutta l’assise, che sarebbe, a tal punto, contrassegnata da una grave “macchia”: dichiarata illegittimità perché eletta con una legge incostituzionale.
I più fatalisti, già nelle ultime ore hanno parlato di un possibile, ma surreale, “tutti a casa” per l’intero Consiglio. Ipotesi assai fantasiosa, visto che con un procedimento analogo, il 4 dicembre 2013, la Corte Costituzionale aveva sancito l’illegittimità per «grave alterazione rappresentanza» anche del “Porcellum”, la legge elettorale con la quale è stato eletto il Parlamento vigente, però in conclusione non delegittimato a svolgere le sue funzioni. Il vulnus democratico calabrese al momento ha portato la Ferro a parlare di “vittoria”. Ma per i risvolti futuri bisognerà attendere ancora qualche settimana.
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