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Ci sono anche Rosaria Del Vecchio e Giovanna Del Vecchio, zia e madre del pentito Emanuele Mancuso, tra le persone tratte in arresto ieri dai carabinieri nell’ambito dell’operazione denominata “Rinascita-Scott”, che ha consentito di individuare e disarticolare gli assetti della ‘ndrangheta vibonese in tutto il territorio nazionale e all’estero facendo emergere cointeressenze con personaggi del mondo politico e dell’imprenditoria.
Le due donne, secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa che si è svolta nei locali del Comando provinciale dei carabinieri di Vibo, avrebbero «minacciato» Emanuele Mancuso di «non fargli vedere più la figlia. A quel punto - ha aggiunto Gratteri - non ha collaborato più, perché la cosa più cara, gli veniva sottratta dalla famiglia di sangue, dalla famiglia d’origine. Non sono famiglie d’onore, le regole servono per gli utili idioti, i garzoni, le regole non valgono per i capi». Divieto di dimora, invece, per la compagna di Emanuele Mancuso che, a giudizio di Gratteri, «non è una vittima, perché tifa per la famiglia e non per il fidanzato. In un primo momento - aggiunge Gratteri - quando decide di collaborare i familiari per farlo desistere gli promettono dei soldi con i quali emigrare e aprirsi un ristorante in Spagna. Ma a metterlo in crisi il ricatto degli affetti: se continui a parlare non rivedrai più tua figlia. Come sempre le donne dei clan sono i motori della ‘ndrangheta».
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