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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Valorizzare il patrimonio naturalistico della Calabria attraverso l’arte è lo scopo principe della manifestazione musicale La Sila suona Bee.
L’appuntamento, giunto alla sua seconda edizione, è nato appunto con l’intento di promuovere le peculiarità paesaggistiche e i luoghi non facilmente raggiungibili della regione: in poche parole una possibilità per godere del meraviglioso contesto montano calabrese fino a risaltarne le potenzialità turistiche. Come sostengono gli organizzatori «una rassegna che rappresenta il tentativo di coniugare, nel territorio montano calabrese, la valorizzazione dei beni naturali e la promozione del linguaggio artistico».
Dopo il successo dell’“edizione sperimentale”, che l’anno scorso ha visto protagonista un afisionado della Calabria, il cantautore Vinicio Capossela, quest’anno l’Archimedia produzioni si è ripetuta. Al concerto di Paola Turci, data di apertura su monte Cocuzzo (12 luglio), è seguito lo spettacolo di un attesissimo Manu Chao (25 luglio) che con il suo “Direction Sud” ha inserito la Calabria nelle pochissime date italiane. A chiudere la rassegna, domenica 13 settembre su Monte Curcio (Camigliatello), ci sarà Mannarino, apprezzatissimo cantautore italiano – già premio Gaber – che porterà in scena il suo nuovo spettacolo “Corde 2015”. A partire dalle 13 di domenica prossima, con l’ausilio dell’ovovia, il pubblico degli appassionati si riverserà nel suggestivo scenario del Parco Nazionale della Sila, a 1788 metri slm, in attesa del concerto di chiusura de La Sila suona Bee previsto a partire dalle 15,30. Dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa, si evince da subito il connubio arte, uomo e natura, in cui l’artista cercherà di far «risuonare le corde profonde degli spettatori, attraverso quei suoni organici e vivi che escono fuori dalle vibrazioni del legno e di chi lo suona. Uno strumento biologico, come una chitarra, un tamburo o un violino, somiglia molto a un corpo umano, teme il freddo e il caldo, parla piano e urla forte, sa cantare a piena voce e sa anche sussurrare. Questi pezzi di legno, pelle, corde si incastrano bene con gli esseri umani e sono strumenti in grado di tradurre meglio di altri l’anima in suono».
Un’idea di spettacolo del tutto innovativa, che, stando alle dichiarazioni di Giampaolo Calabrese rappresenta «una sfida alla conquista, non un banale approdo, non un qualunque appuntamento con un qualunque artista. Si ascoltano i luoghi, si canta sui prati, con lo sguardo sui laghi, sul paesaggio, di fianco ad un amico. Lo spettacolo più bello sarà come sempre il pubblico».
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