I Carabinieri del Nas di Catanzaro hanno sequestrato l'invaso artificiale dell'Alaco, situato sul monte Lacina al confine tra le province di Catanzaro e Vibo Valentia. Sequestrato anche l'impianto di potabilizzazione collegato all'invaso, insieme ai 57 apparati idrici (serbatoi, sorgenti, pozzi, partitori) tutti facenti parte dello schema dell'acquedotto dell'Alaco, dislocati su tutto il territorio delle due province.
Il provvedimento di sequestro e' stato emesso dalla Procura di Vibo Valentia per carenze igienico-strutturali. Ci sono ventisei persone coinvolte nell'inchiesta che ha portato stamane al sequestro dell'impianto. Sono stati notificati, infatti, gli avvisi di garanzia nei confronti di dirigenti e tecnici della So.Ri.Cal., di responsabili di Aziende Sanitarie Provinciali, di dirigenti regionali e dell'Arpacal nonche' dei sindaci di alcuni comuni. Le persone indagate sono accusate di aver consentito la distribuzione di acqua per uso umano non conforme ai requisiti di potabilità. L'Alaco fornisce di acqua moltissimi comuni calabresi, circa 80, per un bacino di diverse centinaia di migliaia di persone. Da quando è stato aperto l'invaso e da quando Sorical ha cominciato ad usare, anzi a vendere a caro prezzo, l'acqua del lago come potabile, in molti comuni sono cominciati i problemi. Molti cittadini hanno segnalato negli anni forti disagi dovuti all'odore e al colore poco rassicuranti del liquido che usciva dai rubinetti delle case, in particolare a Serra San Bruno e a Vibo Valentia. Il Coordinamento delle Serre per il diritto all'acqua, il Comitato calabrese 'Bruno Arcuri', l'associazione culturale 'Il Brigante' e Il Vizzarro, denunciano già da tempo quanto confermato dalle indagini dei Nas e della Procura. Il sospetto, più che concreto, è che l'acqua del lago presenti forti problmetiche dal punto di vista della potabilizzione, che l'impianto non sia adatto a rendere potabile quell'acqua e che la Sorical mandi acqua direttamente dall'invaso senza passare dal potabilizzatore. Da oggi, con il clamoroso provvedimento della Procura vibonese, quelle denunce appaiono più che mai fondate, come confermano le decisioni degli inquirenti.