Sabato, 04 Marzo 2017 16:09

Serra, l'Alberghiero tra didattica e solidarietà

Scritto da Redazione
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Si è svolta ieri all'istituto alberghiero di Serra San Bruno, guidato dal dirigente scolastico Antonino Ceravolo, la quinta edizione del ristorante didattico dal tema: “Il menù: la carta delle proposte”.

Si tratta di un'attività voluta e coordinata dal docente Francesco Angotti e rientra nella progettazione più ampia dell'alternanza scuola-lavoro. Il ristorante didattico, ormai, fa parte degli impegni scolastici, coinvolge numerosi studenti di classi diverse ed è trasversale a diverse discipline di studio. Il coinvolgimento degli studenti non è causale e, come del resto affermato dallo stesso Angotti, «i ruoli sono ben definiti e pianificati in maniera scrupolosa e attenta». In pratica, gli studenti più grandi pianificano il lavoro occupandosi dell’aspetto organizzativo mentre quelli più piccoli si occupano dell’aspetto operativo, coordinati e guidati dai primi e ovviamente dagli insegnanti.

Come per le precedenti edizioni, gli studenti si sono cimentati nella scelta della tematica, lo sviluppo del menù, nella pianificazione della spesa, nella gestione degli ospiti e delle prenotazioni, nella scelta e nella guida delle brigate, nella elaborazione dei piatti e nella realizzazione della giornata. 

Ma questa è stata una edizione speciale, non solo nei fatti ma, soprattutto, nelle finalità. Nei fatti perché «rappresenta lo sviluppo completo di tutte le fasi di una giornata tipo con tutte le incognite che si riscontrano quotidianamente. Si è cominciato con l’accoglienza del cliente – ha aggiunto Angotti - si è passato alla gestione dello stesso per finire col commiato dopo aver presentato e incassato il conto. Le incognite ovviamente sono state tante. Intanto gli ospiti non sono arrivati tutti nello stesso momento, non tutti hanno scelto gli stessi piatti. Gli studenti, invece, si sono trovati a gestire dinamiche, tempi, umori e imprevisti. Insomma: situazioni che possono mettere in difficoltà professionisti della ristorazione. Ma la sfida non li ha intimoriti. Si sono messi in discussione, ci hanno provato, con la consapevolezza che l’impresa sarebbe stata ardua e che alla fine sarebbe stata una esperienza formativa importante». 

Come anticipato, però, l'edizione è stata speciale soprattutto per la finalità. Agli ospiti gli è stato proposto un menù “a la cart” e a fine pranzo hanno corrisposto il dovuto. Il ricavato è stato contabilizzato e versato in beneficenza. Il bonifico, rigorosamente gestito dagli studenti, è stato devoluto all’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro). L’istituto, comunque, non è nuovo a queste attività: negli anni, infatti, si è distinto e ha fatto spesso parlare di sé per le iniziative promosse e portate avanti sul territorio. Un'edizione, insomma, che ha «toccato il cuore degli ospiti ma soprattutto la sensibilità degli studenti che hanno pianificato e portato avanti il lavoro con una luce negli occhi...Una luce speciale! Un luccichio che sa di altruismo, di solidarietà, di purezza, di bello». Il professore Angotti ha voluto esprimere un «ringraziamento speciale» al dirigente scolastico; alla coordinatrice di plesso, agli insegnanti e a tutto il personale scolastico, ma soprattutto ai ragazzi che «si sono cimentati nell’avventura con l’auspicio che nel loro cuore e nei loro occhi possa sempre brillare quella luce che si è distinta durante lo sviluppo dell’attività».

Queste, invece, le considerazioni del prof. Angotti: «Mangiare non è mai stato solo "nutrirsi" e cucinare non è mai stato solo "preparare il nutrimento". La tavola ci racconta i valori simbolici riservati agli alimenti e ai cibi, il loro uso (spesso rituale) nei momenti e nelle occasioni particolari dell'anno e della vita, le tradizioni e le superstizioni che accompagnavano la loro preparazione, la loro conservazione e il loro consumo. Ne emerge un universo affascinante, che ci riconduce a una società in cui, nonostante la povertà materiale, mangiare rappresentava un importante fatto sociale, culturale, rituale, legato intimamente ai percorsi ciclici del tempo delle stagioni e del tempo dell'uomo. La tavola ci racconta la stagionalità dei prodotti, le competenze dei professionisti della cucina e delle loro delle capacità di gestire gli elementi...lavorano abilmente la materia con l’acqua, l’aria e soprattutto il fuoco. Mentre abili professionisti di sala valorizzano le prelibatezze servendole con stile e personalità rendendole dei capolavori di gusto ma ancor prima delle opere d’arte alla vista del commensale. All’ospite non resta che apprezzare tutto ciò senza impegno restando comodamente seduto a tavola con i propri ospiti. È sufficiente che si lasci viziare da tutte quelle persone che per mestiere si occupano di lui.. conversare con i suoi ospiti, stringere accordi, dedicare del tempo alla persona amata, vivere con leggerezza quel tempo di pausa che gli spetta due/tre volte al di. Ma questa analisi è pura retorica per chi come me crede ancora nella sacralità della tavola… la realtà moderna è molto diversa da tutto ciò. Chi pratica questa professione sa bene che la tavola è un posto ostile…le persone spesso neanche si guardano negli occhi, non condividono nulla o quasi. Mentre consumano il pasto prestano attenzione allo smartphone, messaggiano sui social o ancora peggio sono distratti dalla tv che manda in onda, tra gli altri, programmi di cucina (la prova del cuoco, master chef, ecc). In altre parole le persone sono morbosamente attaccate e distratte dal piatto virtuale proposto da Antonella Clerici o da chi per lei e non si rendono conto del sapore e dagli odori del piatto che stanno consumando. Sono le stesse persone che condividono la tavola con altre persone (in teoria amici), ma passano tutto il tempo a condividere messaggi, foto, dediche sui social con amici virtuali e non sanno nulla di chi è seduto di fronte a se. Fanno la foto al piatto e lo condividono su Facebook, Instagram, ecc ma non ne apprezzano l’impegno di chi lo ha preparato e la professionalità di chi lo ha portarlo a tavola. Il lavoro nella ristorazione negli ultimi anni è cambiato, è diventato frugale, veloce, scenografico, televisivo, puro prodotto di marketing. Qualcuno resiste, non vuole arrendersi ma e molto faticoso. Serve uno sforzo comune, una rivoluzione culturale non solo al ristorante ma anche nelle nostre case. A pranzo e a cena spegniamo la tv, teniamo lontano i cellulari, i tablet. Parliamo un po’, raccontiamoci la giornata …ma soprattutto apprezziamo o critichiamo, se necessario, quello che c’è nel piatto e nel bicchiere. Nel piatto e nel bicchiere non ce solo cibo e vino ma il lavoro di decine di persone. C’è l’espressione del territorio, dell’economia di un paese, la sua cultura, le sue tradizioni, della sua evoluzione agraria e tecnologica. Abituiamo i nostri figli ad apprezzare la tavola e avremo un adulto rispettoso e consapevole».

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